In piena atmosfera natalizia, alla corte di Artù irrompe l’imponente Cavaliere Verde che segnerà l’inizio di un oscuro viaggio di formazione per il giovane pupillo del re, suo nipote Sir Gawain. Il poema del 1370 è stato protagonista di una importante rivisitazione linguistica e filologica da parte di Tolkien nel 1925, nonché di un adattamento cinematografico diretto da David Lowery nel 2021. Nel corso dell’articolo, ne indagheremo le tematiche principali e cercheremo di capire quale posto occupi, oggi, la materia.
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Spesso Tolkien tornava su traduzioni pregresse di opere medievali per dare loro lo spessore che meritavano e che, molte volte, si era perduto con il tempo o con lavori poco fedeli agli originali.
Nel caso dell’opera in questione (e di altre due rivisitazioni presenti nell’ultima edizione Bompiani che saranno analizzate in calce) scriverà che “queste traduzioni furono fatte perché io potessi studiare meglio i testi, poiché un traduttore deve, per prima cosa, cercare di scoprire quanto più precisamente possibile il significato del testo originale, così che possa giungere a capirlo meglio grazie a un’attenzione sempre più precisa e puntuale”.
Oltre che conoscenza e crescita personale, il Prof. riteneva importante aumentare il raggio di diffusione di tali poemi per far sì che non rimanessero un piacere letterario riservato ai medievisti. In tale contesto e con queste motivazioni, nasce la rivisitazione del Sir Gawain e il Cavaliere Verde.
Sinossi
Il giorno di Capodanno, alla corte di Artù, giunge un misterioso Cavaliere Verde che propone una strana sfida mortale, per cui a un colpo sferrato ne conseguirà uno ricevuto. Nella fattispecie, il Cavaliere vuole che uno della corte gli sferri un colpo con l’ascia, a patto di riceverne uno a sua volta esattamente dopo un anno e un giorno dal Cavaliere stesso.
A rispondere all’appello e troncare di netto la testa del Cavaliere è Galvano, giovane e impulsivo eroe della Tavola Rotonda. Sorprendentemente, però, la testa mozzata si anima, viene recuperata dal corpo del padrone che monta in sella e ricorda a Galvano che, un anno dopo, subirà la stessa sorte.
Così comincia il viaggio dell’eroe, attraverso luoghi misteriosi e fantastici, tra cui il castello di Lord Berilak e sua moglie. Questi lo accolgono mettendo a disposizione del giovane così tanti agi e comodità da farlo quasi ricredere sulla natura della sua missione e portarlo a indugiare.
Dal momento che la Cappella Verde ove è diretto Galvano si trova a poche miglia dal castello di Bertilak, questi propone a Galvano di fermarsi più del dovuto, aprendo il ciclo dello scambio di doni. Il rituale consiste nello scambiarsi prede cacciate o ricompense ottenute e così, il primo giorno, Galvano riceve dal re un cervo, il secondo giorno ottiene un cinghiale. Galvano darà in cambio, prima un bacio, poi due, ottenuti dalla moglie del re che, nel frattempo cerca di sedurre il giovane, ottenendo velate effusioni.
Quando le avances della donna si fanno insistenti, Galvano prega Santa Maria per avere la forza di resistere e non commettere peccato. La donna, allora, gli dona una cintura verde in grado di proteggerlo da ogni colpo ricevuto, fascia che Galvano custodirà gelosamente e non la cederà al re durante lo scambio di doni; al suo posto gli darà i tre baci ricevuti dalla donna al terzo giorno di seduzione.
Il giorno successivo, Galvano lascia il castello per recarsi, come promesso, alla Cappella Verde e ivi trova il Cavaliere intento ad affilare l’ascia per infliggere il colpo mortale al suo sfidante. Galvano avrà salva la vita, ma porterà per sempre una lieve ferita sul collo, memento per non aver mantenuto la parola data a Bertilak e non avergli ceduto la cintura che aveva ricevuto in dono dalla donna. Infatti, il Cavaliere Verde getterà la sua maschera e si rivelerà essere proprio Bertilak de Hautdesert, al centro di un gioco organizzato da Morgana, la fata acerrima nemica e sorella di Artù.
