NOVAGULP

Daredevil: Rinascita e il Marvel Cinematic Universe, tra dubbi e speranze

Ieri è stato il gran giorno. Il diavolo di Hell’s Kitchen ha fatto il suo ritorno trionfale sul piccolo schermo. Dopo ben sette anni dalla conclusione della serie vista su Netflix – e quindi a dieci anni esatti dal reboot moderno del personaggio – l’uscita di Daredevil: Rinascita (Daredevil: Born again) porta con sé grandi speranze e aspettative.

Se da una parte, in questa occasione festosa per tutti i fan dello scavezzacollo in rosso, è giusto ricordare perché questo ritorno è molto atteso e celebrato, dall’altra mi sembra opportuno fare una riflessione sulla gestione di Daredevil all’interno del Marvel Cinematic Universe. Gestione che definirei alquanto problematica, in parte perché a ben vedere la sua origine è da ricercare al di fuori del grande progetto cinematografico di questi ultimi anni.

Questo non solo ci dice molto sul valore della serie originale, ma forse anche su cosa potremmo aspettarci dal futuro di questa incarnazione e del suo protagonista.

 

Daredevil: Rinascita

 

C’era una volta Marvel Television

Un po’ per abitudine, un po’ per comodità, distinguendolo così dalla versione cinematografica del 2003, si parla di Daredevil di Netflix in riferimento alla moderna trasposizione televisiva. Molti non sanno però che Netflix ha ben poco a che fare con la realizzazione della serie. Certo, il suo successo è legato a doppio filo con la presenza sul servizio di streaming al day 1 in molti Paesi. Presentato infatti come prodotto di punta fresco fresco Daredevil è stato uno dei maggiori selling point per gran parte del popolo nerd, finendo poi per conquistare anche tanti spettatori casual.

Fatto sta che il prodotto è stato consegnato a Netflix già pronto, l’azienda ha dovuto semplicemente marchiarlo con la sua bella N rossa maiuscola (bollandolo furbescamente come Netflix Original, pratica via via adottata sempre di più dalla piattaforma) e distribuirlo tramite il suo catalogo. Chi ha creato la serie allora? Il responsabile dello sviluppo e della produzione è…   Disney. Già, proprio loro. La major cattivona che secondo molti ha guastato la Marvel e altri franchise negli ultimi anni.

Daredevil è stata una produzione congiunta tra ABC Signature (uno degli studios di ABC, emittente di Walt Disney Company) e Marvel Television; quest’ultima, badate bene, non era un reparto affiliato ai Marvel Studios, responsabili della saga cinematografica degli Avengers e delle serie di Loki, Hawkeye, WandaVision, Secret Invasion e altre. Marvel Television era un’entità separata, operante sotto l’ala dello studio Marvel Entertainment, ed era guidata da figure diverse dal presidente dei Marvel Studios. Ricordatevi questo particolare perché ci ritorneremo dopo.

 

 

The devil is in the details

 

 

Dopo questa doverosa premessa, mi preme fare un giretto sul viale dei ricordi. La nuova serie tv, Daredevil: Rinascita, è stata annunciata solo quattro anni dopo la cancellazione della versione distribuita su Netflix, ma per noi patiti del diavoletto è sembrata un’eternità, soprattutto perché non c’erano certezze sulle sorti del personaggio nei grandi piani del MCU, e su che fine avrebbe fatto l’eredità che la serie originale aveva lasciato.

La serie del 2015 senza troppi giri di parole è stata un vero miracolo. Uno di quei casi in cui i pianeti si allineano e tutti gli elementi giusti si incastrano armoniosamente creando un piccolo capolavoro. Nel giro di un annetto, un eroe che fuori dalle cerchie di fumettari era considerato di serie C adesso gareggiava in prima divisione. Non solo Daredevil giocava finalmente assieme ai grandi (sebbene i vari Thor, Iron Man, Captain America per il pubblico generalista erano diventati famosi solo da pochi anni), ma era riuscito a imporsi e alzare l’asticella per tutti. E quando dico per tutti non intendo solo gli altri film e telefilm di supereroi, ma proprio tutti.

