Il ciclo arturiano deve molto alla mecenate Eleonora d’Aquitania. Ora, vi prego di non chiudere subito questo articolo perché inorriditi dall’affermazione, oppure perché spaventati da un possibile info dumping all’orizzonte. Munitevi di tè, caffè, birra o vino… o sidro, che trattandosi di medioevo forse è più appropriato, e prendetevi dieci minuti per fare un viaggio nel tempo insieme a me. Semplificherò ogni concetto, taglierò date e nomi al necessario, e proverò a raccontarvi tutto come fosse una storia per spiegarvi in che modo Eleonora d’Aquitania ha influenzato il ciclo arturiano.
Prologo
Ma prima di arrivare a Eleonora d’Aquitania dobbiamo partire dagli antefatti, da quello che potremmo definire il prologo della nostra storia. Quando l’Impero Romano d’Occidente cade (ci troviamo nel 476 d.C.), viene meno quello che per secoli era stato il centro linguistico e culturale d’Europa. Per capire bene cosa ciò implica, dobbiamo essere coscienti che la storia, la lingua e la letteratura non sono dei blocchi con confini, inizio e fine netti come abbiamo imparato a scuola. In realtà sono più simili a dei liquidi che si mischiano, si influenzano, scorrono e si infilano qua e là.
La volgarizzazione della lingua latina stava già avvenendo, ma la caduta dell’Impero Romano d’Occidente ne causa la completa disgregazione, complici la diminuzione dei rapporti commerciali con le province e l’avvento dei regni romano-barbarici. Le parlate volgari (dal lat. vulgus = popolo) cominciarono a evolversi e radicarsi fino a diventare delle vere e proprie lingue. Iniziano a nascere le lingue neolatine, chiamate anche romanze (dalla forma francese romanz derivante dal lat. romanicus).
Carlo Magno e la sua eredità
Facciamo un salto lungo più o meno trecento anni. Giorno di Natale dell’800 d.C., Basilica di San Pietro, Carlo Magno viene incoronato primo imperatore del Sacro Romano Impero dal papa. Il suo regno coincide con la rinascita carolingia, un risveglio culturale dell’Europa occidentale. E da lui è voluto il Concilio di Tours, considerato l’atto ufficiale di nascita delle lingue neolatine. Qui si attesta per la prima volta il termine romana lingua in contrapposizione alla teudisca lingua.
L’impero resiste unificato fino alla morte di suo figlio, che lascia a sua volta tre figli. Inutile dirlo, tra i fratelli scoppia la guerra per la corona. Tra scontri, giuramenti, trattati e morte di uno di loro, il risultato è la creazione della base della moderna Germania da una parte, e dall’altra una sorta di unificazione difficoltosa dei territori francesi, con l’Aquitania in insurrezione contro Carlo il Calvo (sì, proprio l’imperatore dell’assedio di Parigi guidato da Ragnarr Lothbrok che vediamo in Vikings).
La chanson de geste
In questa cornice storica, la lingua si suddivide in due: nelle zone centro-settentrionali si parla la langue d’oil, mentre nel centro-sud si parla la langue d’oc. Le due si differenziano anche per la tipologia di letteratura di cui si fanno portatrici. In lingua d’oil viene sviluppato il ciclo carolingio (o materia di Francia), il cui capostipite è la Chanson de Roland (seconda metà del XI secolo), che gira intorno alla figura di Carlo Magno. Il genere letterario epico della chanson de geste inizia a segnare una frattura nei confronti della tradizione agiografica (testi poetici composti per onorare i Santi e celebrarne la memoria).
Permane, però, l’esaltazione dell’alleanza tra potere secolare e potere ecclesiastico, così come diventano tematiche centrali l’elemento cavalleresco, la celebrazione dei valori della cavalleria e della fede, la lealtà al sovrano, il senso dell’onore e l’eroismo in battaglia. Dalla connotazione fortemente leggendaria, generalmente non compaiono figure femminili, mentre invece sono protagonisti battaglie, eserciti, eroi e la lotta contro gli “infedeli saraceni” per via del contesto storico delle prime Crociate. La chanson de geste, infatti, proietta episodi storici passati con la mentalità del suo secolo.
La nascita della poesia cortese
Le Crociate e l’incontro (e scontro) con forme di civiltà diversa da quella francese cambiano la mentalità feudale. Se da una parte si afferma l’epopea eroica medievale, nel centro-sud i feudatari vengono positivamente influenzati da questo scambio culturale, in particolare con la Spagna, e cominciano a rivelare il gusto per il lusso e le feste. Si dà valore alle buone maniere, le donne acquistano una posizione sociale elevata rispetto a quelle del centro-nord, e le relazioni tra i sessi si affinano.
Inizia a formarsi la poesia lirica provenzale, portata di corte in corte grazie all’opera dei giullari, che concentrano le attività nei dintorni di santuari, piazze e castelli, e dei chierici, che si spostano di scuola in scuola per imparare e insegnare. Ma mentre i primi sono semplici esecutori di poesie già composte e i secondi restano strettamente legati alla Chiesa, una terza figura inizia a farsi strada nelle corti: i trovatori, il primo movimento poetico della letteratura europea volgare, che si afferma grazie al duca d’Aquitania Guglielmo IX, nonno di Eleonora d’Aquitania.
