Cari lettori, credetemi se vi dico che condensare le conoscenze apprese da esami universitari e sintetizzare la mia tesi di laurea su Kafka senza sembrare riduttiva è difficilissimo. Oggi, vado dritta al punto, vi voglio parlare di tre libri del Modernismo della letteratura tedesca del primo Novecento, che a loro modo offrono una diversa visione del mondo moderno concentrandosi sulla crisi dell’io.
Indice
ToggleRiferimenti ai libri del Modernismo nella cultura pop
Thomas Mann, Franz Kafka e Arthur Schnitzler sono gli autori più influenti del primo modernismo tedesco e nel corso del tempo sono diventati dei riferimenti degni di nota anche nella cultura pop. I capolavori di Mann sono trasposti cinematograficamente da registi del calibro di Luchino Visconti (Morte a Venezia 1971) o citati da Woody Allen nel film Io e Annie (1977) così come nella serie animata per adulti Daria (2001). Non solo sullo schermo, Philip Roth fa riferimento a La morte a Venezia ne La macchia umana (2000), mentre Haruki Murakami e Frederic Tuten citano La montagna incantata rispettivamente in Noregian Wood (1987) e Tintin in the New World (1993).
Il nome di Kafka è associato all’aggettivo “kafkiano” per raggruppare una famiglia di sensazioni che evocano situazioni o personaggi cupi, angoscianti, strambe e incomprensibili. Il regista Orson Wells adatta per il grande schermo Il processo nel 1962, sceglie Anthony Perkins per la parte di Josef K. (il protagonista) ed egli stesso decide di vestire i panni dell’Avvocato. Tim Roth (Mr. Orange ne Le Iene di Tantino) e Peter Capaldi si cimentano l’uno in un telefilm del 1987 ispirato a La metamorfosi, dove interpreta il protagonista Gregor Samsa, mentre l’altro in un cortometraggio Franz Kafka’s It’s a Wonderful Life (1995) dove interpreta Kafka alle prese con la stesura de La metamorfosi.
Ritorna Murakami che scrive sul The New Yorker il racconto breve Samsa in Love (2013) che riprende nel libro Uomini senza donne del 2017. Ian McEwan pubblica la novella satirica The Cockroach (2019) ispirata a La metamorfosi e perfino nell’universo Marvel si parla di Gregor Samsa durante gli eventi narrati in Deadpool Killustrated dove il corpo dell’umano-insetto viene ritrovato da Sherlock Holmes.
Kafka e le sue opere non influenzano solo il cinema e la letteratura ma anche la musica e il balletto d’opera. I Rolling Stones intitolano un intero album Metamorphosis, la Vocaloid Hatsune Miku canta Samsa, David Bowie invece cita lo scrittore praghese nella canzone Ashes to Ashes e la goth band britannica The Cure si ispira ai racconti e alle lettere dello scrittore per molte delle loro canzoni.
Parte dei libri di Arthur Schnitzler sono diventati capolavori della cinematografia. Fräulein Else (La signorina Else) diviene un classico del cinema muto in bianco e nero nel 1929, il tanto acclamato dalla critica Il piacere e l’amore (1950) diretto da Max Ophüls che riprende le vicende narrate in Girotondo e Eyes Wide Shut (1999), ispirato a Doppio sogno, che vede alla regia Stanley Kubrick e come attori protagonisti Tom Cruise e Nicole Kidman. Per ultimo un film diretto da Gabriele Salvatores, Il ritorno di Casanova (2023), tratto dall’omonimo romanzo di Schnitzler del 1918.
Il Primo Modernismo nella letteratura tedesca
Nella storia letteraria tedesca si definisce il periodo tra il 1890 e 1930 primo Modernismo (Frühe Moderne) per indicare un insieme di testi con caratteristiche e strutture che rimangono costanti, sul piano stilistico e su quello contenutistico-tematico, durante questo lasso di tempo. Il Naturalismus (naturalismo) si mescola alle nascenti correnti dell’Ästhetizismus (estetismo) e Symbolismus (simbolismo) penetrando sempre più a fondo nella realtà quotidiana scandagliandone ogni aspetto per trovare significati nascosti e nuovi sensi dell’esistenza, cercando e inventando nuove parole e significanti. Michael Titzmann, professore di letteratura tedesca all’università di Passau, specifica, nel saggio Realismus und Frühe Moderne, la definizione del termine secondo cui le caratteristiche devono essere specifiche dell’epoca, cioè non applicarsi al periodo precedente e/o successivo.
L’obiettivo è di individuare innovazioni formali, dal punto di vista tecnico letterario e di presentare nuovi temi centrali quali la modernizzazione politica – culturale rappresentata dalla crescita demografica ed economica delle città e dei danni collaterali del progresso, l’emergere della questione sociale, la Prima Guerra Mondiale, la crisi del soggetto Ichkrise che assieme alla Sprachkrise (crisi linguistica di cui si può avere un assaggio ne La lettera di Lord Chandros del 1902 ad opera di Hugo Von Hoffmannstahl) e alla Erkenntniskrise (crisi della conoscenza) mette in dubbio la struttura della coscienza, della realtà, dell’esistenza, la sessualità e le relazioni tra i generi.
Lo Stationendrama e il Sekundenstil
Sul piano della rappresentazione nasce lo Stationendrama letteralmente il dramma della stazione. Si tratta di una forma di dramma aperto, in cui il filo conduttore dell’azione non è riconoscibile in modo univoco (es. Woyzeck di Büchner ispirato a un fatto di cronaca nera relativo all’omicidio di Johanna Christiane Woost, sua amante. È stato tratto un film del 1979 dal dramma con attore protagonista Klaus Kinski noto per il ruolo in Nosferatu, il principe della notte).
Lo Stationendrama prevede che le singole scene sfumino l’una nell’altra, senza prevedere quindi una divisione in atti, collegate tra loro dal protagonista. Le singole fasi della trama sono isolate e di uguale importanza una accanto all’altra, senza accumularsi l’una sull’altra, formando una catena causale di eventi o un arco continuo di suspense. Le percezioni sensoriali, i movimenti, le impressioni visive sono narrate in modo tempestivo, secondo per secondo con la tecnica del Sekundenstil (figlia della poesia del naturalismo) il cui scopo è la completa congruenza del tempo del racconto e del tempo della storia.
Lo stile trova la sua massima espressione sia nella novella Papa Hamlet (1889), contenuta nella raccolta di racconti di Bjarne P. Holmsen pseudonimo di due scrittori tedeschi Arno Holz e Johannes Schlaf, e sia ne Il casellante Thiel (Bahnwärter Thiel, 1888). Ogni dettaglio, per quanto banale, è registrato per avvicinarsi il più possibile al parlato naturale: balbettii, forme dialettali, esclamazioni, frasi incomplete, pause nel respiro, rumori di sottofondo, al fine di ridurre la distanza tra la realtà esterna e ciò che è raccontato.
L’attenzione, nel dramma moderno, è focalizzata sul personaggio principale, che è chiaramente separato dagli altri personaggi del dramma. Si da maggior peso ai monologhi e le singole scene diventano tappe del suo sviluppo interiore. Dal punto di vista letterario si assiste a un cambio di paradigma, il punto di riferimento non è più l’oggetto ma il soggetto. Ci si focalizza su sé stessi, sul proprio io interiore, ci s’interroga sulla reale realtà delle cose e degli avvenimenti, tutto è messo in discussione compreso il tempo e il concetto di memoria, nasce così la narrativa d’introspezione.
Thomas Mann e l’estetismo decadente
“È triste Venezia” (modo di dire derivato da una canzone del 1965 di Charles Aznavour ad indicare una situazione complicata, difficile da risolvere in soldoni stiamo messi male) lo dico io, lo diceva mio nonno e sicuramente lo ha anche pensato Gustav Von Aschenbach ad un certo punto durante il suo soggiorno nella laguna. In Der Tod in Venedig Thomas Mann esplora attraverso le vicende del protagonista, un famoso scrittore di mezza età che intraprende un viaggio a seguito di un importante blocco creativo, il contrasto tra arte e vita.
Thomas Mann cresce in un ambiente religioso rigido (padre protestante, madre cattolica) tormentato dal senso di colpa interiore risalente ai tempi della Riforma religiosa. Suo padre gli trasmette gli ideali di operosità borghese mentre sua madre, una creola, gli infonde la passione e la sensibilità per la musica e il bello classico.
L’autore stesso sostiene di sentirsi così appartenere a due razze, la tedesca e la latina e questa dualità tra solidità borghese ed estro creativo caratterizza anche la sua produzione artistica. L’opera di Thomas Mann ha come tema caratterizzante quello del conflitto arte-vita, tra l’artista diverso per natura dall’umanità comune e il mondo circostante e questo contrasto genera un altro tema importante nella sua produzione letteraria quello della malattia. Una malattia che coinvolge e permea lo spirito, un malessere che è indizio della consapevolezza della realtà.
