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Shrek e la rivoluzione nel mondo delle fiabe

Shrek nasce nel 1991 dalla mente dello scrittore William Steig, quando decise di dar vita ad un’omonima fiaba per bambini. Il protagonista, per la prima volta, non era un eroe senza macchia e senza paura, o una povera donzella in pericolo, ma un orco puzzolente, non in forma, senza capelli e pieno di difetti.

Oggigiorno è davvero mainstream creare storie con protagonisti “non-eroici”. Gli schemi “classici” delle fiabe “classiche” sono rivisti in continuazione e riproposti in salsa “moderna”, ma per l’epoca un protagonista orco fece molto scalpore. Il libro, benché fosse solo un’opera per bambini, fu apprezzato anche dai grandi e tra i suoi sostenitori, potè vantare Steven Spielberg; il regista rimase così colpito dall’originalità della storia che ebbe la voglia di farne un film. Cosa che non accadde perché in quel tempo era alle prese con il primo Jurassic Park.

Per parlare di Shrek però bisogna tornare qualche anno indietro nel tempo, al momento più nero per la Disney. Un’epoca che – pur essendoci a riguardo molti video e/o articoli – sembra ricordino in pochissimi.

Shrek
Shrek e i suoi compagni in un’immagine promozionale del film

 

Jeffrey Katzenberg e la Disney

Molti non sanno che Jeffrey Katzenberg negli anni ’80 era l’amministratore delegato della Disney. Dopo la morte di Walt Disney la casa di Topolino iniziava a perdere colpi, ma quando Katzenberg unì le forze con Spielberg e Robert Zemeckis, i tre diedero vita al film d’animazione più costoso di sempre: un progetto che fece guadagnare tanti di quei soldi allo studio, da permettergli di vivere di rendita per un po’ e riprendersi dagli insuccessi (economici) di quegli anni. Parliamo ovviamente di Chi ha incastrato Roger Rabbit.

Chi ha incastrato Roger Rabbit non fu un film pensato a caso, ma servì a far capire al Giappone – e ai suoi cartoni animati che in quegli anni spopolavano – chi fosse il re dell’animazione mondiale. Quando uscì il film Disney si scontrò direttamente con uno dei più grandi capolavori dell’animazione giapponese: Akira. E  lo sconfisse.

Gongolanti di quel successo, negli anni a venire Katzenberg spinse la produzione Disney a lavorare su nuovi film basati su fiabe ancora non sfruttate a dovere; arrivarono così La Sirenetta, Aladdin, La Bella e la Bestia, Il Re Leone (nel quale però il nome di Katzenberg non appare neanche per sbaglio). Diciamo che la Disney non fu generosa con il suo amministratore delegato – senza entrare nel dettaglio – e quest’ultimo si licenziò giurando vendetta! No, ok, ho enfatizzato un po’, ma la vendetta arrivò sul serio.

Nacque così la DreamWorks, studio di animazione che all’epoca si oppose al dominio Disney. Vi siete mai chiesti cosa significasse la sigla SKG sotto il logo dell’azienda? Spielberg, Katzenberg e Geffen. Mentre i tre lavoravano a Shrek arrivò Il Principe d’Egitto, che narrava dell’esodo degli ebrei tenuti in schiavitù dal faraone egizio. Il film ebbe molto successo, ma non era nulla paragonato a Toy Story, il lungometraggio d’animazione della Pixar – ma distribuito dalla Disney – che diventò un cult senza tempo (anche se non è invecchiato benissimo a riguardarlo oggi).

Negli anni seguenti Disney/Pixar e DreamWorks si scontrarono nuovamente con tanti film simili, come Le Follie dell’Imperatore ed El Dorado, Alla ricerca di Nemo e Shark Tale, A Bug’s Life e Z la Formica; nell’ultimo caso ebbe la meglio la DreamWorks perché Z – oltre ad avere la voce di Woody Allen – fu ritenuto dal pubblico un film più interessante e maturo.

Nel 2000 si rischiò un nuovo tracollo per la Disney, quando sfornò Fantasia 2000 e Dinosauri. Due film che non ottennero il successo sperato – due ciofeche, per intenderci – così DreamWorks sfruttò l’occasione decidendo che era il momento perfetto per distribuire Shrek.

