Ghost in the Shell: Mito senza tempo

Ghost in the Shell, manga scritto e disegnato dal maestro Masamune Shirow, è sicuramente una delle opere più visionarie del ventesimo secolo, in grado di influenzare un genere tanto particolare come il cyberpunk.

Il successo globale è arrivato solo con il lungometraggio d’animazione del 1995 diretto da Mamoru Oshii, che ha dato modo al grande pubblico di conoscere il suo lavoro. Per capire realmente questo capolavoro però – perché di ciò si tratta – bisogna innanzitutto comprendere l’opera cartacea e le innumerevoli tematiche che essa analizza capitolo dopo capitolo.

Una doverosa puntualizzazione

Mi preme fare una considerazione. Non voglio affermare che l’opera di Mamoru Oshii non sia bella quanto il manga. Tuttavia sarebbe inesatto affermare che la trasposizione del 1995 si possa definire in tutto e per tutto la sorella gemella della sua fonte cartacea.

I lavori sono ideati per due tipi di fruitori differenti, poiché la complessità del manga non poteva essere riproposta sul grande schermo con la stessa accuratezza nei contenuti. Ad esempio nella trasposizione animata l’indiscussa protagonista è Motoko Kusanagi, spalleggiata dalla squadra della Sezione 9.

 

Motoko Kusanagi
“Che siano esperienze simulate o sogni, le informazioni sono al tempo stesso realtà e fantasia. In ogni caso, tutti i dati che una persona accumula durante il corso della propria esistenza non sono che una goccia nel mare.” [dal lungometraggio di animazione del 1995]

Il manga invece è un lavoro narrativo più complesso, più articolato. Ci mostra la confusione di un mondo con criticità politiche, sociali e culturali di una società estremamente fragile a livello di rapporti diplomatici, e più in generale di relazioni interpersonali. Tuttavia il rispetto con cui sono trattati i temi fondanti dell’opera è un vero tributo poetico al lavoro di Shirow, che il regista Oshii intensifica concettualmente a livello visivo, oltre che con la pregevole analisi dell’elemento empirico.

Pensiamo ad esempio all’iconica scena in cui Batou domanda a Motoko l’utilità di nuotare visto il suo stato di essere meccanico, ma soprattutto la curiosità di capire che sensazione provi a immergersi nelle profondità del mare.

Non possiamo non notare a questo punto l’espressione sconsolata della protagonista che precede la risposta, come se il collega abbia toccato un nervo scoperto, soffermandosi sulla moltitudine di stati negativi. Più importante però è la riflessione seguente in cui confida di sentirsi disorientata, di non avere certezza dei suoi ricordi e di qualsivoglia rimembranza di passato vissuto.

 

Ghost in the shell
“Chiunque se fosse un cyborg con il corpo totalmente artificiale si porrebbe questa domanda. E se in realtà io fossi già morta da tempo e l’attuale me stessa avesse una personalità simulata composta da un cyber brain e un corpo artificiale? Anzi, ti dirò di più: e se per caso il mio Io non fosse mai esistito fin dall’inizio?”

 

Se aggiungiamo la meravigliosa colonna sonora di Kenji Kawai, che prova a esaltare il tutto con musiche nostalgicamente primordiali, ma al contempo proiettate al futuro, il gioco è fatto. Il compositore è abile nell’esaltare la tematica più importante su cui si fonda l’opera: l’elemento spirituale, anello di congiunzione tra mente e corpo.

Lo spettatore a quel punto si lascia cullare dalle melodie ipnotiche, immergendosi nell’essenza di un prodotto che a livello percettivo è un’esperienza totale, in grado di trasmetterci sensazioni trascendentali. Uno dei più fulgidi esempi di sinergia tra suoni e immagini nell’animazione giapponese.

 

 

 

Certo, se parliamo di mera comprensione allora i due prodotti poggiano su due schematizzazioni narrative differenti, ma resta il fatto che da un punto di vista puramente interpretativo – per i concetti filosofici che sono il seme da cui germoglia l’idea di partenza – possono coesistere ed essere l’uno la spina dorsale dell’altro.

Resta il fatto che a prescindere se si guardi il lungometraggio d’animazione o si legga il manga, Ghost in the Shell non può che essere definito un cult nel panorama cyberpunk. Per la sua forma di narrazione avveniristica capace di comunicare come poche altre opere sono in grado di fare, grazie al soggetto granitico su cui si fonda.

 

Sinossi

Nel distopico futuro di Ghost in the Shell la società umana è entrata talmente tanto in simbiosi con la tecnologia da esserne totalmente assuefatta a ogni livello: culturale, sociale, lavorativo e in ogni altro ambito della vita.

La trama in sé è il più classico dei polizieschi. In un futuro dominato dal sintetico, il Giappone, si trova in un momento di tribolazioni diplomatiche di non poco conto; a ciò si aggiunge l’ulteriore grana della comparsa sul territorio di un cybercriminale soprannominato “il Burattinaio”. Questo strano individuo comincia improvvisamente ad hackerare i Ghost (corpo meccanico con cervello umano) per prenderne il controllo a suo piacimento e fargli commettere crimini di vario genere.