Probabilmente neanche la Marvel si aspettava un risvolto del genere, quando pochi anni prima aveva deciso di rilanciare il personaggio. I dirigenti erano ancora scottati dalla scarsa accoglienza riservata al film con Ben Affleck per rischiarsela nuovamente al cinema, pertanto optarono per una produzione molto più contenuta e questa scelta col senno di poi ha giocato un ruolo fondamentale. L’attenzione che si può riservare ai dettagli su un set cinematografico da centinaia di milioni di dollari, con maggiore pressione e attenzione mediatica, è nettamente inferiore a quella che invece si può porre in un prodotto televisivo, in cui diversi reparti e i singoli professionisti possono avere più voce in capitolo.

 

L’attore Charlie Cox immortalato in una delle primissime immagini di Daredevil, la serie del 2015.

 

Inoltre, da alcuni aneddoti degli showrunner, la serie sembra essere stata messa in piedi lavorando quasi per sottrazione, considerate le limitazioni del budget. Questo era un altro tassello decisivo, perché meno soldi significava meno risorse e tempo per la CGI, e ciò portava a due considerazioni: 1) non c’era possibilità di prendersela comoda col dire che “tanto poi si aggiusta tutto in post-produzione” (come ormai da prassi per tutti i prodotti Marvel Studios); 2) una delle decisioni prese a monte è stata quella di girare il più possibile in camera, come dicono gli addetti ai lavori, e al massimo usare la computer grafica per piccole rifiniture o aggiunte.

In particolare le scene d’azione, le acrobazie e i combattimenti di Daredevil sono stati realizzati dal vivo con attori e stuntmen, piuttosto che ricorrere a controfigure digitali e green screen. La scelta è stata sostenuta da un lavoro portentoso del reparto stunt e dei registi, che hanno messo in scena duelli e sequenze coreografate magnificamente, ma soprattutto girate da chi sa come enfatizzare l’azione, anziché abusare di inquadrature e montaggio per nasconderla. Molte delle scene action viste in Daredevil da questo punto di vista mandano a scuola tutti i film Marvel.

La forma era quindi eccellente, ma è stata la sostanza a fare la differenza. La scrittura lungo le tre stagioni è stata da manuale, vuoi per la meticolosa caratterizzazione di ogni personaggio, vuoi per le storyline sviluppate con cura e con i giusti tempi, o anche solo per i dialoghi brillantemente cesellati e l’intensità dei monologhi, che davano realmente peso agli eventi e ai conflitti interiori. Tutto quanto imbastito su una solida base con ritmi e toni da thriller/drama di alta scuola; non mancava neanche l’umorismo, che però era sempre concesso a piccole dosi, senza strafare.

 

 

Charlie Cox (Matt Murdock/Daredevil) e Vincent D’Onofrio (Wilson Fisk/Kingpin)

 

Daredevil è stato paragonato spesso alla Trilogia del Cavaliere Oscuro, e a ragion veduta. È uno dei pochi prodotti che ha imparato la lezione dell’opera di Christopher Nolan, riprendendo la formula (focus su nascita, caduta e ascesa dell’eroe, approccio maturo alle fonti), colmandone le lacune (l’aggiunta di elementi fantastici e sovrannaturali) e ampliandola. Come quei film, la serie su Daredevil ha saputo adattare i fumetti senza snaturarli o banalizzarli, dando priorità agli elementi essenziali, e reinterpretando le storie fondamentali in una forma fresca, ma sempre vicina al DNA originale.

Il cast ha fatto il resto, tra protagonisti in stato di grazia (Vincent D’Onofrio, ma anche e soprattutto la rivelazione Charlie Cox) e comprimari in forma smagliante. Era veramente tutto troppo bello per essere vero. E infatti…

 

 

Il limbo tra Daredevil e Daredevil: Rinascita

Appena un mese dopo l’uscita della terza stagione, Netflix annuncia la cancellazione di Daredevil. I motivi ufficiali non sono mai stati rivelati, ma si possono facilmente intuire. L’accordo con Disney stipulato cinque anni prima avveniva in un momento di transizione, quando Netflix si stava appena affacciando sul mercato internazionale e aveva tutto da guadagnare. Nel 2018 le produzioni da gestire erano molte di più, inoltre le direttive della piattaforma si facevano più stringenti, a partire dal numero di episodi, che Disney e Marvel volevano mantenere a 13, mentre Netflix spingeva per accorciare in linea coi suoi Original.

