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Bergman – Sclavi: Scacco alla Morte?

Cosa hanno in comune Ingmar Bergman e Tiziano Sclavi? Nulla, se non una partita a scacchi con la Grande Consolatrice. Nell’articolo passeremo in rassegna l’opera cardine del regista svedese e cercheremo il punto di contatto con il papà di Dylan Dog, che della Morte ha fatto la sua bandiera in diversi numeri della serie bonelliana.

 

Bergman
Partita a scacchi

 

Ingmar Bergman

La vita

Ingmar Bergman nasce a Uppsala (Svezia) nel 1918 e cresce tra i principi luterani di “peccato, confessione, punizione, perdono e grazia”, ricorrenti nei suoi film. La rigida educazione impartitagli dal padre, cappellano della corte reale, sviluppa in lui la continua ricerca di un Dio che non sia mero rituale, ma amore vero. E lo porta a rinchiudersi in un mondo fantasioso che sostituisce la realtà.

Di salute cagionevole, passa molto tempo a casa tra le ingiurie del padre e la freddezza della madre e crede che, per ricevere attenzioni, occorre mostrarsi aggressivi e respingenti. A quattro anni cercherà di uccidere la sorellina per la quale provava profonda gelosia. Spesso rinchiuso in punizione nell’armadio, medita sulle domande esistenziali e, a diciannove anni, prende il primo treno per Stoccolma e si lascia alle spalle un ambiente tanto castrante.

 

 

Ingmar Bergman

La formazione, il teatro, il cinema

Formatosi sulla poetica di August Strindberg, negli anni ‘40 si fa conoscere a teatro con commedie satiriche e oscene, allegorie sul Nazismo e drammi esistenziali sulla condizione dei giovani. A metà degli anni ‘50 si afferma sul grande schermo e, in vent’anni, entra a pieno titolo nel gruppo del cinema d’autore. Il Settimo Sigillo, Il posto delle fragole (1957) e Scene da un matrimonio (1973) sono alcuni fra i titoli più famosi di Bergman.

Negli anni ‘80, dopo aver girato Fanny e Alexander (1982) e aver vinto quattro Oscar, si ritira dalle scene per dedicarsi alla scrittura di autobiografie e sceneggiature per terzi. Nel 2005 ha ottenuto il Premio Fellini per l’eccellenza cinematografica e si è spento sull’Isola di Faaro, nel Mar Baltico, nel 2007.

 

Federico Fellini e Ingmar Bergman

Il Settimo Sigillo

A Bergman, l’idea venne ricordando gli affreschi delle chiese medievali dove officiava il padre:

“C’era tutto ciò che la fantasia può desiderare: angeli, santi, dragoni, profeti, demoni, bambini. C’erano animali estremamente spaventosi: i serpenti del Paradiso, l’asino di Balaam, la balena di Jonas, l’aquila dell’apocalisse… In un bosco, la Morte era seduta e giocava a scacchi con un cavaliere… una creatura dagli occhi spalancati si attaccava ad un albero mentre in basso la Morte si accingeva a segare l’albero. Sulle colline in lieve pendenza la Morte conduceva la danza finale verso il paese delle tenebre”.

Prima di diventare cortometraggio, il soggetto della pellicola costituiva l’atto di un saggio di recitazione degli allievi dell’Accademia di Malmö, intitolata Pittura su legno (1955). Due anni dopo, nel 1957, la pièce diventa sceneggiatura per Il Settimo Sigillo (Det sjunde inseglet).

 

 

La trama

Sulle note dei canti gregoriani del Carmina Burana, una voce fuori campo recita il versetto biblico sull’apertura del settimo sigillo, quando si fece silenzio nel cielo e i sette Angeli, ritti davanti a Dio, si prepararono al giudizio eterno.

Antonius Block (Max Von Sydow) è un cavaliere crociato di ritorno dalla Terrasanta dopo dieci anni di guerra. Ad attenderlo sulla spiaggia la Morte (Beng Ekerot), che da molto gli cammina al fianco. Prima di morire, Block deve sistemare una faccenda che gli sta particolarmente a cuore, quindi invita la Morte a giocare a scacchi.

