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Furiosa: a Mad Miller saga

Furiosa: a Mad Max Saga

Vedere Furiosa al cinema equivale a strafarsi di sonoro come un cammello. Perdonate l’espressione un po’ colorita ma, se andate in sala Energia all’Arcadia di Melzo (MI), sentirete vibrare tutto oltre alle orecchie. George Miller, classe 1945, dà ancora il mille per mille e ci regala adrenalina pura per 148 minuti, dirigendo l’azione vera, tra coreografie acrobatiche ed esplosioni da mozzare il fiato.

L’operazione di rilancio del genere post-apocalittico iniziata con Interceptor continua e funziona. Per approfondire l’argomento vi rimando all’articolo di Riccardo De Franco, che ha ricostruito la cronologia delle uscite (tra pellicole, fumetti e videogiochi) della Mad Max Saga, che appassiona generazioni dal 1979.

Dal canto mio, vi parlerò degli ultimi due film, Fury Road e Furiosa, raccontandovi qualcosa del regista e di due attori che, per i motivi che spiegherò strada facendo, mi piace definire emergenti. Accendiamo il secondo motore e partiamo (avviso: spoiler presenti).

 

Una scena di Furiosa
Anya Taylor-Joy in una scena di Furiosa

 

Babe, maialino furioso

George Miliotis nasce a Chinchilla il 3 Marzo del 1945 da una famiglia greca emigrata in Australia, che aveva inglesizzato il cognome in Miller. Nonostante sia cresciuto tra fumetti e film proiettati in sala, si iscrive alla facoltà di medicina del New South Wales e nel 1972 comincia a esercitare la professione in pronto soccorso, ma il richiamo del cinema si fa sentire.

Durante gli studi, conosce il regista amatoriale Byron Kennedy con cui, nel 1973, fonda la Kennedy Miller Productions, piccola casa con cui lanciare cortometraggi sperimentali. È così che nasce Mad Max, distribuito in Italia con il titolo Interceptor, dal nome del motore V8 su cui sfreccia l’esordiente Mel Gibson nei panni di Max Rockatansky. Riveduto e corretto per passare la censura, il film viene demolito dalla critica statunitense ma, a livello internazionale, incassa più di 100 milioni di dollari entrando nel Guinness dei primati come il film a basso costo che ha guadagnato di più nella storia del cinema. Sarà superato soltanto da The Blair Witch Project nel 1999.

Piccola curiosità: Mel Gibson era al casting del film per accompagnare l’amico Steve Bisley e si era presentato con un occhio nero perché la sera prima aveva preso parte a una rissa in un bar. Andò a finire che presero lui per la parte del protagonista e non l’amico, che dovette “accontentarsi” del ruolo del poliziotto Jim Goose (che nella pellicola è, guarda caso, il migliore amico di Max).

 

George Miller

 

A Interceptor seguono altre due capitoli che consacrano Miller come autore di fantascienza post-apocalittica tanto che, nel 1983, Steven Spielberg lo chiamerà a dirigere il quarto episodio di Ai confini della realtà, Terrore ad alta quota.
Sei anni dopo, l’amico e collega Kennedy muore in seguito a un incidente in elicottero e per Miller si apre un periodo di crisi. Cambia genere e gira pellicole belle, ma inaspettate:

E arriviamo, finalmente, al maialino più amato dalle famiglie degli anni Novanta, Babe. Nel 1998, Miller cambia nuovamente registro e prende in mano il progetto di Chris Nooan. Dirige il sequel di Babe maialino coraggioso (1995), portandolo a vivere mirabolanti avventure in città e così si avvicina all’animazione. Infatti, nel 2006 Miller scrive, dirige e produce il musical di animazione Happy feet con cui porta a casa l’Oscar per il miglior film animato.

Nulla da ridire sui film per bambini o famiglie, il mercato ha bisogno anche di quello, ma…  parliamo di film in cui un maialino fugge da un capo all’altro di una fittizia città che dovrebbe chiamarsi Megalopolis e di pinguini che ballano nell’Antartide. Perché, George? Perché…   per pagarsi Fury Road.

