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Recensione Spider-Man: Across the Spider-Verse – Il miglior film animato dell’anno

Spider-Man: Across the Spider-Verse è il miglior film animato dell’anno.

Avremmo dato questo titolo a Super Mario Bros., ma dopo aver visto l’ultimo film Sony ci siamo ricreduti. Volete sapere quali sono le nostre impressioni? Continuate a leggere la recensione.

ATTENZIONE: Anche se parleremo del lungometraggio non parleremo di elementi fondamentali della trama non rilevati nei trailer, sarà quindi una recensione spoiler free; se invece siete quel tipo di spettatori che pensano che “anche i trailer sono spoiler“, allora vi invitiamo a ritornare quando lo avrete visto anche voi.

Se cercate altri contenuti fumettistici vi invitiamo a recuperare sul sito gli articoli inerenti, come le origini di Venom o la storia delle Tartarughe Ninja.

 

Parliamo di Spider-Man: Across the Spider-Verse

Partiamo dalla trama, semplice e lineare, ma che riesce a snodarsi per diversi punti e ricongiungerli uno a uno come a tessere una ragnatela.

Spider-Man: Across the Spider-Verse è sublime. Questo sequel prende i temi di base del primo film – l’isolamento adolescenziale, l’interruzione della comunicazione, l’attività disordinata e stressante della crescita, la voglia di trovare qualcuno che ci capisca – e costruisce interi mondi con essi.

Punta un riflettore su Miles Morales tra tutti i protagonisti, pur dando molto spazio a Miguel O’Hara, Peter B. Parker e Gwen Stacy, e sul rapporto con la sua famiglia.

Gli eventi si susseguono fitti su schermo, e accompagnati dalla colonna sonora sembra di stare sulle montagne russe, trattenendo il fiato con il cuore in gola. Per un attimo non sappiamo se essere più meravigliati di come siano riusciti ad allacciare su schermo tutti questi stili di disegno diversi tra loro o di come siano riusciti a dar senso a una serie di eventi visti e rivisti.

 

Gli eventi canonici

Ci viene annunciata dalla prima pubblicità che ci sono svariate versione dell’Uomo-Ragno nel multiverso. Queste sono collegate tra loro con dei fili che formano la grande tela del Ragno-Verso. All’interno di esso ci sono degli snodi che non possono cambiare, degli eventi che ogni Spider-Man è costretto a vivere. Il più comune, è la morte dello Zio Ben; anche Miles nel primo film perde suo zio e riesce a fare quel passo in più che lo porterà ad abbracciare il suo destino.

Gli eventi canonici dello Spider-Verse sono quelle storie che vengono riproposte da anni a lettori e spettatori. Eppure il film ci mette di fronte a un interrogativo: questi eventi possono cambiare? Miguel (Spider-Man 2099) insiste che non può essere cambiato il destino, altrimenti l’intero universo crollerà.

Ci piace pensare che ci sia qualcosa di più. Una forte critica contro l’industria dei fumetti (e ora anche dei film) che ripropone sempre la stessa storia perché altrimenti si perderebbe pubblico. Il lettore medio vuole veder morire lo Zio Ben, vuole veder fallire Spider-Man – proprio come diceva Green Goblin nel primo film di Raimi.

Forse stiamo dando una chiave di lettura troppo profonda in una costruzione più modesta, ma ad alimentare questi pensieri sono state le battute del film.

 

Recensione Spider-Man: Across the Spider-Verse

Dov’è il politicamente corretto?

In Spider-Man: Across the Spider-Verse vediamo tante varianti dell’Uomo-Ragno. Alti, bassi, di diversa etnia, religione e orientamento sessuale, diversamente abili e anche uno Spider-Man Lupo Mannaro! Molti pensano che sia per far felice quella fetta di pubblico più “critica”, i paladini dell’internet che si indignano per film usciti sessant’anni fa, ma i lettori di Spider-Man sanno benissimo che questo è un concetto che fa da fondamenta per la costruzione di questo super eroe.