Non si può neanche escludere che Disney cercasse la scusa per non rinnovare gli accordi con un diretto concorrente (Disney+ era già in lavorazione e pronto al lancio entro un anno). O che sia stato proprio il capo dei Marvel Studios Kevin Feige, in quegli anni già all’apice del successo grazie alla Saga dell’Infinito, ad aver fatto pressione per avere anche quei personaggi; d’altronde in quegli stessi anni la saga cinematografica degli X-Men stava ormai affondando e Feige si sfregava le mani al pensiero che di lì a poco Disney gli avrebbe regalato nuovi giocattoli comprando l’intera Fox.

A pagare le conseguenze di questa guerra fredda è l’intero angolo “urbano” della Marvel, formato dalle serie dei Defenders (Daredevil, Luke Cage, Jessica Jones, Iron Fist) e lo spin-off aggiuntivo The Punisher. Il cospicuo fandom che questi show avevano raggruppato in soli tre anni non vuole mollare: la campagna online “Save Daredevil” raccoglie in poco tempo centinaia di migliaia di adesioni, e i fedelissimi organizzano meeting alle convention, ma per i seguenti tre anni tutto tace e si fa strada l’idea che Marvel riparta da zero.

 

La scena con Matt Murdock in Spider-Man: No way home

 

Nel tardo 2021 arriva però un primo segnale importante, quando Vincent D’Onofrio, interprete di Kingpin nella serie originale, viene reclutato per la serie Hawkeye, e Charlie Cox fa un breve cameo come Matt Murdock nel film Spider-Man: No way home. L’estate seguente Daredevil viene ufficialmente resuscitato: prima si annuncia una nuova serie MCU interamente dedicata a lui, e a seguire il personaggio ritorna in scena come comprimario nella serie She-Hulk: Attorney at law.

Molti fan esultano, ma ad altri qualcosa non torna. Il nuovo show si intitola Born again come il celebre fumetto di Frank Miller, ma quella storia era stata già ottimamente adattata nell’ultima stagione della serie originale. I trailer dei mesi scorsi si soffermano molto sulla violenza grafica, e lo showrunner ci tiene a ribadire che hanno superato l’originale in brutalità; sembra quasi un copione preparato per comunicare agli spettatori e ai fan quello che vogliono sentirsi dire. Forse sto leggendo troppo tra le righe, ma vale la pena mettere i proverbiali puntini sulle i.

 

 

Dentro o fuori il MCU?

 

 

Sulla carta la serie originale uscita su Netflix è sempre stata inserita nel canone MCU, il solo dettaglio della New York in ricostruzione dopo il disastro di The Avengers è abbastanza esaustivo. A conti fatti però l’opera sotto tutti i punti di vista (regia e fotografia, scrittura, toni, tasso di violenza) è in netto contrasto con la natura dell’universo cinematografico. Feige dal canto suo ha sempre evitato il discorso, forse per non esternare la rivalità con la sua controparte in Marvel Entertainment (Isaac Perlmutter, che prima di essere estromesso dalla Disney nel 2023 gli aveva messo i bastoni tra le ruote in più di un’occasione); o magari era comodo lasciar pensare al pubblico che uno dei prodotti più acclamati del panorama supereroistico fosse legato comunque al suo operato.

Il punto in questione è che una delle caratteristiche tipiche dei fumetti è la presenza di registri differenti all’interno di uno stesso universo narrativo. Nei fumetti tendiamo a farci andare bene vere e proprie inversioni a U, che altrove sarebbero decisamente fuori luogo e poco credibili. Le storie di supereroi lo fanno da sempre: in un albo o in un ciclo si raccontano vicende molto cupe, e qualche numero dopo – spesso in coincidenza di un cambio di gestione e di autori – le trame con gli stessi identici personaggi sono più scanzonate.

Nel nostro caso, Daredevil oggi è molto più affine a Batman che a Spider-Man o ai Fantastici 4. Nel suo periodo d’oro (tra gli anni ’70 e i primi anni ’90) i fumetti hanno instillato una marcata componente drammatica nelle sue storie, che ha fatto da matrice per la maggior parte dei cicli narrativi moderni. Non era nato così però, negli anni ’60 prima della svolta hard boiled (avviata da Frank Miller) i villain strambi e colorati dominavano le sue pagine. Alcuni anni fa quello spirito avventuroso e spensierato delle origini è tornato in voga, per poi lasciare nuovamente spazio alla cupezza, e così via in un continuo oscillamento narrativo.