 

Babe va in città

 

Mad Max: Fury Road (2015)

Credo che Miller, per tutta la sua carriera, abbia sempre conservato in un cassetto l’idea di proseguire la saga di Mad Max perché l’action mozzafiato è il genere in cui meglio si riconosce e può dimostrare la sua genialità. Dopo trent’anni, Miller rilancia la saga con Tom Hardy nei panni del poliziotto Max Rockatansky e Charlize Theron in quelli della Figlia della Guerra, Furiosa.

 

La trama

In un futuro post-apocalittico, Max vaga nel deserto australiano con la sua V8 Interceptor e viene catturato per diventare donatore universale di sangue e rinvigorire, con continui salassi, i Figli di Guerra comandati da Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne). Il capo della Cittadella usa le scorte idriche per governare la comunità alla fine della Fury Road, ma non dispone di carburante, quindi si rifornisce di benzina dalla vicina Gas Town con una blindocisterna guidata da Furiosa.

La donna decide di salvare dalla schiavitù le cinque mogli di Joe, destinate a partorire continuamente nuovi Figli di Guerra, e dirotta il veicolo per scappare, ma viene intercettata da Joe che manda uno dei suoi, Nux (Nicholas Hoult), all’inseguimento. Il ragazzo ha bisogno di un gran numero di trasfusioni per cui Max viene legato alla parte anteriore della sua vettura, mentre inseguono Furiosa e finiscono rovinosamente in una tempesta di sabbia elettromagnetica.

 

Tom Hardy in una scena di Mad Max: Fury Road

 

Ripresosi dall’incidente, Max riesce e fuggire da Nux, raggiungere la blindocisterna e prenderne possesso, ma è costretto a portare con sé Furiosa e le mogli di Immortan Joe che, nel frattempo, è stato avvisato da Nux della direzione che hanno preso i fuggitivi. Il capo della Cittadella chiede rinforzi rivolgendosi al Mangiauomini (John Howard) di Gas Town e al Fattore (Richard Carter) di Bullet Farm e, insieme, partono alla ricerca di Max, Furiosa e le sue mogli.

Furiosa racconterà a Max che il suo obiettivo è giungere al Luogo Verde delle Molte Madri dove viveva da bambina, circondata da affetto e risorse idriche e alimentari, ma scoprirà che quella terra non esiste più e che, ormai, è diventata un posto inabitabile e ostile. A questo punto, l’unica speranza sta nel ricreare quel luogo, trovando un altro posto in cui piantare i semi che una delle Tante Madri ha conservato e le ha donato prima di morire.

Tallonati dai nemici, Max e Furiosa riescono a uccidere Immortan Joe, agganciando il respiratore che lo tiene in vita al veicolo e strappandolo via. Nella ressa, morirà anche Nux, sacrificatosi per salvare la blindocisterna con il suo equipaggio in un gesto di eroismo e generosità. Di ritorno alla Cittadella, Furiosa è salutata come una liberatrice e disseta la comunità con l’acqua sempre centellinata dal despota ormai deceduto, mentre Max si allontana e riprende il suo cammino solitario verso l’ignoto.

 

Immortan Joe

 

Un action d’autore

Mad Max: Fury Road ovvero l’assalto alla diligenza di un western di altri tempi. La struttura portante del film è semplice, se vogliamo: la blindocisterna viene assalita per tre volte in centoventi minuti e questo scandisce il ritmo di un film d’azione che non rallenta mai e ti costringe a rimanere attaccato allo schermo fino all’epilogo.

Lame rotanti, fiamme, kamikaze, lamiere che si accartocciano, una buona dose di splatter che non fa mai male (vedi il feto deforme sbattuto in faccia allo spettatore) e quel tocco di genio: il musicista punk-apocalittico (iOTA) su una specie di carrozzone carnevalesco che lancia fiamme mentre suona la chitarra. Ecco gli ingredienti di un film che narra per immagini, sfruttando i primissimi canali di comunicazione del mezzo cinema: la vista e l’udito.

Questo basterebbe per rispondere alle critiche che lo hanno stroncato come privo di trama, quando invece una trama esiste; non ci è narrata o raccontata con inutili spiegoni, ma va compresa senza nemmeno troppi sforzi cerebrali. Senza nulla togliere al genio indiscusso di George Miller, ma non si tratta di una sceneggiatura scritta da David Lynch o Christopher Nolan…

 

Mad Max: Fury Road

 

Con un budget iniziale di 100 milioni di dollari, Miller ha impiegato così tanti anni a girarlo per problemi logistici legati al set non indifferenti: l’attentato dell’11 settembre, la guerra in Iraq e, quando tutto sembrava pronto, un’abbondante pioggia ha trasformato l’area desertica del Nuovo Galles del Sud in una valle fertile e rigogliosa. A quel punto Mel Gibson, che era stato chiamato a rivestire i panni di Max, ha abbandonato il progetto e Miller ha dirottato su Tom Hardy. E spostato il set in Namibia.

