Sei titoli che hanno cambiato il mondo dell’intrattenimento partendo dai social e arrivando fino alle stelle.
Le webserie italiane del passato non hanno molto a che fare con i contenuti web di oggi. Parliamo di pochi anni fa, una decina, ma sembra di tornare indietro di un paio di ere geologiche a sentire nominare i personaggi e i titoli di questi prodotti audiovisivi. Prodotti che hanno cambiato totalmente lo scenario dell’intrattenimento per tutta una generazione di giovani (o meno giovani) italiani.
Azzardando una pretenziosa analisi sociologica potremmo dire che i creatori di quelle webserie erano i NERD “sfigati” del passato. Personaggi che grazie alle loro passioni, al loro talento e agli strumenti messi a disposizione dal favoloso ed embrionale web 2.0, diventavano i NERD “fighi” di oggi, che dopo la rete hanno conquistato anche i palinsesti televisivi, gli eventi dal vivo, il cinema e tutto l’intrattenimento che vi possa venire in mente.
Ovviamente questa raccolta è solo un breve elenco del meglio che sia stato prodotto negli anni (secondo il parere di chi scrive), e la stessa potrebbe contenere decine di altri esempi di lavori quasi avanguardistici del passato.
Indice
ToggleFreaks!: la serie di Claudio Di Biagio, Matteo Bruno e Guglielmo Scilla
La prima della lista, Freaks!, è stata quella che più di altre fece parlare di sé nell’ormai lontano 2011, quando il trio di youtuber Nonapritequestotubo (Claudio Di Biagio), Willwoosh (Guglielmo Scilla) e Canesecco (Matteo Bruno) si imbarcarono in una folle impresa low budget che infuse grande entusiasmo nel mondo delle produzioni video indipendenti.
A lavorare al progetto furono decine di aspiranti addetti al mondo dell’audiovisivo: musicisti, costumisti, truccatori, direttori della fotografia, sceneggiatori, stuntmen e chi più ne ha più ne metta. Tutti giovanissimi che si misero a disposizione del progetto gratuitamente, alla ricerca di una chance per poter emergere nel folle mondo delle serie, che in quegli anni stava iniziando a decollare anche e soprattutto in TV.
La storia è quella di un gruppo di ventenni che non si conoscono, ma che dopo una serata in discoteca sono vittime di un blackout che gli fa perdere la memoria e li fa risvegliare nella stessa stanza un anno dopo la folle serata. Pian piano i ragazzi scoprono di avere degli stranissimi poteri soprannaturali, un mistero da svelare e un nemico da combattere. Sulla scia di serie come Misfits e Heroes, la webserie italiana cerca in modo un po’ acerbo di affrontare argomenti che in Italia non esistevano né nello scenario della serialità, né in quello cinematografico, ma che col tempo si sono fatti strada dando vita anche a titoli di successo (come “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti qualche anno più tardi, e il recentissimo “Freaks Out” dello stesso regista).
Lost in Google: quando i The Jackal si inventarono le serie interattive
Sempre nel 2011, pochi mesi dopo l’avventura romana di Freaks!, a Napoli un collettivo di videomaker molto attivo su YouTube decise di realizzare una propria webserie di stampo un po’ più surreale e meno tradizionale: i The Jackal realizzarono Lost in Google. Diventati famosi sul web grazie a video virali come “L’ultima trillata”, i The Jackal di allora erano molto diversi da quelli che vediamo oggi in TV in trasmissioni come “Tale e Quale Show” o “LOL”, o in podcast Spotify come “Biscottis”. Quello che decisero di fare ai tempi era un piccolo folle e geniale azzardo che in qualche modo gli regalò la gloria.
Lost in Google parte da un’idea comica di base assolutamente surreale: “cosa succede se cerchi Google su Google?” (spoiler: niente di buono). Ma questa premessa determina qualcosa di innovativo e futuristico nell’universo delle serie TV, cioè un particolare tipo di interattività per gli spettatori. Subito dopo la puntata zero i protagonisti della serie venivano guidati all’interno della storia dai commenti degli iscritti al canale YouTube.
La sceneggiatura veniva scritta puntata dopo puntata e i commenti più interessanti venivano mostrati a schermo nella puntata successiva, in cui succedeva quello che questi stessi commenti descrivevano (chi scrive ha contribuito a una svolta importante della serie, ma non poteva aspettarselo!). La webserie fa ridere, è citazionista e molto innovativa ancora oggi a 10 anni di distanza, contiene cameo di molti youtuber dell’epoca, di attori e personaggi pop, e rivederla è sempre un piacere.
Esami: Edoardo Ferrario porta i comici sui social
Edoardo Ferrario è un comico, stand-up comedian e autore che da poco ha creato insieme a Luca Ravenna uno dei podcast più seguiti d’Italia (“Cachemire”), ma nel 2014 dopo le sue prime esperienze televisive realizzò una webserie sul mondo universitario: Esami. Lui è senza dubbio uno dei comici più talentuosi della sua generazione, tanto da essere stato notato dal mondo dell’intrattenimento mainstream fin da giovanissimo da gente come Sabina Guzzanti ed Enrico Vaime; il salto di qualità e la popolarità però arrivarono su YouTube, con questa webserie dedicata al favoloso mondo dell’università.
