La biografia di Gian Maria Volonté, tra storia d’Italia e cinema

Ho conosciuto Gian Maria Volonté diversi anni fa, durante un Festival del Cinema dedicato alla sua memoria, quando si organizzarono rassegne in sala e proiezioni continuate dei grandi capolavori che lo hanno visto protagonista. Inevitabilmente, fu amore a prima vista.

Di recente, ho avuto l’occasione di leggere la sua biografia, scritta da Mirko Capozzoli e pubblicata dalla casa editrice ADD, e scoprire chi fosse davvero Volonté oltre lo schermo: un uomo nato in seno alla guerra che ha dovuto combattere e farsi largo a gomitate nel mondo del teatro prima, del cinema poi, rivoluzionando irrimediabilmente il concetto di recitazione e legandolo alla politica imperante dei suoi anni.

L’autore del libro ha conosciuto Giovanna Gravina Volonté, figlia dell’attore, e le ricerche per la tesi di laurea lo hanno portato a conoscere da vicino l’attore, ma hanno permesso a Giovanna stessa di scoprire di più sul padre e sui luoghi in cui è cresciuto.

 

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La biografia di Mirko Capozzoli

Sapevo Volonté fosse un attore poliedrico che avesse trovato la sua fortuna in registi del calibro di Sergio Leone, Ettore Scola ed Elio Petri, ma non avrei mai immaginato di trovarmi davanti a un artista che avesse combattuto strenuamente i rigidi dettami del teatro e della televisione, per portare in Italia un tipo di recitazione che richiamasse il metodo di Konstantin Stanislavskij e lo legasse cosi tanto ai personaggi che ha interpretato, da non riconoscere più dove finisse Gian Maria e iniziasse Aldo Moro.

La biografia di Mirko Capozzoli ricostruisce non solo la vita dell’attore, ma anche quella della famiglia, e affonda le radici nella storia di un’Italia divisa tra fascisti e antifascisti prima, dilaniata dagli anni di Piombo poi. Il libro è ricco di aneddoti che aiutano a delineare la figura di Volonté come un uomo rigido e poco incline a scendere a compromessi, se questi inficiavano la sua prova attoriale, ma lo tratteggiano anche come una persona che sapeva come godersi la vita e quel poco che offriva.

 

I vagiti in seno al Fascismo

Gian Maria Volonté nasce a Milano il 9 Aprile del 1933, dalla figlia di un industriale milanese e da un giovane fascista che aveva riposto la camicia nera per volere della famiglia e per avviarsi a un lavoro vero. Nonostante i propositi di una nuova vita lontano dalla milizia, Mario Volonté sarà uno dei primi a progettare la reazione alla caduta del fascismo e, a capo della Brigata Nera Ather Capelli, il 15 Novembre del 1944, sarà denunciato per soprusi contro la popolazione, espulso dal partito e rinchiuso nel carcere di Torino fino alla Liberazione d’Italia dell’anno successivo.

“[…] l’Italia ha bisogno dei suoi figli migliori, dei suoi migliori italiani, il momento è decisivo, i nervi debbono resistere, la vittoria è certa, dopo tanto spasmo, dopo tante nubi, tutto tornerà più bello, tutto sarà rifatto, il passato doloroso sarà coronato da tanta felicità […]”

Il piccolo Gian Maria fu educato presso la Gioventù Italiana del Littorio come ogni bambino, ma si mostrò presto refrattario alla disciplina, costante che mantenne sul palcoscenico per tutta la sua vita, discutendo con grandi registi pur di portare avanti la sua linea attoriale. Che si mostrò vincente e diede vita a un mito, voluto da tutti, ma non per tutti. Cresciuto senza la figura paterna (dopo i rastrellamenti di Rondissone e Verolengo, il padre fu accusato di aver ucciso tre persone, condotto nel campo di concentramento di Coltano e condannato a trent’anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Torino), il giovane Gian Maria dovette badare a se stesso e alla famiglia, in anni miserabilmente difficili.

