Nel vasto panorama delle serie televisive emergono talvolta opere che sfuggono alle convenzioni di genere, avventurandosi audacemente in territori inesplorati. La creatura di Gyeongseong si insinua in questo spazio liminare sfidando le categorizzazioni. Incorporando una varietà di elementi, dall’horror al drama, dallo storico al thriller, questa serie offre un’esperienza visiva e narrativa che potrebbe stupirvi.
La serie
I suoi creatori, Kang Eun-kyung (sceneggiatore), Chung Dong-yoon e Roh Young-sub (registi), hanno plasmato uno spettacolo in grado di catturare l’attenzione di un vasto pubblico che, felicemente intrattenuto, ha salutato con gioia il 2023, garantendogli per giorni un posto nella top 10 globale e nella top 3 domestica. Nonostante alcune possibili migliorie, come un maggiore investimento sulla CGI, c’è fiducia nel potenziale della prossima stagione; tuttavia, date le tempistiche della prima parte, potrebbero passare due anni prima che si possa eguagliarla o superarla.
Le imperfezioni, sebbene presenti, sbiadiscono facilmente a confronto della complessiva produzione. Soprattutto nell’interpretazione magistrale dei protagonisti, alcuni dei quali hanno radici nel mondo di Disney e Warner, o si sono fatti le ossa in patria con serie del calibro di Squid Game.
La serie coinvolge lo spettatore in un viaggio avvincente, attraverso le intricate trame e performance convincenti. Ad oggi, data la gamma sempre più ampia di opzioni, La creatura di Gyeongseong si erge come un’opera che merita sicuramente un posto di rilievo nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo per varie ragioni. Osserviamole partendo dalla trama.
Trama, attori, storia e oltre
Per coloro che non l’hanno ancora guardata, presentiamo in breve questa serie coreana, relativamente fresca nel palinsesto Netflix: La storia si svolge nel 1945 a Gyeongseong, oggi nota come Seoul, capitale della Corea del Sud. La città è sotto il dominio dell’esercito imperiale giapponese che opprime il paese con il pugno di ferro. Jang Tae-sang (interpretato da Park Seo-jun, già apparso in Itaewon Class, What’s Wrong with Secretary Kim, The Marvels, Concrete Utopia) è un uomo ricco e affascinante, una sorta di Grande Gatsby dei bassifondi, considerato la figura più attraente di Bukchon a Gyeongseong.
È anche noto come fonte affidabile e informatore per chiunque cerchi qualcosa o qualcuno nella sua zona. Il giovane possiede una serie di talenti, tra cui la capacità di reagire prontamente alle situazioni, un’intuizione acuta e una natura socievole. Il suo incontro con Yoon Chae-ok (interpretata da Han So-hee) lo porta a rivalutare le sue priorità personali, facendo emergere il conflitto fra orgoglio e onore. Non solo la giovane ribelle della Manciuria ruberà lentamente il suo cuore, ma sarà anche in grado di trasformare un opportunista in un eroe.
Parlando della seconda protagonista, Yoon Chae-ok, la ragazza è una rinomata todugun, ovvero un segugio, esperta nel trovare individui scomparsi. Cresciuta viaggiando tra la Manciuria e Shanghai assieme al padre, ha imparato a sopravvivere in circostanze difficili e ha sviluppato abilità nell’uso di pistole, coltelli e motori. Vedere Chae-ok rimettere in sesto una moto da rigattiere con due rottami non compone solo una gag favolosa, ma riscalda i cuori di tutti coloro che si affezionano ai personaggi e fanno il tifo per loro durante tutta la stagione. Per costoro suggeriamo di vedere anche My Name e Nevertheless, qualora avvertano la mancanza di So-hee.
Per cercare sua madre, scomparsa dieci anni prima, Chae-ok arriva a Gyeongseong, dove si imbatte in Jang Tae-sang. Insieme affrontano una serie di casi misteriosi legati a persone scomparse, scoprendo una terribile realtà che li coinvolge entrambi: Dall’oscura trama dei dottori imperiali ai corrotti colonizzatori, fino al temibile mostro, fulcro di questa perla di Netflix South Korea.
Un approccio innovativo alla storia e all’horror
Non è comune trovare elementi legati a un periodo oscuro della storia della Corea e del Giappone trattati in una maniera così innovativa, adoperando un approccio inedito su temi così delicati. Nel panorama cinematografico degli eccessi ci sono esempi come Man Behind The Sun di Mou Tun-fei, che affronta la terribile storia dell’Unità 731, specializzata nella ricerca biochimica per la guerra batteriologica, macchiandosi di terribili crimini contro l’umanità durante la Seconda guerra mondiale. Oppure il celebre Furyo di Nagisa Ōshima, in cui David Bowie incanta nei panni dell’eroico ufficiale incursore neozelandese Jack Celliers.