 

Shrek e le fiabe non tradizionali

Il protagonista Shrek in una scena del film

 

Come già indicato, Shrek è una storia che si discosta di molto dalle fiabe tradizionali. Non solo perché il protagonista è un orco – solitamente il cattivo, in questo genere – ma perché con la satira prende in giro gli archetipi creati in anni di letteratura e film di animazione, inserendoli in un contesto maturo e riflessivo.

Niente di ciò che si vede in Shrek è dettato dal caso. La scena iniziale, in cui Shrek è in bagno e si pulisce il sedere con la pagina del libro che stava leggendo, era una chiara dichiarazione di guerra. Shrek ci si pulisce il c**o con le solite fiabe. La stessa Duloc è una critica sociale alla Disney: in un parco di divertimento, tra gadget e giochi, si nasconde il marcio di una società che ha fatto arricchire potenti avidi e malvagi.

Fiona non è una semplice protagonista femminile, è proprio una chiara lotta per un’emancipazione femminile vera. Ancora oggi, nel 2020 la donna non ha gli stessi diritti di un uomo; rispetto agli uomini la donna non può essere brutta e antipatica, deve migliorarsi, dimagrire, essere cortese, e non può mai mostrarsi per quello che è alla luce del sole, essendo spesso costretta a nascondere i suoi difetti. La maledizione di Fiona recita infatti: “di giorno in un modo, di notte in un altro“. Se non sei come le altre, devi essere rinchiusa in una torre e sperare che qualcuno ti accetti per quello che sei.

Ovviamente è proprio grazie ai difetti dei protagonisti che tutto il baraccone funziona, ed è anche la motivazione principale del successo del brand. Shrek è davvero testardo, sarcastico, ha un carattere difficile, ma essendo vittima di pregiudizi nessuno arriverà mai a scoprirlo, perché tutti si fermano a ciò che vedono. Come Fiona (che è una principessa che conosce il kung fu, rutta ed uccide per mangiare) e Ciuchino (che al contrario dei pregiudizi rimane sempre sé stesso, fregandosene delle opinioni altrui) anche Shrek, l’orco vittima di pregiudizi, sarebbe stato un esempio di parodia che avrebbe fatto ridere la gente e sarebbe poi scomparso nella storia; invece, proprio la caratterizzazione dei personaggi li ha resi davvero umani, e la cosa ci permette di rispecchiarci in essi.

Al contrario loro, il cattivo fa di tutto per apparire ciò che non è.

La “vera” principessa Fiona

 

Il lavoro dietro il successo

Forse non lo sapete, ma dal 1996 al 2001 DreamWorks lavorò solo a Shrek. La CGI era una tecnica d’animazione ancora poco in uso per l’epoca, e ci volle una mole di lavoro davvero considerevole per arrivare al risultato finale.

Il ruolo più importante però fu quello della campagna pubblicitaria. All’epoca, quando internet non era così diffuso e non c’erano tutti questi aspiranti critici, il successo di un’opera era spesso dettato dal marketing. La campagna per Shrek fu epocale. Tutti dovevano vederlo e fu più che un successo. Oggigiorno va di moda parlare male della Disney, ma all’epoca nessuno aveva il coraggio di dipingerla come una multinazionale “cattiva”, e Shrek fu il primo a farlo. In una società non così tanto distopica – che si proclama migliore di un orco pur non conoscendolo – Shrek è l’eroe di cui c’era bisogno all’epoca: un eroe comune e con difetti veri.

Con l’arrivo del secondo capitolo si alzò l’asticella ancor di più. I sovrani di “…far, far away” vivono nel castello della Diseny a Hollywood; le principesse sono delle vere celebrità viziate e superficiali, e la fata madrina … bè, lei rappresenta proprio il simbolo del potere che gestisce tutto ciò che può, come farebbe il capo di un’associazione mafiosa. Ogni scena del film è ponderata nel dettaglio, prendiamo ad esempio la scena in cui la Sirenetta bacia Shrek: la Sirenetta è uno dei film di Katzenberg che, a dir suo, fu dato in pasto agli squali. Ed è proprio la stessa fine che fa in Shrek 2.

Anche se ogni espressione comica è una presa in giro a mamma Disney, in fin dei conti Shrek 2 rimane fedele a sé stesso. Lo fa demolendo i concetti e i pregiudizi che ci costringono a essere belli, composti e ben visti, per poterci ritagliare un nostro posto nella società. Al contrario del Re Ranocchio, che è dovuto diventare principe per poter prendere il trono, