#NoStreamDay Vs Twitch: I diritti dei lavoratori del web

Chi frequenta Twitch, la piattaforma di live streaming di proprietà di Amazon, probabilmente saprà già che si sta organizzando per il 9 dicembre 2020 un #NoStreamDay. L’efficace hashtag si fa promotore di una giornata di protesta “digitale” contro la gestione di alcuni aspetti di questo sito giudicati negativamente dagli utenti, in quanto la piattaforma viola per molte persone in Italia e nel mondo è la primaria fonte di lavoro e quindi di reddito. Ma cerchiamo di capire un po’ meglio: quali sono le rivendicazioni? Da cosa nasce la protesta? Chi la sta organizzando?

#NoStreamDay

Prima del #NoStreamDay: l’hashtag #FreeSdrumox

Twitch in Italia è una piattaforma emergente che non ha ancora consolidato a pieno il suo successo, ma grazie alla presenza di molti intrattenitori migrati da altre piattaforme e spinti da guadagni cospicui (sì, si può guadagnare con Twitch) sta riuscendo pian piano ad imporsi. Va aggiunto che se ai suoi inizi il sito di streaming dava spazio prevalentemente alla categoria Gaming, adesso Twitch si sta trasformando in un contenitore generalista di contenuti di intrattenimento di ogni tipo. Ma le proteste, si sa, sono sempre degli atti di reazione e anche in questo caso è servita la famosa “goccia che fa traboccare il vaso”.

In particolare parliamo del ban “permanente” dalla piattaforma di uno degli streamer più influenti d’Italia: Daniele Simonetti, Sdrumox (molto legato al più noto Marco Merrino). A seguito di questo evento nasce l’hashtag #FreeSdrumox. Lo streamer ha spiegato in un video i motivi che hanno portato al suo ban e come lo stesso è avvenuto: tempistiche, richieste da parte sua alla piattaforma e viceversa, ripercussioni personali dovute all’attesa dell’esito di un giudizio sul suo ban protrattosi per lunghissimo tempo.

Per molti utenti e streamer della piattaforma di Jeff Bezos questo ban è ingiusto per vari motivi. Il linguaggio utilizzato da Simonetti in quella live non sarebbe stato contestualizzato dai moderatori e quindi giudicato razzista anziché satirico. Ma soprattutto il verdetto sul ban in questione sarebbe arrivato tramite un messaggio automatico dopo oltre 6 mesi. Un tempo di attesa ritenuto troppo lungo per chi come Sdrumox ha la sua principale fonte di reddito dai guadagni di Twitch.

La poca trasparenza con la quale certe decisioni vengono prese dalle aziende di questo settore nei confronti dei suoi utenti è sempre stata tema di dibattito, ma se si mettono di mezzo i guadagni di chi si è inventato una nuova professione online, le cose diventano più serie.

#NoStreamDay: gli streamer si uniscono per protestare

Il ban permanente di Sdrumox è stato annunciato in live su Twitch dall’amico e coinquilino Marco Merrino, che ha anche annunciato di voler abbandonare la piattaforma a seguito del comportamento dei moderatori. Questo annuncio ha scosso molti utenti del sito viola, soprattutto gli streamer più popolari della community italiana, che interpretando l’evento come un precedente pericoloso hanno deciso di dare il via a varie iniziative.

Il Cerbero Podcast, in particolare con l’impulso di Davide Marra, ha proposto di realizzare una giornata di “sciopero” dalle live di tutti i maggiori streamer italiani e di tutti gli utenti. Questo è il #NoStreamDay, e a questa chiamata alle armi digitale hanno risposto tantissimi altri streamer, che hanno a loro volta proposto delle iniziative aggiuntive per rendere l’evento ancora più mediatico e rumoroso. Si sono fatti avanti streamer riconosciuti e apprezzati come Dario Moccia, Homyatol, Panetty, Ivan Grieco (che ha proposto una iniziativa su Twitter), e tantissimi altri.

Data la capacità di coinvolgimento dei creator che parteciperanno, si prevede una partecipazione molto grande anche degli utenti, che per un giorno non seguiranno i propri streamer preferiti, ma faranno altro. Nonostante questo non si sa ancora con precisione quando sarà e quello che accadrà durante la giornata, ma da alcuni spoiler trapelati dalle voci degli stessi streamer interessati si pensa di fare una breve trasmissione in contemporanea in cui si leggerà un manifesto firmato da chi partecipa attivamente al #NoStreamDay.

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Cosa rivendicano i “lavoratori del web”?

L’obiettivo della protesta, come già detto, è quello di portare alla visibilità di più persone possibili la mancanza di diritti specifici e di maggiore trasparenza per chi fa della sua presenza sul web un lavoro. Le piattaforme possono decidere, in quanto aziende private, tutto quello che vogliono sulla presenza degli utenti nei loro spazi? Pur sfruttando la creatività e gli specifici talenti di chi le popola per guadagnare cifre importanti dal mercato pubblicitario e dagli abbonamenti, le piattaforme spesso non danno a questi nuovi lavoratori la giusta trasparenza e la possibilità di comprendere a pieno ciò a cui vanno in contro investendo tempo, soldi ed energie nella creazione di contenuti.

La rivendicazione dei creator è sicuramente degna di essere valutata, e di certo i mancati guadagni che Twitch e gli stessi streamer potrebbe subire nel #NoStreamDay daranno da pensare a chi ha potere decisionale. Sì, perché gli streamer protestando perderanno i guadagni di un giorno di lavoro, e di conseguenza, se il pubblico li seguirà, li faranno perdere anche a Twitch.

Di seguito il “Manifesto del #NoStreamDay.

Va detto però che come per tutti i nuovi lavori che si basano sull’uso di piattaforme web – come i blogger, i driver, i food delivery, ecc. – servirebbero interventi legislativi a livello governativo. Le imprese per loro natura hanno l’obbiettivo di crescere economicamente e puntano al bene di pochi, mentre i governi dovrebbero puntare al bene di tutti. Di conseguenza si dovrebbero aiutare anche dei piccoli imprenditori che firmano contratti di collaborazione lavorativa con grandi aziende ottenendo, a volte, condizioni sfavorevoli.

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