Tornato a Camelot dal suo Signore, Galvano indosserà per sempre la cintura verde in segno di onta, mentre Artù ne farà simbolo di protezione e ordinerà a tutti i Cavalieri della Tavola Rotonda di indossarla.
I personaggi principali
Sir Gawain
Il Sir Gawain e il Cavaliere Verde rappresenta una serie di temi profondi, primi fra tutti l’onore e coraggio. La sfida del Cavaliere Verde, infatti, mette alla prova il coraggio e l’integrità morale del giovane Gawain, la cui accettazione della sfida mostra l’importanza dell’onore nella società cavalleresca dell’epoca. Il viaggio che ne consegue mette alla prova la crescita personale del nipote di Artù perché, attraverso alcune prove, Gawain affronta le sue paure e debolezze, imparando (a sue spese) quanto sia complessa e sfaccettata la moralità.
Il giovane è il protagonista assoluto di un’opera che, dato il suo carattere profondamente religioso e il ribaltamento dell’ideale cavalleresco, ha suscitato l’interesse di Tolkien. Chi conosce le sue opere sa bene quanto l’autore ami rovesciare i canoni scardinandoli alla base; questo è ciò che, già in origine, era successo al Sir Gawain, quando il misterioso autore del manoscritto ridisegnò l’ideale della cavalleria sotto il segno del cristianesimo e mostrò che “la grazia e la bellezza della cortesia derivano dalla generosità e dalla grazia divina”, in particolare dalla “Cortesia Celeste di cui Maria è la creazione suprema”.
Rispetto ad altri testi cavallereschi, infatti, Gawain porta sul suo scudo il pentacolo piuttosto che il leone o l’aquila e si mostra restio a commettere adulterio, nonostante sia deliziato dalla presenza femminile intorno a lui; non si tratta di rinnegare l’amore cortese, ma tratteggiare la figura di un uomo gentile e devoto alla Beate Vergine.
Il Cavaliere Verde
A far da sfondo alla dimensione umana c’è quella naturale in cui il colore verde (che letterariamente è, spesso, associato alla fertilità) del Cavaliere e della cappella in cui dimora si caricano della ciclicità della vita e della morte, simboleggiando il legame tra il mondo umano e quello terrestre (qui preso nel suo senso più stretto).
Il Cavaliere Verde è, dunque, il motore di tutta l’azione narrata in quei 2530 versi allitterativi in Middle English del 1370, opera (secondo alcuni critici) di John Massey di Cotton, nel Cheshire. Il personaggio, oltre che incarnare la ciclicità della Natura e, quindi, l’avvicendarsi delle stagioni, incarnerebbe la dualità dell’esistenza, sospesa continuamente tra la vita e la morte, il bene e il male; la sua natura misteriosa e magica riflette le complessità dell’esperienza umana davanti a particolari scelte etiche che affrontiamo durante il nostro cammino.
Questi sono temi cari e ricorrenti nelle opere di Tolkien, basti pensare a quanto il viaggio esperienziale e la stretta connessione tra Uomini e Natura sia forte, nel Silmarillion prima, ne Il Signore degli Anelli poi. Alla luce della lettura dei suoi romanzi di matrice arturiana e bretone, nonché considerato l’ampio impegno profuso alla materia medievale, appare evidente quanto queste siano punto di riferimento per la nascita del cosiddetto Legendarium.
Uno sguardo alle “mali arti” femminili
Particolare rilievo nelle narrazioni arturiane è il femminino, qui incarnato dalla dama del castello che, con le sue arti seduttive, induce l’eroe in tentazione e cerca di traviarlo nel suo viaggio di formazione.
L’evoluzione della figura della strega nel ciclo arturiano è un tema affascinante che riflette i cambiamenti culturali e sociali del periodo medievale, assumendo molteplici sfaccettature e passando da un’immagine di potere e saggezza a una figura più ambigua e, talvolta, malefica.