Sotto la maschera dell’Uomo-Ragno può esserci chiunque, e per citare Peter B. Parker nel primo film: Essere Spider-Man è un atto di fede; bisogna credere che con le proprie azioni sia possibile cambiare il mondo, pur non avendone la certezza. Differenti versioni dello stesso eroe implicano differenti punti di vista e la satira più forte, l’umorismo più sporco saturo dell’ipocrisia della società, lo iniziamo ad assaporare con Pavitr Prabhakar, Indian Spider-Man! 

Lo Spider-Man indiano presenta la sua città, ironizzando sul sovrappopolamento dell’India e su come ci sia sempre traffico. C’è traffico a destra, a sinistra, in alto e in basso. Ma quando ci mostra la sua città indica una zona che non ci saremmo aspettati di trovare in un film del genere, e citandolo: Qui è il posto dove gli Inglesi hanno rubato la nostra cultura.

 

Il coraggio di osare

Non ci dilungheremo sull’invasione inglese in India. Ma il comportamento del Regno Unito in quel periodo è stato tutt’altro che lusinghiero e per il popolo invaso la ferita è ancora aperta. È veramente raro trovare una produzione hollywoodiana in cui i cattivi non siano solo nazisti, ma Spider-Man: Across the Spider-Verse riesce a sparare notevoli diretti inaspettati.

Sempre in uno sketch di Pavitr viene regalata una stoccata all’ipocrisia di chi si appropria della cultura di un popolo senza prendersi la briga di informarsi un minimo sulla stessa. Lui parla di come ama bere il Chai con sua Zia e Miles, per ingraziarselo, afferma che gli piace il Tè Chai.

Ma Chai vuol dire tè, per Pavitr sarebbe come ordinare una tazza di Caffè Caffè o Latte Latte e gli fa notare la gaffe, che si conclude con molto imbarazzo.

 

Funziona perché è reale

Spider-Man: Across the Spider-Verse funziona molto meglio del 99% dei film di supereroi sul mercato perché è molto più realistico. Gwen, ad esempio, non è la donna forte che sa già fare tutto e la cui unica limitazione sono solo gli uomini più incapaci attorno a lei che le impediscono di avanzare. È una persona che si rimbocca le maniche per fare del suo meglio e impara sbagliando.

Lo stesso vale per Peter B. Parker. Non voleva figli nel primo film e per questo ha lasciato Mary Jane, ma dopo l’incontro con Miles ha deciso di prendersi le sue responsabilità e lo vediamo entrare in scena con sua figlia. Sta imparando a fare il genitore e sa di non essere infallibile.

Parlando di genitori, Miles si trova spesso in disaccordo con i suoi. Questi ultimi vorrebbero il meglio per lui, ma non c’è comunicazione e quindi non si capiscono.

Tutti cercano di fare del loro meglio con i mezzi che hanno e ogni punto di vista viene analizzato a dovere. Ci aspettavamo qualcosa di bello, ma questa profondità è stata magnifica. Per quanto ci riguarda andrebbe presa come esempio per i film animati futuri: Semplicità non è sinonimo di mediocrità, e un’opera eccessivamente contorta non è al contempo anche matura.

 

Un’esplosione di colori

Non può non balzare all’occhio il lato estetico di Spider-Man: Across the Spider-Verse. Se nel primo film assistevamo al tentativo del cinema che si impegnava per veicolarsi per trasporre al meglio il fumetto – con una narrazione ricca di onomatopee e inquadrature “cartacee” – adesso troviamo un’inversione totale.

Il fumetto diventa parte integrante del film gettando le basi, e regala differenti stili che si incastrano tra loro come fossero i pezzi di un puzzle. Ogni mondo ha il suo stile, la sua atmosfera e il suo calore: il mondo di Spider-Gwen, che apre il film, è influenzato dallo stato d’animo della protagonista che ci offre temi cupi e colori più tenui legati a ciò che sta provando. Il mondo di Spider-Man 2099 invece è spigoloso come il carattere di Miguel.