“Questa è la mia mano. Posso muoverla. E in essa pulsa il mio sangue. Il Sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io…io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte”.

Tra una mossa e l’altra, Block e il suo scudiero Jöns (Gunnar Björnstrand) proseguono il viaggio verso casa imbattendosi in un’orribile pestilenza che scatena ondate di isterismi collettivi, cortei di flagellanti e caccia alle streghe. Solo una famiglia di saltimbanchi sembra estranea al dramma, sorretta dall’amore e dall’affetto reciproco.

Incalzato dalla Morte e dagli eventi, Block perderà la partita e sarà invitato a danzare con lei.

 

 

La Danza Macabra

Simboli e allegorie

Tema principale della pellicola di Bergman è la fine del mondo. Antonius Block, novello Faust, sfida la Morte ponendole domande a cui lei non sa rispondere, rivelandosi mero strumento della fatalità. Il film rappresenta il viaggio di un uomo verso la conoscenza di se stesso e l’espiazione dei suoi peccati.

Durante il cammino, Antonius cercherà invano rifugio nella confessione perché il suo cuore è vuoto e indifferente verso il prossimo. Si chiede costantemente perché Dio si nasconda tra le mille e incomprensibili poesie e se mai, un giorno, tenderà la mano agli uomini.

 

La confessione di Block

 

Ovvio che la sceneggiatura derivi dalla rigida educazione impartita a Bergman dal padre e sia estremamente critica nei confronti di scelte adoperate nel nome del Signore. Le crociate ne sono un esempio: guerre combattute per la sua gloria o per qualcuno che se ne sta pacifico a casa sua? E la fede non è da meno: è una pena dolorosa pari all’amore provato per qualcuno che è là fuori al buio.

Laddove tutto sembra perduto, però, la vita continua a scorrere e la famiglia di saltimbanchi, con il loro ottimismo, ne è la dimostrazione.

“Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l’amore invece è perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione”.

 

 

La famiglia di saltimbanchi

 

L’amore e la purezza sembrano essere le chiavi per sfuggire alla corruzione e sopravvivere in mezzo alla rovina. Così come l’Arte che qui è aspramente criticata. Agli occhi della gente comune, l’attore non è altro che uno sciocco giullare che vive alla giornata.

 

Tiziano Sclavi

Tiziano Sclavi nasce in provincia di Pavia nel 1953 e cresce circondato da letteratura e cinema; a sei anni, aveva già letto il corpus delle opere di Edgar Allan Poe. Dopo il Liceo Classico, si iscrive alla Facoltà di Lettere Moderne, ma abbandona gli studi perché lavora nelle redazioni del Corriere dei ragazzi e del Corriere del piccoli.

Già autore di romanzi neri, nel 1981 entra nello staff della CEPIM, divenuta poi Bonelli Editore e, nel 1986, crea il personaggio di Dylan Dog.

 

Tiziano Sclavi

L’indagatore dell’incubo

Dylan Dog ricalca la fisionomia dell’attore britannico Rupert Everett e, negli anni, è divenuto icona riconosciuta all’estero, grazie anche alle trasposizioni cinematografiche che lo hanno visto (anche indirettamente) protagonista:

 

 

Vittima degli eventi

 

La fortuna di Dylan è stata quella di essere un personaggio del tutto nuovo nel panorama fumettistico italiano. Scettico e razionale, indaga l’incubo lasciando aperta la porta sul paranormale, aiutato dal fedele Groucho.

In Dylan Dog c’è tanto autobiografismo perché Sclavi guarda alla vita con concretezza e non crede nel mistero:

“Il misterioso e il demoniaco vanno bene per le opere di fantasia, ma la realtà é ben altra cosa. Se devo fare un’eccezione, la faccio per gli UFO; non ci credo, ma ci spero“.

Ragion per cui, è membro del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), fondato nel 1989 da Piero Angela per promuovere un’indagine critica nei confronti del paranormale e diffondere una mentalità scientifica e critica.

 

Il CICAP e i suoi membri

Partita con la Morte

Esiste una teoria dell’occultismo secondo cui, poco prima di morire, è possibile giocare una partita a scacchi con la Morte, ma occorre assegnare a ogni pezzo degli scacchi l’identità di una persona cara. Se la Morte mangerà la pedina, quella persona morirà; se l’anima vincerà la partita, la sua vita sarà prolungata.