La serie è composta da sketch comici autoconclusivi in cui Edoardo Ferrario interpreta alternativamente lo stereotipo di uno studente e quello di un professore. È accompagnato da ospiti illustri del mondo della comicità italiana, coi quali interagisce all’interno di esami universitari appunto, svolti nelle più rappresentative facoltà italiane, prendendone in giro le brutture, i problemi e le caratteristiche più grottesche.
Hanno partecipato a vario titolo compagni di stand-up come Saverio Raimondo e Francesco De Carlo, personaggi del web come Luigi Di Capua dei The Pills e attori comici popolari come Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti e Stefano Fresi. Una serie divertentissima che scherza in modo intelligente sui problemi di una generazione, da recuperare assolutamente.
Preti: Astutillo Smeriglia da YouTube agli scaffali di una libreria
Astutillo Smeriglia negli ultimi mesi ha pubblicato due fumetti: “Il mondo più pazzo del mondo”, “Preti, il mistero della fede” e proprio quest’ultimo è tratto dalle vicende di una webserie del 2013 apparsa su YouTube di cui in molti si sono innamorati. Questo autore di fumetti, sceneggiatore anche per il cinema, ha creato una serie animata assolutamente innovativa e per certi versi sperimentale, ma soprattutto ha fatto capire a tanti nuovi giovani creatori di contenuti sul web che l’animazione di qualità era possibile anche senza sontuosi budget. Non a caso poco tempo dopo sono diventati popolari anche progetti come Scottecs di Sio e Cartoni Morti di Andrea Lorenzon.
Preti è una satira travolgente e surreale sulla figura dei sacerdoti cattolici – ma anche sulla religione in generale – attraverso le vicende di due preti animati, uno più anziano e uno molto giovane. In una cinquantina di episodi brevissimi si prendono in giro quasi tutti gli stereotipi della religione cattolica, la comunità dei credenti e persino i grandi temi esistenziali e filosofici della teologia, pur senza risultare un prodotto offensivo o denigratorio.
Dire che lo spettatore può trovarci dentro un po’ di Woody Allen, Monty Python e simili non è una blasfemia, ma di blasfemia, quella sì, un po’ ce n’è. Da recuperare e gustarsi, non richiederà tantissimo tempo di visione data la brevità degli sketch.
The Pills: comicità generazionale
“Un cinepanettone con la barba, Enzo Salvi con le Clarks, Massimo Boldi coi Cheap Monday”: questo è quello che si trova scritto nella descrizione di tutte le puntate della webserie The Pills. Prima puntata pubblicata nel 2011 (anno buono a quanto pare) e inizio di una carriera interessante per quello che col tempo è diventato un collettivo di autori comici che hanno lavorato per la televisione, per il cinema, per il teatro e hanno quasi imposto un nuovo stile per tutto un filone comico nato poco dopo. I marchi di fabbrica dei The Pills sono l’uso del bianco e nero (in apparenza per avere uno stile più ricercato, in pratica per coprire difetti di natura tecnica) e il black humor di stampo americano, ma in chiave italiana, anzi, romana.
Questa originalissima webserie, interrotta da parecchio tempo nonostante i fan ne chiedano a gran voce il prosieguo, getta un occhio sulla vita di un gruppo di coinquilini poco più che ventenni che vivono le classiche vicende della post adolescenza. Come già detto a fare da padrone è un umorismo molto audace, che non ha paura di scherzare in modo brutale sulla morte, sull’uso di droghe, sul sesso, la politica e il folle mondo dell’intrattenimento.
Alcuni episodi sono dei semplici dialoghi tra coinquilini, altri sono surreali e al limite del grottesco, ma tutti sono assolutamente credibili e divertenti nel loro essere eccessivi e fuori dagli schemi. The Pills va recuperata e va recuperato anche il film del 2016 “The Pills – Sempre meglio che lavorare”, una piccola chicca in cui il cattivo è interpretato da Giancarlo Esposito, il mitologico Gus Fring di Breaking Bad (attualmente su Prime Video).
Drammi Medicali: Maccio Capatonda, prima di YouTube
Tra le webserie citate in questa lista trova spazio anche un progetto nato per una webtv italiana del periodo pre-youtubiano (concedetemi il termine). Su Flop TV nel 2009 arrivò il giovane talento Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda che per la prima volta si cimenta con la serialità e getta le basi per futuri lavori ben più conosciuti dal grande pubblico, ma che non sarebbero potuti esistere senza Drammi Medicali.
La serie vede nel cast il solito gruppo di attori feticcio del videomaker abruzzese, da Herbert Ballerina a Rupert Sciamenna e Anna Pannocchia, ma soprattutto l’interpretazione divertentissima di Elio degli Elio e le Storie Tese, conosciuto in occasione della realizzazione del video del brano “Parco Sempione”, diretto e interpretato dallo stesso Maccio Capatonda.
Drammi Medicali è una parodia divertentissima dei medical drama americani (letteralmente “drammi medicali”), alla E.R., alla Grey’s Anatomy, o anche in piccola parte a Scrubs, ma anche delle fiction e delle soap opera italiane tanto amate da un certo pubblico. La vita in corsia può essere molto dura, ma nello sgangherato e grottesco ospedale diretto dal dottor Johnson (Elio) può essere anche peggio.