 

I primi passi sul palcoscenico

Dopo aver abbandonato gli studi ed essere fuggito in Francia per allontanarsi dalla madre, nel frattempo divorziata e andata in sposa a un altro uomo, Gian Maria Volonté decise di dedicarsi anima e corpo al teatro, pur non potendosi permettere l’iscrizione regolare ai corsi di studio. Cominciò a partecipare alle rappresentazioni di Edoardo Maltese, che aveva lasciato la RAI per creare un teatro stabile a Torino. Volonté abbraccerà in futuro questa progetto, portando avanti l’idea di un teatro che abbandonasse le piazze e l’improvvisazione per la fissità.

Importante a tal proposito sarà la partecipazione ai Carri di Tespi, “teatri mobili che venivano montati nelle piazze a partire dal tardo Ottocento, raggiungevano tutte le località della penisola, soprattutto dove il teatro non c’era”. Aveva cominciato come aiutante di scena, per montare e smontare il tendone, che ogni sera veniva tirato su in tutte le piazze italiane e diventava il luogo dell’esibizione, davanti a una platea di gente che urlava oscenità ai cattivi, applaudiva ai buoni e sfogava le proprie frustrazioni.

Piano piano, Volonté iniziò a interpretare piccoli ruoli, arrivando a competere con Emilio Marchesini, ultimo discendente di un’antica famiglia di attori, per il ruolo principale ne La figlia di Iorio.

 

L’Accademia di Arte Drammatica

“Una sera d’autunno del 1952, a metà di una rappresentazione, Gian Maria partì di nascosto da Guastalla diretto a Roma. In valigia il sogno di entrare all’Accademia d’Arte Drammatica”. In breve tempo, l’ostilità degli insegnanti nei confronti di questo giovane schivo e dall’accento strano mutò in apprezzamento e tutti intravidero il suo grande potenziale.

Gli anni accademici furono ricchi di Compagnie, nuove conoscenze (una importante svolta sarà rappresentata dall’incontro con Giorgio Albertazzi con cui, di lì a qualche anno, sarà impegnato in diverse collaborazioni) e ruoli sempre più importanti, tra cui la delicata parte di suggeritore in Liolà, andata in scena per commemorare i vent’anni dalla scomparsa di Luigi Pirandello.

All’ultimo anno di studi, Gian Maria era molto diverso dall’inizio, si era fatto più aperto e cordiale e il suo talento era cresciuto in maniera esponenziale, così come la sua mimetica. La sua compagna di corso Lily Tirinnanzi lo ricorda così:

“Un giorno durante l’intervallo io e altre allieve eravamo sedute sulle scale dell’ingresso; Gian Maria giocava a interrompere continuamente le nostre chiacchiere, allora gli strappai la sigaretta accesa e gliela spensi sulla mano. Lui di risposta mi sollevò e mi buttò dentro una grande vasca con i pesci.”

 

I primi passi sul set

Dal teatro al cinema il passo fu breve e proprio dietro la telecamera Volonté si è affermato e fatto conoscere per il grande attore che era, arrivando a oscurare grandi stelle del cinema e rifiutando di scendere ai compromessi che la grande macchina del cinema esigeva.

“[…] non era un accademico, era un rivoluzionario, recitava dicendo delle cose, recitava a modo suo […] aveva schemi completamente suoi, e s’imponeva al pubblico […] recitava assumendo un ruolo politico sulla scena, usciva dal personaggio, era lui attore della vita”

 

I suoi film più importanti

Leggendo la sua biografia e valutando la mole immensa di film in cui ha recitato, appare difficile stilare una classifica dei ruoli più importanti: Volonté ha lasciato un’impronta indelebile in ogni pellicola ma, quasi certamente, oggi è ricordato per alcune parti più iconiche rispetto ad altre. Se doveste chiedere alla gente quali ricordino maggiormente, probabilmente vi risponderanno con due film.

Uno è Per un pugno di dollari. La virata sul Teatro Scelta (si consideri che non ha mai abbandonato la prima vera forma di recitazione) subì una battuta d’arresto quando l’agente Ferzetti gli disse che un giovane regista emergente, tale Sergio Leone, lo voleva provinare per interpretare il crudele e spietato messicano Ramón Rojo, in un film da girare nel sud della Spagna, accanto a Clint Eastwood, ancora sconosciuto in Europa.

