Goldrake è, senza ombra di dubbio, il primo robottone che salta in mente agli italiani quando si parla di animazione giapponese. Molto apprezzato fuori dai paesi del Sol Levante, è divenuto il terzo ed ultimo capitolo della trilogia di Mazinger. Il primo episodio di UFO Robot Grendizer (nome originale della serie) è stato trasmesso il 5 ottobre del 1975, a ben quarantacinque anni da oggi.
È passato molto tempo da quando i giovani affermavano orgogliosi di “aver visto Goldrake in bianco e nero su Rai 2”, ma ancora oggi il principe dello spazio gode di molto rispetto; la sua alabarda spaziale ha fatto breccia nel cuore del nostro Paese in cui, ogni qual volta vengono riproposti, i DVD della serie vanno a ruba. E diciamocelo, ancora oggi canticchiamo con nostalgia la mitica sigla del cartone!
Forse non sapete però che Goldrake così come lo conosciamo non avrebbe mai dovuto vedere la luce, ma la sua nascita non fu comunque un caso. Ripercorriamo insieme la storia editoriale del suo creatore per scoprire gli avvenimenti che hanno portato alla nascita dell’eroe d’acciaio.
Goldrake e gli UFO – L’eroe dello spazio
Era l’inizio degli anni ’70 e Go Nagai aveva già fatto molto parlare di sé. Introducendo inizialmente l’elemento dell’erotismo nei manga e trattandolo con vena ironica e leggera rispetto agli standard che il Giappone imponeva, fu subito considerato un autore spregiudicato e senza il timore per i censori.
I primi veri problemi arrivarono con la creazione di Mao Dante. Ispirato dalla cultura e religione occidentale, nonché dalle grandi opere italiane come la Divina Commedia del sommo Dante (da cui il protagonista prese il nome), Nagai traspose per la prima volta una versione distopica del nostro mondo, in cui Dio non era il vero Dio, ma un’entità maligna che si cibava della volontà di chi lo venerava. Mao Dante, il Campione dei Demoni, era la controparte “buona” che si opponeva a questa mostruosità.
Inutile dire che la cosa non piacque agli editori, allo Stato e alla Chiesa, che gli chiesero di chiudere l’opera che, ancora oggi, risulta incompiuta. Portando avanti le sue idee iniziali Nagai spezzò Mao Dante, dando vita a diversi filoni e storie che nacquero dalle sue ceneri. I primi due figli di quest’ultimo furono Devilman e Mazinger Z; Devilman fu molto apprezzato, sempre visto con un occhio di malizia a causa del finale, ma consacrato sin da subito come capolavoro assoluto senza tempo. Mazinger Z, invece, non ebbe la stessa fortuna.
Nonostante Mazinger Z fu capostipite del genere mecha – il robottone è tra i più amati sia in Giappone che fuori, ed è ancora oggi imitatissimo e citatissimo nelle serie a seguire – dalla rivista Weekly Shonen Jump (sulle cui pagine vide la luce) giunsero i primi problemi. Secondo gli editori Jump, Mazinger Z aveva una trama troppo complicata per essere capita dai lettori adolescenti e Go Nagai abbandonò la rivista.
Fondò la Dynamic, grazie alla quale riuscì a trasporre una versione “più leggera” delle vicende, riprese poi in un manga completo, ma si andarono a perdere alcuni elementi fondamentali nella trama.
Solo con l’arrivo del Great Mazinger, sequel diretto dello Z, si riproposero i miti greci a cui Nagai si ispirò: riportando alla luce la storia originale, per Nagai l’energia Fotonica altro non era che l’energia residua sul cadavere di Zeus morto per fermare Hades e le sue armate, e i concetti di “dio e demone” tornarono presto perno centrale.
Con la fine del Great Mazinger e la morte del suo pilota Tetsuya Tsurugi (nel primo finale Tetsuya muore per sconfiggere il generale di Hades), Nagai era pronto ad avviare il terzo capitolo della saga di Mazinger.
In Giappone Mazinger e Getter Robot stavano già spopolando e serviva qualcosa di nuovo e fresco. Girano molte voci e speculazioni sull’ipotetico terzo capitolo della saga, qualcuno dice che sarebbe arrivato Mazinkaiser, altri affermano che si sarebbe completato tutto con God Mazinger, mentre altri ancora parlano di un ipotetico ritorno di Koji al comando di un nuovo e più potente Mazinger Z.
Ma non era più necessario conquistare il mercato orientale, serviva un’opera che rapisse anche l’Occidente che, in quegli anni, era affetto dalla febbre degli UFO. La possibilità che visitatori dagli altri pianeti potessero scegliere la Terra come meta di vacanza o prossimo pianeta da conquistare, era un’ipotesi che viaggiò dalla Russia agli U.S.A. e sotto consiglio dei suoi collaboratori, Nagai decise di sfruttare questo filone.
Il nuovo eroe d’acciaio non sarebbe stato legato a divinità o demoni, bensì sarebbe stato il visitatore di un altro mondo, a molti anni luce di distanza. Si sarebbe trattato di un UFO Robot. La scelta di ambientare la serie in America non fu un caso. Essendo gli statunitensi i più appassionati di extraterrestri, non si poté che cavalcare l’onda ed anche per questo UFO Robot Grendizer fu molto più apprezzato all’estero che in Giappone. Dietro la storia di Goldrake si nasconde molto più che una scelta di mercato mossa a conquistare il pubblico occidentale, perchè Nagai seppe legarla perfettamente alla narrativa cavalleresca.