In medias res ci viene presentata la Sezione 9, alla cui guida troviamo il maggiore Motoko Kusanagi: una task force governativa specializzata nella lotta contro tutte le minacce di matrice terroristica che attentino alla sicurezza nazionale. Motoko si troverà ad indagare con la sua squadra per raccogliere gli indizi lasciati dalla criptica figura del Burattinaio, intento nella sua opera di incrinare la già fragile stabilità di una società sempre più allo sbando giorno dopo giorno.

 

Sezione 9

La filosofia: più di un semplice manga

Senza dubbio possiamo definire Masamune Shirow pioniere di una nuova concezione di cyberpunk. Grazie al suo linguaggio visionario lo strumento narrativo è utilizzato in maniera originale, per raccontare le vicende e far vivere al lettore un’esperienza in cui potersi immergere totalmente.

Ghost in the Shell ha saputo riplasmare un genere, diventando punto di riferimento per tutti quei nuovi autori che si sono voluti interfacciare con questa rielaborata e innovativa narrazione futuristica, in cui l’uomo e la tecnologia sono due facce della stessa medaglia.

Innegabile è il contributo che il mangaka ha fornito con il suo lavoro a livello culturale, ponendosi come corrispettivo moderno di modelli decisamente più classici di cyberpunk (ad esempio William Gibson), come continuatore di precursori del genere come Philip K. Dick o ancora come i padri spirituali della fantascienza più canonica, primo fra tutti George Orwell.

 

Linguaggi innovativi

A livello metalinguistico Ghost in the Shell si pone l’obiettivo di guidare a una comprensione di termini o tematiche di carattere scientifico (che menziona in vari momenti della storia). Questo titolo rientra tra quelli che elevano il manga anche a vera e propria opera di carattere divulgativo, grazie alle innumerevoli informazioni che Shirow tratta, trasmettendo al lettore un’esperienza di apprendimento.

Per questo parliamo di un qualcosa che travalica il semplice intrattenimento, e fonda la sua solidità su una valenza dello studio dei concetti, delle teorie e di argomenti che arricchiscono la narrazione, impreziosendola di contenuti culturali. Ghost in the Shell però non è solo un vademecum di nozioni scientifiche, va ben oltre cercando di esaltare la curiosità più bramosa.

La sua componente filosofica è forte quanto quella nozionistica: una lettura che vuole innalzare lo stesso stato di coscienza, così da far riflettere attentamente i lettori sui concetti profondi racchiusi in esso.

 

Ghost in the shell

 

Riflessioni riguardanti il tema dell’esistenza, e come essa sia una fuggevole chimera perennemente inseguita: un confine tra sintetico e organico talmente sottile da risultare impercettibile in una società ormai popolata da esseri ibridi.

Naufraghi dello stato di coscienza umana, gli esseri umani descritti in questo manga sono una rimembranza sbiadita di ciò che erano, orfani ormai dei più sacri valori, sacrificati per schiavizzarsi volutamente a un fittizio stato bio-cibernetico che li sta spingendo all’autodistruzione morale.

 

Alcune riflessioni

Doveroso a questo punto soffermarsi su come Shirow ponga dei quesiti esistenziali in alcuni momenti chiave della trama generale, con l’intento di far entrare sempre più in connessione il lettore con la storia:

  1. Cosa si vuole intendere realmente per Ghost?
  2. Si può dare una definizione specifica di evoluzione di organismo, anche se esso non è prettamente biologico?
  3. È la nostra esperienza che riflette la nostra esistenza o viceversa?
  4. Se sì, quando capiamo realmente la differenza tra coscienza artificiale e naturale?

Questi sono alcuni dei grandi interrogativi analizzati mediante la suddivisione in capitoli, per illustrarci vari aspetti di questo distopico futuro: questo intreccio narrativo cerca di farci conoscere meglio i personaggi e in generale alcuni eventi topici che essi delineano, e che sono fondamentali per la struttura del racconto.

 

Ghost in the shell

 

 

Conclusioni

Voler comprendere pienamente i contenuti di quest’opera significa fare un patto con l’autore. Accettare il suo stile complesso, spigoloso e stracolmo di nozioni, che a una prima lettura rischia di essere ancora di difficile comprensione. Senza alcun dubbio richiede un certo impegno, ma questo non deve spaventare, semmai essere uno sprone alla curiosità di leggere qualcosa di tanto iconico e popolare.

Ghost in the Shell è un’opera senza tempo, il cui mito non potrà mai morire fino a quando anche un solo amante della fantascienza continuerà ad assaporarne i contenuti e abbracciarne la magia di cui è intrisa. Io stesso ho dovuto leggerlo più volte per riuscire a carpirne appieno il significato, poiché bisogna entrare nell’ottica del valore culturale che rappresenta, e per la sua importanza nel genere. Come esistono libri e libri, così esistono manga e manga.

Masamune Shirow non è uno di quei mangaka che vuole entrare nel cuore del lettore, il suo obiettivo è aprirne la mente ed esserne una guida, che similmente a Virgilio con Dante mostra un sentiero di comprensione nozionistica al disperso fruitore.

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