Che io sia un’appassionata di letteratura e una fervida lettrice è evidente ai cari lettori, un po’ meno se questo è il primo articolo che leggete della sottoscritta. Ma nessun timore: recuperiamo!
Tralasciando la mia enorme autostima nel credermi letta con costanza da un fedele “pubblico”, vorrei semplicemente dire che la letteratura tedesca (escludendo Goethe la cui lettura invoglia a trafiggersi con le coltella innumerevoli volte sperando di porre fine al tormento) è eccezionale.
I fratelli Grimm e la lingua tedesca
Nel 1800 i fratelli Grimm, per la prima volta nella storia della letteratura, decisero di raccogliere i racconti popolari tramandati oralmente in Germania in un corpus unico, mantenendo i caratteri della narrazione orale e riportando perfettamente le varie inflessioni dialettali, facendo sì che nel tempo si potessero conservare i lessemi dell’antico tedesco.
Fu Jacob Grimm a dare il via allo studio della linguistica storica. Da lui nacque “la legge di Grimm”, un insieme di regole che spiega come la pronuncia tedesca sia passata dalle sue radici proto-indoeuropee alla lingua parlata nel 1800. Insieme a suo fratello Wilhelm, Jacob iniziò il Der Grimm, o anche Deutsches Wörterbuch, un vocabolario documentale con la copertura di gran lunga più completa della lingua tedesca, che riflette allo stesso tempo cento anni di storia istituzionale, politica, lessicografica e linguistica della Germania dal XV secolo, una Babele di staterelli e dialetti.
In Germania, tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, a livello politico regnava il dispotismo degli Asburgo-Lorena nonostante la diffusione in Europa delle idee illuministe. Nel 1806 l’imperatore Federico II di Prussia abdicò e il territorio tedesco (Prussia e Austria) fu diviso in più di 1800 frazioni.
Tra 1765 e 1785 nacque il movimento culturale e letterario preromantico dello Sturm und Drang (Tempesta ed Impeto). Gli Sturmer si opponevano alla pura razionalità (cara agli illuministi) rivalutando invece un contatto intimo con la natura, l’assoluto, i sentimenti, l’emotività, le tradizioni e le proprie origini. Tutto ciò portò a un pronunciato patriottismo e nazionalismo e quindi, inevitabilmente tra il 1800 e il 1815, a una prima manifestazione del sentimento nazionale tedesco e alla esigenza di uno Stato centrale con un’amministrazione composta in particolare da persone della classe medio-borghese già fortemente rappresentata nella economia.
I Grimm pubblicano le loro Fiabe
In questo contesto storico-sociale si inseriscono i fratelli Grimm, che nella prima metà del XIX secolo lavorano per conto di diversi nobili come precettori, bibliotecari, segretari, archivisti e professori universitari.
Nel 1808 Clemens Brentano, che già nel 1805 aveva pubblicato con Achim Von Armin una importante raccolta di canti popolari tedeschi (Volkslied) intitolata Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo), chiese a Jacob e Wilhelm di raccogliere per lui diversi racconti popolari. I due fratelli, già conosciuti per essere infaticabili ricercatori e avere una vasta conoscenza della letteratura germanica antica e del folklore, gli avrebbero fornito materiale per scrivere un libro di fiabe, nell’intenzione di dare al popolo un testo educativo.
Brentano però non utilizzò nessuno degli oltre 50 testi che i Grimm avevano selezionato per lui, e che prima di spedire avevano ricopiato per se stessi. Fu proprio Von Armin che nel 1812, una volta compreso che l’amico Clemens non pensava più di sfruttare quei testi e sapendo che i fratelli avevano raccolto ogni tipo di racconti e fiabe andando ben oltre la selezione inviata a Brentano, li incoraggiò pubblicare la loro raccolta aiutandoli a trovare un editore. Il 20 Dicembre 1812 Jacob e Wilhelm Grimm, pubblicarono Kinder und Hausmärchen (Le fiabe del focolare, note come Fiabe).
A questa pubblicazione ne seguirono molte altre, arricchite di volta in volta di nuove storie. Le vecchie nel tempo furono eliminate o riesaminate e modificate, fino ad arrivare nel 1857, anno dell’ultima pubblicazione, a un totale di 200 fiabe. L’obiettivo di Jacob e Wilhelm era di voler ricordare al Volk la sua identità culturale e far prendere coscienza dell’unità nazionale, reclamata a gran voce dal popolo alla monarchia.
Negli anni si è spesso romanzato sulla creazione di queste storie. Su come i due fratelli Grimm avessero vagabondato (riprendendo il concetto caro al romanticismo della Wanderer) inoltrandosi nei villaggi e nelle fattorie per cogliere a fondo il folklore tedesco tramandato di generazione in generazione, e ricostruire l’autentico passato “volkish” della Germania; o su come si fossero addentrati nei boschi per entrare in contatto con i Moosleute (il cosiddetto piccolo popolo fatato).