Vediamo più da vicino in che modo Tiziano Sclavi ha reso il rituale più chiaro attraverso le indagini di Dylan Dog nel numero 66 Partita con la Morte.

 

Dylan Dog 66: Partita con la Morte

La trama

Harvey Burton, massacrato a coltellate in un vicolo di Londra, giace sospeso tra la vita e la morte su un letto d’ospedale; la sua anima è al cospetto della Grande Consolatrice che lo invita a giocare. Il primo pezzo a esser mangiato è il cavallo Ted Walters, socio in affari di Harvey che viene divorato dallo scheletro di un dinosauro del Museo di Storia Naturale.

L’alfiere e la regina sono rispettivamente il suo miglior amico Kevin Brian e sua moglie che, all’insaputa del marito, ha una relazione con l’amico. I due moriranno in strane circostanze, uccisi da antiche armature medievali. La torre è la sua segretaria, amica e confidente, Witney Frost.

 

La morte di Witney

 

Chiamato a indagare dalla figlia di Walters, Dylan Dog si ritrova ad aprire un varco spazio-temporale e per un attimo si trova davanti ai due giocatori, ma il suo scetticismo lo porterà a credere di aver avuto un’allucinazione. Sarà il pezzo degli scacchi che, involontariamente, porterà con sé a pizzicare il suo quinto senso e mezzo.

Esaurite le persone care, ad Harvey non resta che cercare tra i conoscenti e, quando la seconda torre va giù, indica Denise Walters, la figlia di Ted che aveva contattato Dylan per indagare. Morirà tra le braccia dell’indagatore che, deciso a risolvere il caso, si recherà in ospedale da Burton e sarà attaccato dalla Custode di quel cimitero di anime.

Nel frattempo, dopo lo scacco matto Burton ammetterà di aver ingannato la Morte, proponendole nomi non di persone che avrebbe voluto eliminare da tempo: il socio che aveva intascato bustarelle tenendolo all’oscuro di tutto, la moglie che aveva scoperto frequentare il suo amico e Denise, che lo aveva lasciato.

 

Burton e la Grande Consolatrice

 

Solo e depresso, Burton aveva pagato un tossicodipendente per ucciderlo, ma questo aveva fallito e lo aveva “solo” mandato in coma. Di qui l’idea di vendicarsi di tutti, ma ingannare la Morte non è facile.

“[…] c’è una regola tacita negli scacchi: se un giocatore bara…allora può barare anche l’altro…”

E mentre la Morte lo rispedisce in vita, Dylan Dog stacca la spina del respiratore e Burton si trova a vagare sospeso nel luogo che sta tra la vita e la morte, il nulla.

 

E ora, l’Apocalisse!

Le analogie con l’opera di Bergman non finiscono qui. Il numero 400 di Dylan Dog segna una cesura tra “il prima e il dopo”. Tiziano Sclavi lascia i lavori al suo collaboratore Roberto Recchioni e dà l’addio a suo figlio con gran stile.

L’albo è uscito con quattro differenti cover: Dylan che suona il clarinetto, Dylan che costruisce il galeone, Dylan che scrive il diario, Dylan che carica la pistola che Groucho gli lancerà per salvarlo dai guai. Tutti le versioni del Dylan che (gli affezionati) non vedranno mai più.

 

E ora, l’Apocalisse

 

Nelle ultime pagine, Sclavi alla macchina da scrivere recita il monologo finale del Replicante Roy Batty di Blade Runner (1982)

Questo è solo uno dei tanti riferimenti letterari e musicali del numero, con cui l’autore sfida il lettore a riconoscerli tutti senza spiegarli, come se fossimo chiamati a mettere assieme, per l’ultima volta, i pezzi di un puzzle lungo più di trent’anni.

“Un bravo artista copia. Un grande artista ruba. Un genio ricicla. È tempo di morire”.

Il figlio uccide il padre, come il fedele uccide il suo Dio rinnegandolo. È l’unico modo per prendere coscienza di noi stessi e andare avanti.

 

Dylan Dog
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