 

 

Matt Murdock nella terza stagione di Daredevil

 

Ora, questa cosa in live-action non funziona granché. Ricordate cos’è successo a Batman negli anni ’90, quando ci hanno propinato Batman forever e Batman & Robin come sequel di Batman: Il ritorno? Ecco, è quello che il MCU ha tentato di fare con Daredevil in questi ultimi anni, facendoci credere che lo stesso tizio che a Hell’s Kitchen torna a casa spesso in un lago di sangue, può apparire da un momento all’altro in una radiosissima New York popolata di alieni sotto copertura e scherzare assieme a Spider-Man. O indossare una tuta giallo-porpora perché gli girava di rifarsi il guardaroba da uno stilista fashion dei supereroi.

Questa convivenza disarmonica e straniante delle due anime di Daredevil tra l’altro si poteva bypassare facilmente. A Feige bastava etichettare come non canoniche le serie dell’era Netflix, senza troppe spiegazioni (tanto il pubblico si beve di tutto), e creare da zero la sua versione, già integrata appieno nel MCU. Un reboot in più o in meno di questi tempi non fa più clamore.

C’era tuttavia un ostacolo bello grosso. Quelle tre stagioni avevano lasciato eccome il segno, quegli attori erano amatissimi, non si trattava di un progetto fallimentare o abbandonato per scarso riscontro. Non si trattava della popolarità di un Robert Downey Jr., ma perché rischiare? Perché indispettire una platea considerevole di appassionati quando puoi tenere quello che ti fa comodo – gli interpreti originali, i volti della serie che tutti conoscono – e abbandonare tutto il resto?

 

 

Uno dei fighissimi poster della stagione 2 di Daredevil. Esaustivo, non trovate?

 

 

Quindi Daredevil subisce il trattamento Marvel Studios, diventando qualcosa che non era, perlomeno non in questa incarnazione con le sembianze di Charlie Cox. La sospensione dell’incredulità però arriva solo fino a un certo punto, una volta superata vale tutto, puoi fare quello che ti pare tanto non ci sono paletti. Il fatto è che i paletti ci sono e sono ben visibili, nella vecchia serie Net…  pardon, Disney su Daredevil.

Sono quelli che Bullseye ficca negli occhi delle sue vittime. Sono quelli secondo cui ogni 7-8 puntate anche se un personaggio citava di sfuggita un tizio sceso dal cielo con un martello, la cosa finiva lì e nessun evento cosmico o mostrato nei film aveva alcuna ripercussione. In Daredevil c’è poco da scherzare quando uno dei personaggi principali del fumetto viene ucciso brutalmente già nella prima stagione; quando il protagonista va in crisi e il suo mondo gli crolla addosso non si liquida tutto con una sbronza e una ramanzina degli amici in un negozio di ciambelle (sigh).

In parole povere, canone o no, Daredevil in fondo non è mai stato realmente un prodotto MCU. Grazie al cielo. Ora però la musica potrebbe cambiare.

 

 

L’uomo che non c’era

 

“Guarderai tutti i film e le serie Marvel, e ti piaceranno, perché lo dico io.”

 

All’inizio ho citato brevemente un altro ingrediente segreto della prodigiosa ricetta Daredevil, o meglio un non ingrediente: l’assenza di Kevin Feige. Questo perché il capo dei Marvel Studios, che da ormai 17 anni tiene le redini di questo impero, all’inizio non controllava tutto. Daredevil e le altre serie marvelliane su Netflix sono state sì sviluppate all’interno del franchise come spin-off canonici, ma di fatto erano produzioni gestite in tutto e per tutto fuori dalla portata di Feige. Lo show sul diavolo di Hell’s Kitchen è tra i pochissimi progetti MCU su cui non ha avuto alcuna voce in capitolo.

Come produttore esecutivo e guida creativa degli show sui Defenders figurava nientemeno che Jeph Loeb, celebre scrittore di fumetti che da alcuni anni prestava i suoi servizi anche alla televisione (ricordate Heroes?). L’autore di pietre miliari del genere supereroistico come Daredevil: Giallo e Batman: Il lungo halloween è stato per alcuni anni a capo di Marvel Television, ed è quindi uno degli artefici principali del contraltare televisivo degli Avengers. A lui si deve l’assemblaggio di quella squadra micidiale di registi e sceneggiatori ambiziosi, l’ingaggio di un corposo reparto di stunt e coreografi e la concessione del giusto spazio di manovra a tutti i team coinvolti.