Dorothea Viehmann aiuta i fratelli Grimm
Per le prime edizioni del 1812/1815 Jacob e Wilhelm furono aiutati da numerose donne delle media borghesia o dell’aristocrazia, che conoscevano le fiabe pervenute loro tramite i domestici e le bambinaie. Ma a dare ai Grimm, ben 40 storie fu una popolana, l’anziana Katharina Dorothea Viehmann.
La donna di Niederzwehren (vicino Kassel, città d’origine dei fratelli) fornì loro gran parte del materiale per la seconda pubblicazione di fiabe del 1815. Dorothea, figlia di un locandiere olandese, per tutta la sua infanzia ebbe modo di ascoltare storie, racconti popolari, leggende e miti degli ospiti di suo padre provenienti da ogni parte della Germania, ma non solo, il suo repertorio di fiabe poté considerarsi quasi internazionale, vista anche l’origine interculturale della sua famiglia.
Appare anche piuttosto evidente che i fratelli Grimm conoscessero le fiabe e i racconti popolari di altri autori europei: Gian Francesco Straparola e Giambattista Basile per l’Italia, Charles Perrault, Marie-Chaterine d’Aulnoy per la Francia, nonché Johann Karl August Musäus con la sua prima raccolta di storie popolari tedesche in stile satirico Volksmärchen der Deutschen.
I Grimm tra censura e viaggio dell’Eroe
I racconti delle prime versioni non furono pensati per un pubblico di minori, ma intesi più come manuale educativo (Erziehungsbuch) perché i racconti richiamavano i valori fondamentali del popolo germanico attraverso la narrazione. Il Professor Heinz Rölleke (1936-2023), importante germanista specializzato sui Fratelli Grimm, afferma infatti che le fiabe del 1812 sono molto più crude e autentiche di quelle delle successive pubblicazioni, e ciò dipese ovviamente dall’ambiente socio-culturale nel quale si svilupparono (1700 circa).
Giovani protagonisti in conflitto con i propri genitori, bambini abbandonati, giovani donne perseguitate, rivalità tra fratelli, pericolosi predatori e perfidi sovrani che abusano dei propri poteri: vi ricordano qualcosa? Ah sì, i cari e bei racconti biblici.
L’ultima raccolta del 1857, che comprendeva ben 210 fiabe, presentò sostanziali differenze. Mancavano i racconti di chiara ispirazione francese e italiana, perché non godevano il favore dei lettori, e le storie di incesto (Das Mädchen ohne Hände), abusi su minori (Schneewittchen), sesso prematrimoniale (Rapunzel), morte (Frau Trude) furono epurate. Comparvero spiccati riferimenti alla fede cristiana, con frequenti rimandi a Dio che rimpiazzò le fonti magiche e il Diavolo in persona che sostituì la figura del padre violento e pedofilo.
Ciò che rimase però era il messaggio di Menschlichkeit (umanità, compassione e amore reciproco), la bontà e la gentilezza venivano premiate mentre crudeltà ed egoismo punite. Per ottenere il lieto fine (quando presente), l’eroe deve essere messo alla prova. Le fiabe dei fratelli Grimm includevano il Viaggio dell’Eroe (un tema importante che si trova nei miti e nelle fiabe popolari di tutto il mondo) e che contiene la partenza, l’iniziazione e il ritorno.
Prendiamo ad esempio La bella addormentata nel bosco, che ha in realtà ben poco a che fare con il lungometraggio di Walt Disney. Nessuna fanciulla allevata da fatine, nessun amore sbocciato danzando sotto le fronde degli alberi e nessun drago da sconfiggere.
La bella addormentata diventa tedesca
La fiaba Dornröschen (Rosaspina) viene da Charles Perrault dalla Francia e fu narrata a J. E W. Grimm da Marie Hassenpflug, scrittrice borghese di origini ugonotte. A seguito dell’editto di Potsdam del 1685, Federico Guglielmo di Brandeburgo invitò gli ugonotti francesi a stabilirsi nelle terre del suo regno, dopo che Luigi XIV li aveva resi nuovamente bersaglio di persecuzioni (con la revoca, il 18 Ottobre 1865, dell’editto di Nantes che dal 1598 aveva concesso ai protestanti la libertà religiosa). Ciò spiega il motivo per cui il folklore tedesco si amalgamò alle fiabe transalpine.
Nonostante avesse chiare similitudini con la versione di Perrault (La Belle au bois dormant del 1697 contenuta ne I racconti di mamma Oca), Dornröschen non fu rimossa dalla raccolta del 1857 perché Wilhelm credette di vedere in essa un parallelismo con la mitologia germanica, in particolare con la figura di Brunilde (Saga dei Völsungar).
La leggenda narra che Brynhild, una delle più belle e valorose Valchirie (vergini guerriere), è punita per la sua caparbietà da Odino, che la punge con la “spina del sonno” e la relega sulla cima di un monte circondata da un muro di fuoco. A salvare la virginea creatura, cinta di elmo e corazza, dal sonno eterno è Sigfrido (eroe del Nibelungenlied e del Ciclo dei Nibelunghi).