Goldrake – Il poema cavalleresco proveniente da una galassia lontana, lontana.
Goldrake ha goduto di una grande fortuna in Europa oltre che in America, ed in particolare in Francia e in Italia ha dato vita a un fenomeno di costume, che va avanti ancora ai giorni nostri studiato addirittura in alcune facoltà di Sociologia.
L’arrivo di Goldrake ha segnato ufficialmente nel nostro paese l’ingresso degli anime giapponesi nella programmazione televisiva, le sue avventure erano seguite molto più delle soap opera che tenevano gli italiani incollati agli schermi. L’impatto che ebbe fu molto forte perché segnava anche una profonda differenza con i cartoni animati della Warner Bros. o di Hanna-Barbera visti in quegli anni, sia a livello di tematiche che di animazioni.
L’arrivo di serie di questo livello fu l’inizio della battaglia tra animazione occidentale ed orientale, che culminò con lo scontro, nel 1988, tra “Chi ha incastrato Roger Rabbit” e “Akira”.
Ma cosa c’entra l’epica cavalleresca con un UFO Robot? Tutto inizia sul pianeta Fleed, dove il principe ereditario dell’intero regno, Duke Fleed, è costretto a scappare dopo che un popolo invasore sconosciuto ha devastato il suo pianeta. Come successo in molti racconti, l’eroe è un principe che ha perso il suo trono, scacciato come un reietto e costretto a ricominciare in un nuovo regno nascondendo la sua vera identità.
Sì, Duke lavora in un ranch ed è perennemente vestito da cowboy, ma se togliamo questo piccolo occhiolino strizzato alla cultura “Born in the U.S.A.”, ritroviamo tutti gli stereotipi dei più grandi poemi di narrativa occidentale.
Principe rinnegato che si innamora di una popolana che gli da asilo dopo aver perso il suo regno, nelle sue mani stringe l’unica arma capace di fermare gli invasori che minacciano la terra in cui si nasconde, e che sarà pronto a brandire per difendere la sua nuova famiglia.
Come Re Artù, anche Duke è pronto ad estrarre la sua arma per combattere contro le forze del male, ma dove prima avevamo Excalibur, ora abbiamo un’Alabarda Spaziale di trenta metri! Al di là di tutto il principe è pronto a riprendere la battaglia dalla quale era fuggito, non solo per proteggere le persone che ama, ma per riconquistare quell’onore che sente di aver perso con la sconfitta.
Ma chi sono i nemici che minacciano per due volte il principe Fleed? I Vegani, un popolo invasore pronto a giudicare chiunque mangi carn… No, un momento, ho sbagliato Vegani. Provenienti dal Pianeta Vega, i Vegani sono un popolo di conquistatori che ruba la tecnologia del pianeta che li ospita per accrescere la sua potenza bellica, mirando alla sottomissione dell’intero universo.
Con questa trama Go Nagai ribalta due dei concetti su cui si basano buona parte delle sue opere: in primis la tecnologia, che è sempre stata arma di difesa contro le forze del male, diventa ora il punto di forza nemico; i Vegani hanno un arsenale che non può essere fronteggiato dopo la morte di Tetsuya ed il blocco definitivo del Great Mazinger, e l’unico in grado di fermare gli invasori è proprio Duke a bordo di Goldrake.
In secundis si è persa l’ambiguità del cattivo. I personaggi “cattivi” di Nagai non lo sono mai nel senso classico, monodimensionale, e hanno sfaccettature che fanno spesso riflettere sulle loro motivazioni. Qui abbiamo il primo tratto davvero Bianco e Nero su cui molti romanzi occidentali si basano.
Se prima avevamo personaggi dalla psiche deviata (come Tetsuya, Hayato e Ryoma), ora abbiamo un principe senza macchia e senza paura votato al bene, e così si è perso anche il concetto del “MaJin” su cui si basano i Mazinger: “majin” è infatti una parola mista composta dalla parola “ma” (demonio) e “jin” (divinità). Il concetto del “sarai Dio o Demone” ormai non c’è più.
Lo stesso Koji Kabuto, arrivato in America per studiare la tecnologia Fleed, lascerà a Duke il compito di salvare il pianeta. Sarà solo di supporto, non riutilizzando più il Mazinger per difendere la sua terra, almeno fin quando non furono gli stessi Vegani ad utilizzarlo contro Goldrake, ma questa è un’altra storia.
Definito dallo stesso Koji come il “Principe dell’Universo”, Goldrake è stato per molte decadi il più potente robottone proveniente dall’animazione del Sol Levante; capace di muoversi alla velocità della luce e possedendo un potere bellico senza eguali, ha meritato molte volte il primato di “più forte dello spazio”.
Proprio per questo, come già indicato per Excalibur, un’arma così potente non poteva che essere affidata a un eroe dal cuore puro che ha saputo far breccia anche nei nostri di cuori, e che ricordiamo con nostalgia a 45 anni di distanza. Dedicando questo piccolo approfondimento a Duke e Grendizer, anche noi Nova Gulp gli auguriamo buon compleanno!