Inizialmente, la strega è rappresentata come una figura di grande conoscenza e potere magico. Un esempio emblematico è la Dama del Lago, che gioca un ruolo cruciale nella nascita di Re Artù: non è solo una figura mistica, ma è anche una guida e una protettrice, in grado di conferire il potere ad Artù attraverso la leggendaria spada Excalibur. In tal modo, è capace di influenzare il destino dei personaggi maschili attraverso la sua saggezza e la sua abilità.
Con il progredire delle leggende e delle narrazioni, però, la strega inizia a subire una trasformazione, colorandosi di connotazioni negative legate all’inganno, al maleficio e alla seduzione. Emblema di tale archetipo è proprio Morgana che, inizialmente, è vista come una potente maga e sorellastra di Artù, ma che nel tempo si trasforma in una figura di conflitto e rivalità con lo stesso. A opporsi, però, non è il re, ma un suo pari in grado di eguagliarla nel potere: Merlino, il celebre mago e consigliere di Artù, spesso contrapposto a figure femminili che usano la magia per i propri egoistici e distruttivi scopi.
Questa evoluzione riflette anche una più ampia transizione sociale e culturale. Durante il tardo Medioevo, la figura della strega inizia a essere stigmatizzata e il potere femminile viene sempre più visto con sospetto. Le arti magiche, un tempo accettate, cominciano a essere demonizzate e le streghe diventano simbolo di minaccia alla stabilità sociale e all’ordine patriarcale, portando a persecuzioni e processi che segneranno i secoli successivi.
Bisognerà attendere, infatti, il 1734 per porre fine ai roghi e alle condanne per stregonerie con la morte di Anna Göldi, ultima fantomatica strega d’Europa.
La corrigan nel ciclo di Artù
Il folclore bretone è costellato di innumerevoli tipologie di streghe, ma quella chiamata Corrigan è, senza dubbio, la più affascinante e complessa. Questa figura è spesso associata a caratteristiche di fata e spirito della natura e il suo racconto si intreccia con le tradizioni celtiche e le leggende bretoni.
È, spesso, descritta come una donna di straordinaria bellezza, dai lunghi capelli fluenti, dagli occhi che brillavano come stelle e vestita di abiti di fiori e foglie. Dotata di abilità magiche e di una profonda connessione con la natura perché custode delle acque, delle foreste e dei luoghi selvaggi, la si riteneva in grado di influenzare il destino degli uomini.
La Corrigan, però, era una figura ambivalente: se da un lato poteva essere benevola e aiutare gli eroi, dall’altro risultava essere vendicativa e maliziosa, punendo coloro che osavano mancare di rispetto alla natura o alle leggi antiche. La capacità di controllare gli elementi, evocare tempeste e influenzare la crescita delle piante, la rendeva un essere temibile. In alcune versioni, era anche in grado di trasformarsi in un uccello o un cervo, per sfuggire agli sguardi umani o per compiere viaggi attraverso il mondo naturale.
Questo dualismo riflette la concezione celtica del mondo, in cui il bene e il male sono spesso interconnessi e in cui la natura può essere sia generosa che spietata.
Una delle leggende più celebri che coinvolge la Corrigan è quella de La Leggenda di Lancelot, in cui la strega si innamora del cavaliere della Tavola Rotonda. Tuttavia, il loro amore è ostacolato dal fato e dalla lealtà di Lancelot verso Guinevere. La Corrigan allora, in preda alla gelosia, lancia una maledizione sul cavaliere, costringendolo a scegliere tra il suo amore per Guinevere e il suo destino di eroe.
Un’altra versione racconta di un giovane cacciatore che, mentre si avventurava nella foresta, incontra una Corrigan. Affascinato dalla sua bellezza, decide di seguirla; la Corrigan lo condurrà in un labirinto di illusioni e inganni, dove il giovane dovrà affrontare prove di coraggio e astuzia per poter tornare a casa.
Il film di David Lowery
Distribuito direttamente sulla piattaforma di Amazon Prime Video il sedici novembre del 2021 e prodotto dalla A24, il lungometraggio di David Lowery differisce in parte dal poema, non solo nei temi e nella caratterizzazione, ma anche nel modo in cui affrontano la figura di Gawain e il misterioso Cavaliere Verde.
