Himura Kenshin: il guerriero nato due volte

Racconti di ogni genere sono stati realizzati sui samurai (L’immortale, Vagabond, Lone Wolf and Cub, Gintama), ma se dobbiamo analizzare nello specifico una storia che più di altre è riuscita perfettamente ad incarnare l’essenza di cosa voglia dire essere seguace della via della spada –  stuzzicando la curiosità soprattutto del lettore occidentale – non possiamo non soffermarci su una specifica figura: Himura Kenshin.

 

Kenshin samurai vagabonfo

 

Kenshin – Samurai vagabondo straordinaria opera di Nobuhiro Watsuki ha avuto successo anche grazie al particolarissimo codice Bushido che esalta la caratterizzazione del tormentato protagonista: lo stile di vita contraddistinto dal codice di condotta che ogni samurai o ronin (un samurai decaduto senza padrone) deve seguire.

 

Dal generale al particolare

L’opera non è solo il racconto di un ronin che vuole espiare i suoi peccati passati e mettersi alle spalle il suo appellativo di Battosai, no! Vuole essere una cronistoria. Il manga si pone l’ambizione di far conoscere, tramite l’accurato e meticoloso uso delle fonti storiche, gli eventi che portarono alla fine dello shogunato Tokugawa (conosciuto anche come periodo Edo: 1603-1868) e la conseguente ascesa dell’impero di Mutsuhito (conosciuta anche come epoca Meiji: 1868-1912).

 

Kenshin

 

Leggendo attentamente Kenshin samurai vagabondo, possiamo notare che quello che il mangaka vuole raccontarci è una storia NELLA STORIA; permettere a noi lettori di percepire, nelle pagine dell’opera, quel cambiamento che mutò il Giappone da diversi punti di vista. Un momento storico delicatissimo che vide gli stessi samurai venire travolti in modo particolare da questo drastico cambiamento: passare da ruoli di rilievo politico-militare ad essere privati dei loro privilegi e messi alla berlina.

Questa estrema rivoluzione culturale venne attuata una volta che si decise di abolire la politica isolazionista per favorire un’epoca di modernizzazione, basata soprattutto sulle collaborazioni commerciali con l’occidente e la conseguente apertura nei confronti del gaijin (lo straniero).

 

L’importanza delle fonti storiche

Per la realizzazione del soggetto e soprattutto della trama, Nobuhiro Watsuki è partito inizialmente da uno studio approfondito del periodo Edo e della successiva epoca Meiji.

 

Himura Kenshin

 

Per poter costruire un solido contesto in cui collocare Himura Kenshin – insieme ai suoi comprimari e agli antagonisti –  l’aiuto delle fonti storiche è risultato fondamentale affinché l’opera risultasse ancora più interessante: ad esempio le varie battaglie menzionate durante i 28 tankobon che hanno portato le due fazioni contrapposte dal 1866 fino al 1868.

Ovviamente Watsuki non si limita a menzionare soltanto grandi eventi bellici, ma dedica ampio spazio anche agli aspetti culturali per far capire a noi lettori (soprattutto occidentali) la difficoltà che incontrò il popolo giapponese nei confronti di una simile politica di apertura e rinnovamento.

 

Un rinnovamento mai pienamente accettato

Dobbiamo innanzitutto capire che la storia giapponese è stata contraddistinta da periodi diversi, con al comando diverse dinastie. Da un’iniziale diarchia, si passò alla figura del Bakufu (shogun: di cui se ne sono succeduti tre) che prese sempre più potere limitando pesantemente, di conseguenza, i poteri dell’imperatore, soprattutto per quanto riguardava il comando e l’organizzazione della classe militare.

Questo fece nascere una rigida struttura classista: gli stessi samurai ottennero un livello di autorevolezza tale che durante l’epoca feudale poter essere istruiti al codice del Bushido divenne inclinazione ambita da molti proprio per il prestigio e il conseguente benessere.

Ovviamente questo status sociale era figlio di una politica concepita per la visione feudale, che spinse la nazione a chiudersi e rifiutare ogni contatto con popoli stranieri. Ciò riguardava soprattutto gli scambi commerciali ma anche altri ambiti che non potevano essere anteposti al forte nazionalismo, il quale doveva essere sempre salvaguardato.

 

Tokugawa

 

Tale politica di chiusura sviluppò la strutturazione di vere e proprie caste: da una parte vi erano specifici feudatari (meglio noti come Daimyo) ognuno dei quali governava un’apposita regione, mentre dall’altra vi erano i militari che vedevano i samurai al comando per via del loro stretto rapporto con i signori feudali.

Oltre a ciò, per garantire un maggiore controllo sulla popolazione, venne costituito un corpo speciale di polizia meglio noto come Shinsengumi: formati per lo più da civili ma anche da diversi ronin, il loro compito principale riguardava la protezione dello shogunato, oltre alla vigilanza sulla popolazione per intercettare potenziali minacce interne e sedare, ove necessario, eventuali rivolte.