Paradossalmente mentre Feige mandava al cinema uno dopo l’altro dei costosissimi episodi di una gigantesca serie tv, Loeb con Daredevil guardava anche al grande cinema e spingeva oltre i limiti dello schermo televisivo. Questo divario sarebbe così evidente se il boss dei Marvel Studios avesse gestito anche gli show su Netflix?

 

 

Con i se e con i ma non si fa la storia, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tra diversi anni della corazzata Marvel si ricorderà principalmente il lavoro d’insieme, il quadro generale, ma molti dei singoli prodotti già non li ricorda nessuno neanche ora. Con le chiare eccezioni di alcuni film di punta, ci ricorderemo tra qualche anno di Thor o Thor: The dark world? Captain America: Civil war sarà ricordato come un buon film o piuttosto per i mille meme che ha generato?

Sfido chiunque a dire lo stesso delle tre stagioni di Daredevil, che la serie sia venuta e andata senza lasciare traccia. C’è davvero nel MCU qualche altra opera che si è sporcata le mani come hanno fatto quei 39 episodi? Che ha mostrato cosa si può fare davvero con queste proprietà intellettuali se non si hanno pregiudizi e se si onora la qualità dei fumetti, anziché ovattare tutto e insultare l’intelligenza dello spettatore a suon di gag e fanservice? Sono anni che ancora attendo una risposta.

Dopo tutto questo, fa sorridere che si incolpi proprio la Disney per aver alleggerito la Marvel, nonostante abbia prodotto l’opera più cupa di tutto il franchise, quando il minimo comune denominatore di tutti i film e le (nuove) serie MCU – tanto quelli amati che quelli disprezzati – è il signor Feige. La stessa persona che esorta i registi ad andarci giù pesante con la comicità, e che ha dato il via a un trend che sarebbe rimasto inamovibile per quasi due decenni.

 

 

La Marvel sbarazzina

Il leader dei Marvel Studios è sempre stato un gran furbone, uno che sa quando parlare, quando non dire niente, e quando prendersi i meriti al momento giusto. Ricordo ancora quando sbandierava con orgoglio il visto censura PG-13 applicato a tappeto su tutti i film che produceva. Difatti il MCU è diventato uno degli esempi più evidenti di PG-13 “ammorbidito” del cinema americano, negli stessi anni in cui quel rating figurava anche su film tutt’altro che morbidi, come Il Signore degli Anelli o The Dark Knight.

Neanche quegli esempi di cinema mainstream di successo avevano destabilizzato Feige, forte dei fantastilioni incassati dalle sue pellicole. Cosa è cambiato quindi? Ci sono voluti due attori per polverizzare l’assioma MCU, e convincere il pubblico ad allargare gli orizzonti. Si tratta ovviamente di Ryan Reynolds e Hugh Jackman, fautori rispettivamente di Deadpool e Logan, opere che nel giro di due anni hanno dimostrato che i film su tizi mascherati che si menano possono guadagnare una montagna di soldi anche se ci scappano sbudellamenti e si gioca con il politicamente scorretto.

 

 

La Marvel senza Kevin Feige (il poster era vero!)

 

 

Per la seconda volta in meno di dieci anni delle trasposizioni supereroistiche realizzate con un minimo di criterio e con rispetto verso i personaggi originali, senza alcun tipo di compromesso, portavano a casa tanti soldi e tanti riconoscimenti. Quando Disney ha finalizzato l’acquisizione della Fox e ha preso in carico i diritti sugli X-Men, Reynolds e Jackman si sono presentati dal grande capo con un’idea per una nuova pellicola di Deadpool, che sarebbe stata addirittura un crossover con Wolverine. Un Deadpool MCU, prodotto da Disney? Sembrava follia pura fino a poco tempo fa.

Come ha reagito Kevin Feige? D’improvviso so è convertito. Anzi, ha detto di aver sempre apprezzato quei personaggi per quello che erano, e dichiarato che un film su Deadpool lo avrebbe fatto solo e solamente in quella maniera. A quel punto gli bastava solo capitalizzare sul lavoro fatto da altri, e Deadpool e Wolverine si vendeva praticamente da solo. Un vero e proprio politico prestato all’industria del cinema, non c’è che dire.

Ebbene, come rientra Daredevil in questo quadro? Siamo giunti al nocciolo della questione.