L’adattamento cinematografico di David Lowery, The Green Knight, offre una reinterpretazione della storia, mantenendo alcune delle sue caratteristiche fondamentali, ma aggiungendo anche nuove sfumature e elementi visivi. Lowery si concentra maggiormente sull’aspetto psicologico del personaggio di Gawain, esplorando i suoi timori, le sue insicurezze e il suo viaggio interiore. Il film si allontana da una semplice narrazione di avventure eroiche per addentrarsi in un terreno più filosofico e contemplativo.
Le differenze con Tolkien
Una delle differenze più evidenti è l’approccio visivo e simbolico di Lowery che ricorre a un’atmosfera suggestiva e a immagini oniriche per riflettere le emozioni e le esperienze del giovane cavaliere. La natura del Cavaliere Verde è anch’essa reinterpretata: viene rappresentato non solo come un avversario, ma come un simbolo di vita, morte e rinascita, che mette in discussione il significato stesso dell’onore e del sacrificio.
Mentre il poema originale enfatizza l’eroismo e il valore cavalleresco, il film di David Lowery si sofferma su temi più esistenziali, come la ricerca di identità, il senso del destino e la paura dell’insignificanza. Gawain, infatti, è ritratto come un giovane uomo in cerca di approvazione e significato, il che lo rende più vulnerabile e umano. La sua evoluzione attraverso il viaggio diventa una metafora della crescita personale e delle sfide della vita.
L’edizione Bompiani del 2023: Perla e Sir Orfeo
L’edizione del Sir Gawain e il Cavaliere Verde, a cui si è fatto riferimento sinora, è stata curata da Christopher Tolkien, edita da Bompiani nel 2023, ed è corredata di due ulteriori brani di matrice medievale.
Il primo, Perla, è un breve componimento che, nel corso del tempo, si è mosso tra l’elegia funebre, il poema teologico e l’allegoria simbolica (sebbene occorra fare un distinguo tra le due forme, dal momento che l’allegoria narra eventi mentre il simbolismo ricorre a segni per rappresentare idee). Non è un’opera di Tolkien, ma è una poesia medievale inglese che fa parte del Manoscritto di Pearl (da alcuni indicato come autore del Sir Gawain e il Cavaliere Verde), un importante testo della letteratura anglosassone che il Prof. ha tradotto e commentato in un’opera intitolata The Pearl nel 1925.
La poesia racconta la storia di un padre che piange la perdita della sua giovane figlia, rappresentata come una perla preziosa. In sogno, il padre incontra la figlia nel Paradiso, dove lei gli spiega la sua condizione di beatitudine e lo conforta. Attraverso il dialogo, l’uomo affronta il tema del dolore, della morte e della speranza nella vita eterna.
Tolkien ha apprezzato profondamente la poesia per la sua bellezza linguistica e il suo profondo significato spirituale, dal momento che sottolinea l’importanza della grazia divina, evidenziando come la memoria e l’amore possano offrire conforto anche nei momenti più bui. In tal senso, appare evidente quanto siano interconnessi il mondo umano e quello spirituale e quanto, tra esperienza umana e trascendenza, si interfaccino l’amore e la memoria per superare la morte e condurre l’uomo alla redenzione.
Il secondo, Sir Orfeo, è un testo manoscritto trasmesso dall’antico codice di Auchinleck del 1330 circa. Nonostante Tolkien premesse affinché la sua traduzione fosse pubblicata, come scrive il filgio Chritopher, non ci sono carteggi sul lavoro in questione; infatti, il poemetto è anticipato solo ad una nota introduttiva.
Si tratta di un poema narrativo medievale in lingua inglese antico, che narra la storia del musicista e poeta Orfeo, di matrice greca. Tolkien lo ha tradotto in inglese moderno, facendo attenzione a non tradire il ritmo e la musicalità del testo di partenza, cercando di mantenere il senso e la bellezza della poesia medievale. La sua traduzione è apprezzata anche per lo stile evocativo che riflette la profonda comprensione dell’autore per la poesia e la sua abilità nel trasmettere emozioni attraverso le parole.