Il migliore di tutti però è il mondo di Hobie Brown, Spider-Punk! Si presenta come lo Spider-Man che non vuole definirsi eroe per non essere narcisista, amante della musica e nemico dei fascisti – Hobie è uno di noi. Il suo tratto riprendere l’estetica dei Sex Pistols di Jamie Reid e dei Gorillaz di Jamie Hewlett.

Preferiamo non parlare del cattivo del film per non fare spoiler, ma il design è chiaramente preso dagli Anti-Spiral di Gurren Lagann che offre al lungometraggio uno stile anche orientale con un accenno di Robottoni.

 

Concentrato d’azione

In questo film si parla, tanto. L’azione è concentrata all’inizio, a metà e alla fine. I collegamenti tra una scena di lotta e l’altra sono riempiti dai momenti di vita quotidiana di tutti i giorni di Miles e della sua famiglia. Si dà lo spazio ai sentimenti e alle idee individuali, ma le lotte non passano in secondo piano.

I combattimenti sono frenetici e veloci, eppure chiari e coinvolgenti al punto che non ti stancheresti mai di rivederli. Spider-Man: Across the Spider-Verse riesce a cogliere la dinamicità delle avventure dell’Uomo-Ragno che abbiamo imparato ad amare, e renderlo fruibile a ogni genere di spettatore.

Siamo inoltre felici di raccontare che il lungometraggio non è una riproposizione del supereroe più famoso di casa Marvel, né una nuova chiave di lettura o un esperimento culturale per far avvicinare altri spettatori. È un film sull’Uomo-Ragno ed è impacchettato alla perfezione.

 

I difetti di Spider-Man: Across the Spider-Verse

Purtroppo però non è un film privo di difetti. Qualche piccola sbavatura la vediamo, ma sono per lo più tutte piccolezze di cui si può fare a meno. I due grossi difetti che abbiamo fatto fatica a buttar giù in Spider-Man: Across the Spider-Verse sono legati all’inizio e alla fine.

I primi dieci minuti di introduzione a Gwen sono lentissimi. Superato questo scoglio ci troviamo di fronte una grande opera, ma quest’introduzione è molto dura da mandare giù. Un mini-film sulle origini di Gwen, su come è diventata la Spider-Ghost che non vuole amici. Si vocifera che arriverà un film spin-off con lei, ma essendo solo dei rumor preferiamo non specularci su; se Sony volesse usare questo minutaggio come trampolino di lancio per il film di Spider-Gwen, allora ha deciso di utilizzare il metodo meno accattivante per farlo.

Il secondo problema arriva col finale. Si giunge al climax e *ZACK!*, un colpo d’accetta secco taglia il film e veniamo rimandati ad attendere il sequel. C’erano milioni di modi per creare un finale aperto che richiamasse un sequel, ma si è deciso di adottare il metodo moderno per le serie TV – girare un film di 10 ore e poi dividerlo in segmenti di 40 minuti.

Se l’inizio con Gwen è difficile da digerire, il finale è proprio duro da accettare.

 

Concludiamo la recensione

Per concludere la recensione, al netto dei difetti sopra elencati, possiamo comunque definire Spider-Man: Across the Spider-Verse il miglior film animato dell’anno. Sicuramente, uno dei film animati più belli di sempre.

Il lungometraggio scorre che è un piacere (esclusa la parte con Gwen), la fotografia è meravigliosa, i personaggi ben raccontati e la musica accompagna perfettamente il tutto. Sony ha impacchettato un prodotto che può essere fruibile per tutti, amanti dei fumetti e non, da soli o in famiglia e per un pubblico di tutte le età.

Siamo davvero curiosi di vedere il sequel, che sarà la conclusione dell’avventura animata di Miles Morales …per ora! Non serve vedere il primo film per godere di questo secondo capitolo, ma per completezza vi consigliamo di recuperare Spider-Man: Into the Spider-Verse.

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