Un aspetto rilevante è la somiglianza con altre serie coreane prodotte dal colosso mediatico californiano, come Kingdom di Kim Eun-hee, che ha presentato al mondo uno scenario intrigante in cui un’apocalisse zombie si fonde con il romanzo storico attraverso l’azione di un parassita. Qui risiede il nodo che lega i due show: un nuovo gusto emerge fra gli amanti dell’horror, insieme a un nuovo archetipo.
Il nemico in La creatura di Gyeongseong non è semplicemente “il mostro”, è il male in sé dell’uomo e quello che l’uomo può generare, incarnato nella macchina di morte imperialista. È da ammirare come, moderando i toni narrativi, Netflix sia riuscita a presentare al pubblico elementi di crudezza che difficilmente in altri contesti sarebbero digeribili. Per i più sensibili è giusto premettere che sin dai primi minuti questa serie non risparmia: la crudeltà vissuta nei campi di concentramento in Corea negli anni ’40 viene denunciata ampiamente, riportando alla memoria una tragedia che non deve essere dimenticata, e romanzarla non l’ha minimamente intaccata.
La lore dietro la serie: Non sono tutte rose e fiori di ciliegio
Durante la sigla, allo spettatore viene mostrata la lore alla base della serie: un essere vermiforme giunge casualmente da un profondo stagno, si lega a una bambina in fuga, ed è fautore della sua mutazione, che darà vita a una proto-creatura. Sarà il “folle dottore” dell’unità medica dell’esercito giapponese a perfezionare la formula per generare IL mostro: un’arma letale sia nella veglia che nel sogno, momento in cui comincia a produrre spore di antrace.
Il breve elenco non serve solo a citare un debito che indirettamente pesa sulle spalle di chi ha lavorato al prodotto, ma anche a soddisfare chi, in attesa dell’annunciata nuova stagione, non è rimasto soddisfatto dalla seconda parte della serie uscita nel 2024, altro elemento in comune tra La creatura di Gyeongseong e Kingdom. In molti si aspettavano infatti una seconda parte più dettagliata o addirittura un film. Speriamo che gli accorgimenti impiegati per l’annunciata seconda stagione riescano a far ingoiare il rospo. E se Kingdom non fosse sufficiente, basta allontanarsi dall’Asia con il film Overlord del 2018, diretto da Julius Avery, che può benissimo soddisfare i palati di chi ha scoperto una nuova passione per questo macabro genere.
Sebbene sia comune nell’horror contemporaneo che lo zombie o le creature nascano da un parassita, è singolare come nei prodotti asiatici degli ultimi anni sia sempre un verme a dare vita ai mostri. Che ci sia una metafora del subconscio orientale da cogliere?
Se non avete voglia di spremere le meningi, ma bramate contenuti cruenti con un taglio vintage, vi suggeriamo di leggere I morti viventi – Guida alla saga di George Romero che trovate sul nostro sito, per una serata all’insegna di zombie e horror.
Uno sguardo alla critica
Il pubblico è da sempre il critico più rinomato. All’uscita la serie ha ricevuto una variegata accoglienza dalla critica e dagli spettatori. Sul sito aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes l’83% delle recensioni dei critici sono state positive, con una valutazione media di 7,3/10. Anche quando un prodotto rasenta la perfezione, chiunque lavori nell’intrattenimento sa che entro 24 ore dall’uscita della sua creazione qualcuno solleverà almeno una critica.
C’è però chi fa di questo la sua professione: Chase Hutchinson (da Collider, critico e scrittore molto accreditato) ha valutato negativamente la serie, essendo rimasto deluso dal fatto che la serie avanzi troppo rapidamente sminuendo i suoi elementi promettenti. Jonathan Wilson di Ready Steady Cut invece ha sottolineato che, nonostante la combinazione di elementi familiari, la serie offre un dramma coerente e di qualità. D’altra parte, Joel Keller di Decider solleva preoccupazioni sul fatto che lo spettatore possa perdere di vista la narrazione mentre procede nella prima stagione.
La scrittrice indonesiana Ayu Utami ha elogiato gli ambienti e i costumi degli anni ’40 come sorprendenti. Brian Lowry di CNN Entertainment ha affermato che, sebbene potrebbe non attirare lo stesso pubblico di Squid Game, La creatura di Gyeongseong ha un valore di intrattenimento che lo rende un successo mostruoso. MJ Marfori di TV5 Filippine ha lodato la serie per il suo mix di suspense e romanticismo, prevedendo il successo globale, istantaneo ma fugace.
Dai corridoi si vocifera che la nuova stagione sarà ambientata ai giorni nostri, confidiamo nel fatto che il nuovo worldbuilding riaccenda la fiamma. Nel frattempo, armatevi di popcorn, bibite e costruite la vostra opinione. Buona visione a tutti.