La storia di Rosaspina però ha delle origini ancor più lontane. Sembra che essa provenga dal testo anonimo francese del 1340, Le Romam de Perceforest, un romanzo cavalleresco in prosa che narra il singolare amore tra Troilo e Zellandina, e la cui trama ispirò Giambattista Basile per il racconto Sole, Luna e Talia contenuto nel Pentamerone (1634).
Nella versione di Basile, come accade nella storia di Troilo e Zellandina, il principe non sveglia la sua bella ma la deflora e la rende gravida nel sonno. A risvegliare Talia dal sonno eterno sono i due gemelli concepiti a seguito della violenza subita. Niente crudezza nella fiaba dei fratelli Grimm che, concludendosi con un matrimonio, cambia il finale della fiaba francese (la quale prevedeva atti di cannibalismo verso la figlia di Rosaspina, Aurora, da parte della suocera).
L’intento moraleggiante di Perrault (tutti I racconti di mamma Oca ne hanno uno) che invitava le giovani donne ad attendere un uomo di sani principi e a non far prevalere l’istinto concedendosi immediatamente, venne presumibilmente rimosso dalla tradizione orale tedesca perché distoglieva l’attenzione dal tema del sonno magico e toglieva potenza al racconto.
I fratelli Grimm resero il racconto di Rosaspina quanto più tedesco possibile, portando l’attenzione il più possibile sulla natura misteriosa del bosco di rovi attorno al palazzo della bella addormentata, sui doni delle sagge fate (weise Frau, ovvero le levatrici a cui erano attribuiti poteri magici), sul sonno dell’intero palazzo, sul principe che sfida le insidie del bosco e dona un bacio salvifico alla principessa.
I fratelli Grimm vs Charles Perrault
Bruno Bettelheim (1903-1990) inaugura l’interpretazione psicoanalitica delle fiabe, scontrandosi con i vari intenti moralistici e le censure.
Prima di continuare devo precisare che conosco l’opera dello psicoanalista austriaco grazie a mia madre, appassionata lettrice del racconto fiabesco, e che fortunatamente non è come le madri delle fiabe dei Grimm, le quali ordiscono complotti perché spesso gelose dei propri figli biologici, e poco gli importa se devono fare qualcosa di malvagio per far accadere le cose.
Secondo Bettelheim molte storie di Perrault, troppo esplicite e forzatamente moraliste, privano i bambini della possibilità di comprendere i conflitti interiori che sperimentano nelle fasi del proprio sviluppo spirituale e intellettivo. Cappuccetto Rosso, ad esempio, da emblema dei conflitti di matrice edipica che si riattivano durante la pubertà diventa la sciocca che cede alle sue voglie senza alcuna reazione: si ferma a dare confidenza a uno sconosciuto (il lupo) e di fronte a una diretta ed evidente seduzione (l’invito ad infilarsi nel letto) non fa nulla per sfuggire.
Nella versione ammonitoria di Perrault le belle ragazze che danno confidenza ai seduttori non devono meravigliarsi se poi sono aggredite e divorate o inseguite per strada da lupi famelici che si nascondono bene anche nelle loro case.
Bettelheim reputa che, al contrario, le versioni dei Fratelli Grimm siano più affascinanti perché ricche di simbologie ben celate e poco evidenti, che arrivano molto più intensamente perché lasciano alla fantasia del bambino il se e il come applicare a sé ciò che la storia rivela sulla vita e sulla natura umana (nel caso di Cappuccetto Rosso, quello di non farsi ingannare, aprire bene gli occhi per non cadere vittima delle insidie della vita). In Rotkäppchen la piccola è ingenua, non teme il mondo e lo sperimenta, si espone al pericolo, segue l’istinto anziché la ragione e si lascia ingannare dal lupo facendosi salvare dal buono e valoroso Cacciatore, che infligge al lupo una meritata punizione.
La lettura fondamentale nella crescita
Nella interpretazione psicoanalitica di Bettelheim le fiabe non producono aggressività o paura perché non vogliono descrivere il mondo esterno o la realtà, né far credere ai bimbi che siano specchio della quotidianità. Il catartico “C’era una volta” trasporta i piccoli in una dimensione che è distante della concretezza, nel mondo della fantasia e delle cose immaginarie. I bambini sanno nel loro inconscio che la strega, l’orco non sono reali, a loro interessa sapere se il principe è buono o il ranocchio cattivo perché la preoccupazione più reale per il bambino è la domanda: “Era bravo? Era malvagio?”.
Perciò leggete le fiabe ai vostri bimbi, per quanto violente o cruente esse siano, la realtà è ben peggiore e i ragazzini sanno essere più cattivi del lupo. La lettura salva, aiuta a comprendere i turbamenti interni, a reagire in determinate situazioni, ci rende più consapevoli di noi stessi e delle nostre potenzialità. Fate questo favore a voi in primis, leggete e siate degli esseri umani migliori, e poi fatelo per i bambini perché la fiaba li aiuta a capire che tutte le paure possono essere affrontate e che il drago può essere ucciso.