La morte a Venezia: il crollo degli ideali
La morte a Venezia (1912) è una lunga novella ambientata in una Venezia diversa da quella descritta da Goethe nel suo viaggio in Italia, essa non è più fascinosa, bella e ricca ma decadente, malsana, malata, dove si diffonde il colera. Mann vede nella classicità e nel romanticismo di Goethe un punto di riferimento, un letterato che concilia la ragione e fantasia, la vita reale alle esigenze dello spirito. In Thomas Mann e nei suoi protagonisti è forte il contrasto insolubile di vita e anima, essi sono perennemente scissi tra morale ascetica borghese e gli impulsi vitali dalla creatività, contrasto che conduce inevitabilmente alla malattia.
Nella laguna, dove a seguito di imprevisti si ritrova a soggiornare, Gustav Von Aschenbach si ossessiona di Tadzio, un ragazzino polacco di famiglia benestante, che segue costantemente con lo sguardo e che diventa emblema della vita della quale a lungo Aschenbach si è privato in nome dell’arte l’unica realtà realmente vissuta dallo scrittore fino a quel momento, incarna secondo lo scrittore l’ideale greco di bellezza pura, semplice e immacolata.
L’attrazione verso il giovinetto diventa una vera e propria malattia che conduce, assieme al colera, Gustav alla morte. Lo scrittore protagonista del romanzo è l’alter ego di Thomas Mann, l’esteta che attraverso le sue opere segna la decadenza del passaggio di secolo e riflette sul dramma della lacerazione tra l’artista e le strutture sociali e razionali.
Il Luftmenschen Franz Kafka
Kafka è simbolo della cosiddetta letteratura tedesca praghese, e la sua influenza può essere rinvenuta nei lavori di autori contemporanei ovunque si affrontino i temi: della burocrazia tirannica e labirintica, di cui non si comprendono gli ingranaggi; esistenzialismo e ricerca di significato da parte dell’uomo alienato da sé stesso e dal mondo; perdita dei tradizionali ancoraggi religiosi e sociologici; disumanizzazione; arbitrio assoluto e colpa (solo per citarne alcuni).
Franz è un ebreo assimilato, conteso tra arte e vita, che consapevole di non potersi dedicare completamente alla scrittura, sente l’urgenza di liberare le sue immagini durante la notte nel silenzio e con tutto il tempo a sua disposizione. Per comunicare privilegia le forme letterarie della metafora e della parabola, secondo lui le sole in grado di avvicinarsi alla realtà, cogliendone un riflesso, attraverso il linguaggio dell’inganno.
Estremamente sensibile e dal fisico cagionevole, Franz Kafka è lacerato interiormente dal dilemma dell’individuo socialmente affermato attraverso la professione e il matrimonio (da lui considerati terreno paterno da cui distaccarsi), e la vocazione per la scrittura. Il giovane autore praghese si sente un ibrido, un groviglio di indecifrabilità incapace di approdare a una serenità interiore e non a caso nelle sue opere ricorrono di frequente le figure di animali, espressione dell’individuo di fine secolo senza una identità ben definita.
La Metamorfosi ovvero l’assurda condizione dell’uomo-insetto Gregor Samsa
Gregor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo[…] Cos’era avvenuto?
Assieme a Gregor, si sprofonda in una metamorfosi disorientante, tanto che lo stesso protagonista fatica a credere che si tratti della sua nuova realtà e non di un sogno o di un incubo. Ne La Metamorfosi (Die Verwandlung 1915), il rapporto sterile, avvilente con i famigliari, il senso di estraneità e di profonda incomprensione porta il commesso viaggiatore Gregor Samsa a ribaltare il suo ruolo sociale e privato. Il senso di responsabilità che Gregor ha nei riguardi dei famigliari si acuisce con la sua improvvisa metamorfosi mattutina, ormai da tempo egli è diventato l’unica fonte di sostentamento economico a prescindere dai ritmi disumani della sua vita lavorativa.
Samsa è completamente isolato dalla famiglia, viene dimenticata la sua natura umana e ignorata la benevolenza del figlio e i sacrifici compiuti nei loro riguardi, per essere visto solo come un peso, un parassita di cui sbarazzarsi. Gregor rifiuta a sé stesso la discesa verso l’animalità per rimanere fedele alla sua natura umana, e perfino davanti all’aggressione del padre rifiuta di agire come un animale.
Non sfrutta la capacità di camminare sui muri per non spaventare la sua famiglia, per non far crescere in loro un odio ripugnante verso la sua figura mostruosa di abnorme insetto e così facendo mette a repentaglio la propria vita perché verrà colpito da una mela, che lo porterà ad una morte lenta e solitaria, scagliata dal genitore verso cui aveva avuto riguardo.