 

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Volonté si trasferì sui luoghi del set per sette settimane e quando il film fu proiettato in anteprima il 12 Settembre del 1964 al Supercinema di via dei Cimatori di Firenze, fu un trionfo. Forse non tutti sanno che, per evitare che la critica fosse influenzato in negativo dall’italianità del progetto, Gian Maria Volonté fu presentato con lo pseudonimo di John Wells.

Sulle prime, l’attore non capì la tattica, ritenendola “un segno di sfiducia che avevano gli italiani nei confronti del nostro cinema, una sorta di ostracismo etnico”. La manovra, e non solo, portò a incassi stratosferici: tre miliardi alla fine della distribuzione e l’idea di un nuovo western, Per qualche dollaro in più. Ancora Leone, ancora Volonté, stavolta nei panni di un criminale a capo di una banda di desperados messicani, El Indio.

L’altro film che tutti ricorderanno è Indagine su un cittadino al di sopra si ogni sospetto, una pellicola controversa dalla messinscena non semplice che ha portato lo stesso regista, Elio Petri, a dubitare del prosieguo. Sarà proprio Volonté a convincerlo e, letteralmente, trasformarsi nel capo della omicidi di una grande città che, dopo aver ucciso l’amante, piuttosto che cancellare gli indizi a suo carico, ne creava altri per valutare la propria autorità.

Gian Maria era chiamato a interpretare quello che per lui era un vero fascista, per il regista invece, meno crudele e più ambiguo. Le divergenze tra i due non portarono a particolari tensioni e, all’attenzione della stampa, il film fu proiettato il 12 Fbbraio del 1970 a Milano, a pochi mesi dalla strage di Piazza Fontana.

Petri dovette ribadire più volte di aver scritto la sceneggiatura prima dell’accaduto e che non voleva essere un film denuncia contro la polizia, ma un manifesto anti-autoritarismo. Per Volonté si trattava di fare i conti con il suo passato e i suoi natali e, soprattutto, capire che era possibile dar voce a personaggi abietti in cui mai si sarebbe potuto riconoscere. Gli sforzi saranno ripagati l’anno successivo con l’Oscar come Miglior Film Straniero.

 

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Le interviste oltre la biografia

La biografia di Capozzoli ripercorre puntualmente tutte le opere che hanno visto partecipare l’attore, corredando le informazioni con le testimonianze dirette di chi ha conosciuto Volonté e intervallando ogni capitolo con le interviste alle donne più importanti della sua vita, tra cui Armenia Balducci, che passerà con lui gran parte della sua vita, e Tiziana Mischi, il cui matrimonio con l’attore finì a causa di una relazione extra-coniugale.

In chiusura, prima della filmografia, la commovente lettera che Giovanna Gravina Volonté ha scritto all’autore del libro, ringraziandolo per il lavoro fatto e ammettendo di aver amato e contrastato suo padre e aver impiegato dieci anni dopo la sua morte per rivedere un suo film. La donna riconosce e comprende la sofferenza e il dolore che accompagna chi decide di fare del teatro e del cinema la propria ragion d’essere, motivo per cui ha preferito intraprendere un’altra strada.

 

Cosa resta di Volontè

Gian Maria Volonté ci ha lasciati il 6 Dicembre a Lingos, dove si trovava per lavorare a un film con Theo Angelopoulos e dove il suo corpo è stato trovato, in seguito a un attacco cardiaco dovuto a una fibrillazione acuta del ventricolo sinistro. Si è spento dopo una lunga malattia, celata alla stampa e a Volontè stesso. Dopo una caduta dalla barca e aver accusato un forte dolore alla spalla, gli fu diagnosticato un tumore al polmone sinistro, lo stesso che aveva attaccato suo padre. Il medico Antonio Severini gli disse che si sarebbe dovuto operare immediatamente, o avrebbe rischiato la vita. Dopo alcuni tentennamenti, Volonté accetterà di sottoporsi all’intervento.