Se da un lato la chiusura nei confronti dell’occidente permise una maggiore valorizzazione delle tradizioni, dall’altro lo sviluppo del Paese visse un periodo di forte stasi, ritrovandosi confinato in politiche autarchiche basate su un potere centralizzato a Edo (l’attuale Tokyo), città in cui risiedeva lo Shogun.

 

Chi è Himura Kenshin

Ritornando però al tema principale dell’articolo, conosciamo meglio la figura del protagonista che ha reso quest’opera tanto iconica e amata da milioni di lettori.

Come sottolineato, il Giappone fu scenario di ribaltamenti di potere e aspre faide che sfociarono in sanguinose battaglie. A cavallo tra le due epoche, la Edo e la Meiji (tra passato e presente) ci viene presentato un ronin noto per il suo sanguinario passato tanto da essere soprannominato Battosai (il tagliatore di uomini): Himura Kenshin.

 

 

Rurouni Kenshin

 

Una figura che si presenta all’inizio della storia come un povero vagabondo senza né arte e né parte e che, capitolo dopo capitolo, impareremo a conoscere soprattutto grazie al suo epiteto legato alle memorie dei suoi trascorsi e alla fama che lo precede; gli stessi avversari narrano la violenza che un tempo lo contraddistingueva in battaglia, e la letalità della sua tecnica di spada.

La bellezza del manga risiede proprio in questo, il magistrale uso da parte di Watsuki dei timeskip che approfondiscono le battaglie di Kenshin contro svariati nemici: gli Yaminobu, Shishio e le sue fedeli dieci spade, Enishi Yukishiro e soprattutto Hajime Saito, un militare facente parte del rinnovato corpo di polizia una volta a capo (durante lo shogunato) del terzo squadrone degli Shinsengumi.

Il mangaka ci permette, tramite gli archi narrativi che vedono Kenshin rivaleggiare con uno specifico avversario ogni volta, di conoscere queste due epoche che hanno contraddistinto la storia giapponese. Ma oltre agli avversari, Watsuki concentra la narrazione su alcuni legami molto importanti per il Battosai. Rapporti che lo faranno riflettere sull’importanza dell’amore e, soprattutto, del potersi legare a un luogo che si possa chiamare casa. Un’evoluzione che gli permetterà di sentirsi meno schiacciato da quell’ingombrante vissuto che lo ha spinto ad allontanarsi sempre più dal mondo per vivere un’esistenza di espiazione.

Grazie a questi legami che andranno sempre più a rafforzarsi, tra cui l’amicizia con l’attaccabrighe Sanosuke Sagara, il piccolo Myojin e il forte sentimento per Kaoru Kamiya – proprietaria del Dojo in cui viene ospitato – Kenshin avrà modo di crescere come individuo potendo scrutare l’orizzonte della speranza.

 

Conclusioni su Kenshin samurai vagabondo

Watsuki a suo modo ha saputo rivitalizzare l’argomento samurai permettendoci di conoscere molto dettagliatamente lo sviluppo culturale e industriale del Giappone: due aspetti che nel manga di Kenshin viaggiano di pari passo con l’evoluzione del protagonista.

Ovviamente, come sopracitato, sono diversi i manga che hanno contribuito ad analizzare il genere da diversi punti di vista: il costume, lo stile di lotta, la struttura societaria, per non parlare del ferreo codice religiosamente seguito da questi nobili guerrieri (vedi Vagabond).

Da appassionato del genere posso affermare che l’argomento è stato trattato in diverse salse, ma l’autore è meritevole di lode soprattutto per l’uso meticoloso delle fonti storiche: l’ascesa e il declino dei samurai, assoluti protagonisti del periodo feudale, e l’apertura alla cultura occidentale sono stati gli strumenti con cui il mangaka è riuscito a costruire un contesto (generale) in cui far vivere il suo personaggio (narrazione particolare).

Kenshin samurai vagabongo

 

Personalmente reputo questo manga un pilastro che ogni appassionato dovrebbe non solo leggere, ma anche rileggere per poter assaporare ogni volta qualche nuovo dettaglio, aspetto, particolare e potersi immergere in una storia ricca di cultura e sentimento. Un’epoca pregna di romanticismo cavalleresco – per quanto l’aspetto brutale della battaglia sia sempre al centro della narrazione – che ci fa comprendere appieno il motivo per cui i samurai erano figure tanto tenute in considerazione.

Figure tanto temute e rispettate ma allo stesso tempo tanto fragili una volta decadute, in quanto defraudate del loro status sociale e private di uno scopo di vita – servire e proteggere –  proprio come ci viene narrato con l’avvento dell’epoca Meiji. Un momento storico delicatissimo che rappresenta quel progresso tanto temuto nell’epoca Edo e osteggiato dallo shogunato Tokugawa guardando con occhi di odio il gaijin, lo straniero usurpatore.

Un’epoca sì di rinnovamento, ma in cui non vi è più posto per quella spada che una volta rappresentava non solo uno strumento di morte ma un vero e proprio stile di vita. Fatevi un piacere e recuperate questo gioiello.

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