A voler trovare un neo nel film d’azione migliore degli ultimi anni, si potrebbe parlare proprio dell’interpretazione di quest’ultimo, un po’ scialba e sicuramente non all’altezza di Charlize Theron, che qui ha dato il meglio di sé, ma va considerato anche che Hardy ha qui un ruolo secondario rispetto alla collega. Nonostante ciò, il film ha incassato quasi 400 milioni di dollari e ha vinto sei statuette agli Oscar su dieci candidature tra cui miglior montaggio, sonoro, scenografia e costumi.

 

Furiosa: A Mad Max Saga (2024)

Scrivo l’articolo il giorno dopo aver visto la pellicola al cinema, ancora galvanizzata dal livello di adrenalina che l’esperienza offre. Film di questo tipo devono necessariamente esser visti sul grande schermo perché una buona percentuale della loro grandezza sta nel sonoro che è una gioia per le orecchie. Miller sa come sfruttare al meglio le potenzialità del cinema.

 

La trama

Il film è diviso in cinque capitoli che coprono un arco narrativo che va dall’infanzia di Furiosa alla sua vita nella Cittadella.

1. Il polo dell’inaccessibilità: un gruppo di motociclisti scopre il Luogo Verde delle Molte Madri e una giovanissima Furiosa (Alyla Browne), nel tentativo di sabotarli, viene rapita. Dopo aver lanciato un messaggio di soccorso, sua madre Mary Jo Bassa (Charlee Fraser) si mette sulle loro tracce per salvare la figlia, ma si imbatte in Dementus (Chris Hemsworth), leader del gruppo, che ne ordina l’esecuzione davanti agli occhi innocenti della bambina.

2. Lezioni dalle Terre Desolate: Dementus raggiunge la Cittadella durante una delle sua scorribande e minaccia il capo Immortan Joe (Lachy Hulme) di sollevare una rivolta qualora non gli ceda le provviste di acqua di cui dispone. Joe accetta a patto di tenere con sé il dottore Organic Mechanic (Angus Sampson) e la piccola Furiosa, per renderla una delle sua mogli. Di notte, circuita dal figlio di Joe, Rictus Erectus (Nathan Jones), fugge e si infiltra tra i meccanici della Cittadella dove vivrà da clandestina per qualche anno, rasandosi e indossando abiti maschili per camuffare la sua identità.

 

Alyla Browne e Chris Hemsworth in Furiosa: A Mad Max Saga

 

3. La clandestina: Dementus ha conquistato Gas Town e Bullet Farm per assicurarsi rifornimenti di benzina da una parte, armi e munizioni dall’altra, ma ha mandato in rovina entrambe le comunità. Furiosa è diventata un meccanico esperto della Cittadella e assiste alla costruzione della blindocisterna che servirà a fare il pieno di carburante dagli avamposti delle Terre Desolate. A guidare l’imponente veicolo verso Gas Town è Pretoriano Jack (Tom Burke) che sopravvive, insieme a Furiosa, a un assalto organizzato dall’Orda di Dementus.

4. Verso casa: Furiosa rivela a Jack le sue origini e gli mostra la mappa astronomica che ha tatuato da bambina sul braccio sinistro, unica modo per ritrovare casa sua ma, caduti in un’imboscata di Dementus, uno perderà la vita, l’altra proprio quel braccio. Tornata alla Cittadella – e osservata da lontano da Max Rockatansky (Jacob Tomuri) –  parlerà a Joe dei subdoli piani di Dementus che è intenzionato a convergere sulla Cittadella con tutte le forze di cui dispone per espugnarla.

5. Oltre la vendetta: sostituito il braccio con una protesi meccanica, Furiosa parte alla ricerca di Dementus per ucciderlo in modi misteriosi divenuti leggendari. Qualcuno narra lo abbia nascosto sulla sommità della Cittadella e lo abbia usato come fertilizzante naturale per far crescere un albero di pesche da un seme donatole dalla madre prima di morire. Approfittando di uno dei viaggi della blindocisterna, decide di liberare le mogli di Immortan Joe da sevizie e prigionia, nascondendole al suo interno per poi partire verso la libertà. Forse.