L’unica persona che si avvicina a Gregor, che entra nella sua stanza senza provare disgusto, è la donna delle pulizie, che si rivolge a lui con appellativi che fanno capire al lettore la vera identità e il ruolo del gigantesco scarafaggio che riesce a ribaltare il parassitismo familiare in una rinascita esistenziale degli stessi congiunti, ripristinando per certi versi quella sicurezza borghese improvvisamente compromessa. Il tormento di Gregor derivato da un senso profondo di inettitudine, precarietà e alienazione esistenziale è quello di una creatura abbandonata dal suo Dio, senza patria, né ruolo, e quindi senza identità.
Arthur Schnitzler e la psicanalisi di Freud
Arthur Schnitzler nasce nel 1862 a Vienna e studia medicina nella stessa università dove Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, autore di libri quali Io e l’Es (1923) e L’interpretazione dei sogni (1899) ha studiato.
Nel 1906, Sigmund contatta Arthur per elogiare i suoi romanzi e il sapiente uso del monologo interiore (primo vero esempio nella letteratura tedesca di questo stile è Il sottotenente Gustl, romanzo breve di Schnitzler del 1900) atto a descrivere lo svolgere dei pensieri dei suoi personaggi. Freud rivede in lui un doppelgänger (un doppio, un sosia) identico, che come lui è un ricercatore della psicologia del profondo.
Seppur così simili, Schnitzler si discosta, ad un certo punto della sua carriera letteraria, dalla psicoanalisi freudiana reputandola troppo rigida per analizzare e organizzare la mente umana in un sistema schematizzato. La psiche, una materia irrazionale non può essere facilmente ordinata e il suo studio non fornisce comunque alcuna certezza, sicurezza. Secondo lo scrittore, l’uomo vive in uno stato di semi consapevolezza, durante il quale parte del territorio inesplorato dell’inconscio viene a galla attraverso reminiscenze improvvise, lapsus o déjà-vu.
Doppio sogno: lo studio dei desideri e delle paure inconsce
Nel 1926 viene pubblicato, quello che è considerato, il capolavoro di Arthur Schnitzler Traumnovelle. Doppio sogno mantiene parte dell’estetica decadente di inizio Novecento che si unisce al desiderio dell’autore di indagare sulla natura umana e quanto più sul rapporto uomo/donna e sul deteriorarsi della comunicazione nella vita matrimoniale. Una coppia ordinaria rivela pian piano la fragilità della facciata medio borghese della loro vita mentre si confronta con le aspirazioni represse, con dubbi e desideri sessuali perennemente inappagati. Il dottor Fridolin e Albertine, sua moglie, sono due personaggi alienati dalla vita e dalle loro esistenze, continuano pacificamente a svolgere i compiti del lavoro quotidiano e della vita in società.
Il dottor Fridolin, felicemente sposato, è convinto che al di fuori della sua quotidianità domestica vi siano infinite opportunità di vita trascurate. Accade che in una notte in cui questo senso è particolarmente acuto, il medico è trascinato dal destino in una serie di fantastiche avventure, ognuna delle quali rimane inquietantemente insoddisfatta. Al suo ritorno a casa, apprende che sua moglie nei suoi sogni è fuggita in un mondo erotico ancora più selvaggio di qualsiasi cosa lui avesse mai incontrato. Per vendicarsi, decide di completare gli episodi incompiuti della notte prima.
In ogni caso fallisce, perché le sue inibizioni e paure subconsce sono ancora più forti dei suoi desideri. Confessa pertanto tutto alla moglie chiedendole cosa sia realmente accaduto, lei gli sorride e gli risponde che debbono essere grati di essere usciti indenni da tutte le loro avventure, reali o sognate. Il libro si conclude con l’interrogativo se si sia trattato effettivamente di sogni o se tutto sia accaduto realmente.
Sogni e realtà si mescolano, i personaggi si adattano ad ogni scenario senza fare una piega, hanno una doppia personalità, osservano le proprie azioni dall’esterno. Alla fine di Doppio sogno Fridolin e Albertine si ritrovano con la consapevolezza inquietante di intere aree della loro personalità che non riescono né a comprendere né a controllare. E tuttavia, nonostante gli interrogativi che i loro sogni hanno sollevato, hanno un’unica certezza: continuare a vivere una vita borghese che si esaurisce nel compito di vivere insieme come marito e moglie e di crescere i figli… Questa è, per quanto reticente, la risposta di Schnitzler al dilemma morale di cui si occupa. È una risposta, ma non una risoluzione.