 

 

Date al diavolo quel che è del diavolo

Ora che anche lo scavezzacollo rosso è tornato all’ovile e può essere gestito totalmente dall’uomo col cappello da baseball, dopo tutte le vicende raccontate finora, i sensi di ragno pizzicano giusto un pelino. Diciamo pure che ci fidiamo del signor Feige, diciamo che quando ha annunciato il ritorno di Daredevil in pompa magna c’erano solo buone intenzioni e la volontà di non rovinare la bellissima eredità della serie originale. Però c’è Hawkeye. Strike uno.

Checché ne dica D’Onofrio, credo che nessuno riuscirebbe a guardarvi in faccia e sostenere che il Kingpin visto in quella serie sia lo stesso malevolo psicopatico visto in Daredevil. In Hawkeye sembra un cattivo della settimana uscito da A-Team (quindi niente di più e niente di meno del tipico antagonista da MCU). Sarà stata un’eccezione, si rifaranno alla prossima occasione…    però c’è She-Hulk. Strike due. Non sono neanche tra coloro che hanno schifato la serie, ma siamo sinceri, il povero Daredevil non ne è uscito proprio benissimo da quella partecipazione.

 

 

Daredevil “Feige approved”

 

Quanto descritto finora ad alcuni potrà sembrare prevenuto, però è veramente difficile essere ottimisti di fronte ai fatti. Perché i fatti ci dicono anche che la produzione di Daredevil: Rinascita due anni fa ha dovuto ripartire quasi da zero, dato che all’indomani dello sciopero degli sceneggiatori qualche addetto ai lavori deluso ha chiesto alla dirigenza di operare una revisione del materiale ultimato (circa 6 episodi su 18 previsti inizialmente).

Il lavoro in effetti sembrava essere fuori strada e non all’altezza della serie precedente. Sui dettagli diramati si possono fare congetture in negativo e in positivo, fatto sta che la richiesta è stata accolta.
In una mossa che solitamente non promette niente di buono, sono stati licenziati i due autori principali – rimpiazzati dallo showrunner della serie The Punisher – sono stati richiamati attori inizialmente esclusi (tra cui gli interpreti di Karen Page e Foggy Nelson, co-protagonisti delle stagioni precedenti), e gran parte degli episodi sono stati riscritti e rigirati. Inoltre la stagione era stata ridotta di un terzo, quindi a soli 6 episodi.

Nelle ultime settimane le notizie si sono fatte ancora più piccanti. A quanto pare a dare voce al malcontento per la direzione iniziale di Rinascita non è stato il boss dei Marvel Studios come era stato fatto credere inizialmente, bensì il cast stesso! Cox e D’Onofrio si sarebbero schierati in prima linea per far notare la manifesta incongruenza del revival con l’originale, e che quella che stavano girando sembrava a tutti gli effetti una brutta imitazione del Daredevil che tutti hanno amato; a loro si deve anche l’aggiunta di tre ulteriori puntate, per dare alla stagione il giusto respiro.

Non fatico troppo a credere che alcuni executive Disney, alle prese con un rilancio che non possono permettersi di sbagliare in nessun modo, si siano recati nell’ufficio di Feige e gli abbiano fatto intendere che la stava facendo troppo sporca, intimandogli con le buone di rimettere tutto in carreggiata. Se l’ultimatum ha sortito l’effetto sperato lo sapremo molto presto, così come sapremo se oltre alle ininfluenti promesse di “ultraviolenza” e tinte dark, il nuovo team creativo ha capito realmente cosa ha reso unica l’originale Daredevil.

 

Scena dalla nuova serie

 

Il sottoscritto, se non si fosse inteso, è molto affezionato al diavolo di Hell’s Kitchen, e scrivere questo pezzo non è stato piacevole. Come molti voglio credere che quando avrò terminato la visione di Daredevil: Rinascita sarà stato come tornare a casa e riabbracciare vecchi amici. Magari dopo la messa in onda del finale potremo davvero dire di aver ottenuto quella stagione 4 che abbiamo aspettato così a lungo; in fondo anche solo avere un seguito, di questi tempi in cui tanti show vengono troncati e abbandonati definitivamente, è un risultato non da poco.

Di questi tempi però anche la fiducia degli spettatori è volatile, e bisogna guadagnarsela e mantenerla, puntata dopo puntata. Se ci dice bene, sarò più che felice di essermi sbagliato a dubitare.

In ogni caso, bentornato Daredevil.

Exit mobile version