 

Anya Taylor-Joy in una scena di Furiosa

 

Un prequel con pregi e difetti

Dopo quasi dieci anni di attesa, Miller dirige un ottimo prequel che è assieme uno spin-off, raccontandoci la storia di Furiosa, dall’infanzia negata al momento in cui decide di donare la libertà alle cinque mogli di Immortan Joe. In questo modo si aggancia perfettamente a Fury Road del 2015 e ci fa capire meglio la rabbia che scuote la Theron Furiosa, rasata, col braccio meccanico e cazzutissima.

Purtroppo, però, le attese sono state tradite e l’uscita del film ha segnato il peggior Memorial day degli ultimi anni. Se il primo capitolo aveva incassato 16 milioni di dollari soltanto il primo giorno, Furiosa ne conta poco più di 10 e rischia di essere superato da Garfield – Una missione gustosa.

Cosa non va nel film? Personalmente e come ho già scritto, lo reputo un buon prodotto che, nonostante superi di mezz’ora il precedente, non annoia e non cala mai nel ritmo. Le critiche che sento muovere in questi giorni, riguardano le performance della Taylor-Joy e la presenza di qualche dialogo in più rispetto al precedente. Ecco, Furiosa è tacciato come eccessivamente narrativo.

 

Furiosa: a Mad Max Saga

 

Mi sento di dissentire sia per uno che per l’altro aspetto. Anya Taylor-Joy è un’attrice giovane che più di una volta ha dimostrato di essere all’altezza di grandi produzioni e ruoli impegnativi (vedi, The VVitch di R. Eggers del 2015, e Split di M.N. Shyamalan del 2016) e occorre anche ricordare che reggere il confronto con un’attrice del calibro di Charlize Theron non è semplice.

In merito alle eccessive parti dialogate, vi rimando alla personalissima polemica nell’ultimo paragrafo dell’articolo.

 

 

Il provino di Anya Taylor-Joy

George Miller ha notato la ventottenne Anya Taylor-Joy in una delle sue ultime interpretazioni, Ultima notte a Soho (Edgar Wright, 2021) e ha deciso di provinarla dopo lunghe ricerche per la sua giovane Furiosa. L’attrice ed ex-modella statunitense ha portato il famoso monologo tratto da Quinto potere (1976) di Sidney Lumet e interpretato da Peter Finch nei panni di Howard Beale.

Con quegli occhi enormi e profondi e quei lineamenti spigolosi, si presta a parti laconiche dove a parlare deve essere l’espressività. In Furiosa, infatti, aveva trenta righe scarse da recitare e, davanti alle iniziali difficoltà, racconta di come il regista l’abbia instradata per far del suo meglio: “[···] bocca chiusa, nessuna emozione, parla con gli occhi. Questo è tutto, è tutto ciò che hai”.

Probabilmente il corpo minuto e quella fisicità esile che la fa sembrare un’eterna adolescente non si addicono al ruolo di Furiosa, ma è anche vero che qui si ripercorre la sua giovinezza e probabilmente dobbiamo prendere per buone le parole di Pretoriano Jack che la definisce grezza, ma di una brutale determinazione.

 

 

Il Chris Hemsworth che ci piace

Prima di vedere Furiosa in sala, avevo non pochi dubbi sulla partecipazione di Chris Hemsworth al film che, dal Ghostbusters di Paul Feig (2016), ha fatto delle scelte cinematografiche un po’ discutibili e, dopo la morte di Tony Stark, si è ripreso a fatica.

Durante la proiezione, però, la sua interpretazione mi ha sinceramente divertita e ho apprezzato il suo personaggio bizzarro e a tratti follemente crudele, ben calato nel contesto e diretto ancora meglio. Ma Dementus è anche più di questo perché si fa portavoce di un nichilismo che non vede speranza alcuna, nel genere umano e nelle risorse di cui dispone. “Quando il mondo impazzisce ti devi adattare” è la massima di cui si fa portavoce chi cerca di dominare con un orsetto di peluche incatenato alle braghe mentre mutila e dà uomini in pasto ai suoi cani.