“[…] avrebbe fatto questo atto di fiducia verso di me e la scienza, ma che dopo non ne avrebbe più voluto sapere nulla. Anche quella mattina non gli dissi del tumore, a una persona complessa come lui dovevi dire mezza verità”

Quando scoprirà tutto, i suoi rapporti con Armenia si incrineranno e si lascerà andare alla depressione, all’alcol e ad altre trasgressioni; la paura che il tumore potesse tornare lo privò della sua forza e fece spazio alla fragilità e alla mancanza di fiducia nella vita. Fu l’inizio della fine.

Gian Maria Volonté ha lasciato un immenso vuoto nel cinema e nessuno mai è riuscito a eguagliare l’impatto che la sua persona aveva sul set. Tutto questo, soprattutto dal punto di vista emotivo, traspare dal libro di Mirko Capozzoli, che è stato in grado di veicolare la potenza espressiva di un grande attore che oggi riposa all’ombra di un ginepro nel piccolo cimitero della Maddalena, sotto una roccia in granito che riporta il verso di Paul Valéry “Le vent se lève, il faut tenter de vivre”.

 

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Alcuni aneddoti

La biografia, oltre che essere la summa di una vita ricca e impegnativa, mantiene un tono leggero grazie anche ai tanti aneddoti che riguardano l’attore, spesso coinvolto in litigi surreali con quanti cercassero di ostacolare il suo lavoro e, soprattutto, il suo metodo.

Stavamo girando una scena notturna, Salvatore è seduto davanti all’osteria, i compagni stanchi, distrutti dalla fatica del lavoro, stanno tornando. Quando questi arrivano, Gian Maria non pronuncia la sua battuta: “Stop, stop, scusatemi, scusatemi…”. Si ricomincia, arrivano un’altra volta e un’altra volta non dice la battuta: “Non mi riesce…”. Una terza volta e non dice niente. Vittorio, che era il più smilzo di noi, gli saltò addosso e ci fu un principio di colluttazione”.

Questo accadeva ai tempi di Un uomo da bruciare e dimostra non solo quanto fosse capriccioso Volonté, ma anche la sua testardaggine e caparbietà. A tal proposito, il biografo ci ricorda anche che Volonté ebbe il coraggio di rifiutare ben due offerte da parte di Bernardo Bertolucci, prima per Ultimo tango a Parigi, poi per Novecento, oltre che non voler assolutamente girare Il Casanova di Federico Fellini, perché non si ritrovava nel personaggio e non voleva indossare una parrucca (i ruoli nelle pellicole storiche di Bertolucci andranno a Marlon Brando e Donald Sutherland, quest’ultimo interprete anche del Casanova).

Degna di menzione, e conferma di cosa significasse immergersi nei ruoli che rivestiva, è anche la testimonianza di Ennio Fantastichini, uno dei migliori attori sulla scena degli anni Ottanta, impegnato in Porte aperte con Volonté.

“È stata un’esperienza estremamente dolorosa dal punto di vista umano. La mattina andavo ad aspettare il maestro che arrivava in corridoio. Il maestro passava e non mi salutava […] Finito il film, una mattina squilla il telefono, era Gian Maria che mi dice: “Pronto, ho fatto il pollo con i peperoni, ti aspetto […] Adesso possiamo diventare amici, prima non potevamo, eravamo antagonisti.”

 

Perché leggere Gian Maria Volonté

Il libro di Capozzoli ha il potere di trasportarci in un’altra epoca, riportando un grande del cinema italiano. Ne consiglio la lettura a diversi tipi di utenti: ai più grandi (che hanno avuto la fortuna di vivere Volonté) per sentire l’eco delle sue parole tra le pagine; a quelli della mia generazione (che lo hanno vissuto di riflesso grazie ai padri amanti dei western) per fare un nostalgico tuffo nel passato; alle nuove generazioni (che non sanno chi Volonté sia stato) per studiare la cinematografia italiana, comprendere che sono esistiti un prima e un dopo Gian Maria, in un momento storico in cui essere attore, sindacalista e antesignano del Sessantotto erano principi imprescindibili per cui battersi strenuamente.

 

 

Informazioni sul libro

Gian Maria Volonté

Mirko Capozzoli

ADD Editore, 2018

288 pagine, brossurato o ebook – 18,05 €, 8.99 €

ISBN: 9788867832071

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