Guglielmo IX d’Aquitania, il Trovatore
A differenza di giullari e chierici, i trovatori sono al tempo stesso inventori di musica e di poesia. Testo e melodia sono, infatti, elementi inscindibili della lirica provenzale, destinata all’ascolto più che alla lettura. I temi dominanti della lirica trobadorica sono l’amor cortese, il corteggiamento della donna innalzata alla pura femminilità e la tensione della passione spesso complicata.
Guglielmo IX è il primo trovatore di cui ci sono arrivate opere. Il duca d’Aquitania diventa famoso per la sua propensione al libertinaggio, per essere anticlericale e addirittura scomunicato dal papa. I suoi componimenti variano da forme di poesia al limite dell’erotismo a note più gentili e tiepide. Tralasciando vite di santi e leggende di eroi e concentrandosi sull’amore a tutto tondo, diventa precursore della vita e dell’amor cortese, e il suo esempio viene seguito da nobili e giullari di ogni corte meridionale.
Eleonora d’Aquitania, regina di Francia
È così che si arriva a Eleonora d’Aquitania, nipote del più antico trovatore. Quando il padre muore senza lasciare eredi maschi è lei a ereditare i vasti domini del nonno. Sposa Luigi VII e i due vengono incoronati re e regina di Francia poco tempo dopo. Con loro la monarchia riacquisisce importanza in seguito alla sfortuna politica di Carlo il Calvo e delle successive debolezze carolingie. Ovunque vada Eleonora d’Aquitania, la corte diventa presto ritrovo di artisti e trovatori.
Abituata ai raffinati piaceri delle corti meridionali e amante del lusso e dell’arte, introduce la poesia del sud e la lirica d’amore nella corte regia. All’elemento cavalleresco dei poemi epici inizia a unirsi il tema dell’amor cortese. Quindici anni dopo, il matrimonio viene annullato dal papa stesso e il ducato resta nelle mani di Eleonora d’Aquitania… che si risposa sei settimane dopo.
La materia di Bretagna
Viene chiamata materia di Bretagna (o ciclo bretone) l’insieme di miti, leggende e storie folkloristiche che riguardano l’Inghilterra. Le sue radici affondano in diverse fonti, ma è con il chierico Goffredo di Monmouth che nasce ufficialmente. La sua Historia Regum Britanniae (1136/1147) è il pilastro fondamentale per il ciclo arturiano: qui ripercorre la storia dei re britanni unendola con il mito e rifacendosi alla materia greco-romana, ricercando le origini leggendarie dei sovrani nella figura di Bruto di Troia, discendente dell’eroe Enea. La sua opera è la base dalla quale, nei secoli a venire, altri poeti avrebbero arricchito il ventaglio di canzoni e poemi su re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda.
I semi della materia di Bretagna vengono quindi piantati già qualche anno prima dell’arrivo di Eleonora d’Aquitania in Inghilterra. È al chierico che si devono le figure di re Artù, Vortigern e mago Merlino. Ma è stata l’opera di mecenatismo e di matrimonio tra diverse correnti poetiche che ha seguito nelle varie corti Eleonora d’Aquitania che ne ha permesso l’elevazione a ciò che conosciamo noi oggi.
Eleonora d’Aquitania, regina d’Inghilterra
Secondo marito di Eleonora d’Aquitania è Enrico II Plantageneto duca di Normandia e conte d’Angiò. Un paio di anni dopo, i due vengono richiamati in Inghilterra per essere incoronati (1154). È lui il primo re della dinastia plantageneta che un paio di secoli dopo si sarebbe suddivisa nei due rami cadetti York e Lancaster. E sono loro i genitori dei tanto famosi Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senzaterra (Robin Hood e sir Biss vi dicono niente?).
Eleonora porta in Inghilterra tanto la chanson de geste quanto la lirica trobadorica, trovando terreno estremamente fertile nel ciclo bretone appena nato, nelle leggende e nei miti che permeano il territorio ancora legato ai celti e alle invasioni anglosassoni. Qui, l’epica del nord della Francia e l’amor cortese del sud si uniscono a quella materia di Bretagna influenzata dalla materia greco-romana dando vita a quella che viene considerata una delle più famose e importanti saghe occidentali.
La nascita del ciclo arturiano
Tra i principali esponenti del ciclo arturiano troviamo Chrétien de Troyes, che introduce lui stesso Lancillotto, Parsifal e il Santo Graal, e che si dice fosse uno dei protetti della corte letteraria della figlia primogenita di Eleonora d’Aquitania e Luigi VII. Fortuna di questa materia è l’unione ultima delle atmosfere di mistero e ombra, di folklore ricco di spiriti, demoni e incantesimi delle leggende della Bretagna, unite con i temi e le strutture dell’epopea epica, dell’eroismo, delle battaglie e della lotta della cristianità della chanson de geste e dell’amore tragico, cortese e passionale della lirica provenzale.
Magia, amori impossibili, avventure di cavalieri erranti, la Tavola Rotonda, la ricerca del Santo Graal… personaggi, temi e vicende vengono narrate e arricchite sopravvivendo al tempo come fossero loro stesse sotto un incantesimo del mago Merlino. Nel ciclo arturiano le storie sono condite di meraviglia, hanno un colore magico e suggestivo, gli eroi e i cavalieri appaiono come simboli di una cavalleria romantica che trova il giusto equilibrio tra lotte, avventure e passioni. I loro ideali e la loro morale vivono ancora oggi nell’eredità di cui sono stati pilastri: il genere fantasy.