Un personaggio misterioso che incanta con il suo naso posticcio e sorprende con il suo imprevedibile sadismo. Un ruolo che calza a pennello per Hemsworth e il suo fare istrionico che i fan del Marvel Cinematic Universe, tra alti e bassi, hanno imparato a conoscere.

 

Chris Hemsworth

 

Cosa vogliamo da Miller (e dal cinema)?

George Miller ha dichiarato di avere in programma alcuni prequel sui diversi personaggi del franchise, soprattutto su Max Rockatansky, che potrebbe tornare presto sugli schermi. C’è un progetto nel cassetto da molto tempo che si incentrerebbe sul suo personaggio.

«Per quanto riguarda la direzione che stiamo prendendo, c’è un racconto di Max nell’anno precedente a quello in cui lo incontriamo in “Fury Road”, che abbiamo ancora. Non voglio portare sfortuna, ma è la storia che chiamiamo “Max in the Wasteland”, e analizza ciò che lo ha forgiato come personaggio. Se i pianeti si allineano, mi piacerebbe farlo.»

La pellicola, però, sembra allontanarsi sempre di più, visti gli incassi deludenti di Furiosa. Ora, mi pongo una domanda. Che genere di film vogliamo vedere al cinema? Troppo spesso sento demolire pellicole autorevoli come troppo lente e con troppi dialoghi. Tralasciando il fatto che il dialogo, le parole, la lingua, le battute sono i mezzi più importanti per veicolare informazioni, intenzioni, messaggi e chi più ne ha più ne metta, è ovvio che film come Povere creature (Yorgos Lanthimos), Perfect days (Wim Wenders) o Anatomia di una caduta (Justine Triet) basino la loro fruizione sul dialogo, che può essere più o meno intenso.

Sono film impegnati e impegnativi per motivi differenti, che prevedono una certa predisposizione o abitudine al genere entro cui si iscrivono, ma uno spettatore conscio dei propri gusti sa cosa vuole vedere e come vuole essere intrattenuto; se sono invisa alla lentezza discorsiva, eviterò per certo determinati film, previa informazione sugli stessi, e sceglierò qualcosa di più leggero, dove domina l’azione.

Il mio non vuole essere un discorso denigratorio nei confronti di quest’ultimo genere, sono fan accanita dei film di Jason Statham perché abbiamo bisogno anche di puro intrattenimento. Vorrei solo capire la logica dello spettatore medio (in cui rientro anche io a pieno titolo) che, a quanto pare, trova lenti perfino film come Godzilla x Kong – Il nuovo impero perché gli umani spiegano cosa accade. Beh, che lo facciano i kaiju mi sembra cosa assai improbabile.

 

 

E allora togliamo i dialoghi e diamo al pubblico un film dove l’azione fa da padrona e Tom Hardy parla sì e no per quattro minuti ed ecco che…  succederà il miracolo? No, sarà ugualmente criticato perché non vi è trama alcuna. Qualcosa non torna, mancano dei pezzi e proprio non capisco cosa ci si aspetti da un film. Ho come l’impressione che siamo diventati tuttologi pronti a puntare il dito con estrema superficialità, senza contestualizzare un film, calarlo in un genere e, soprattutto, ho la continua conferma che non abbiamo più voglia di capire, andare al di là di ciò che vediamo e informarci.

Fury Road non ha una trama e nessuno parla mai? Bene, nell’ultima parte di Furiosa c’è un bel botta e risposta sul senso della vendetta tra i due protagonisti e questo sembra non essere piaciuto al pubblico perché va a smorzare il tono da cardiopalma dei centoventi minuti precedenti. Allora, cosa vogliamo?

Riuscirai a rendere questo momento epico?” dice Dementus a Furiosa e sembra quasi che Miller parli a se stesso perché un regista come lui, che investe tutto se stesso dopo dieci, venticinque o trent’anni per fare vero cinema, rincorre maialini e fa ballare pinguini pur di dar forma al suo progetto, dubita sempre del suo lavoro e chiede la sua approvazione al grande pubblico, sfondando la quarta parete e parlandoci direttamente.

Comunque sia, la risposta è si, caro George. Ancora una volta hai reso “quella volta al cinema” epica. Quanto al pubblico insoddisfatto, viene voglia di dare a tutti un foglio bianco, una penna e aspettare che scrivano la sceneggiatura del secolo.

 

Max Rockatansky
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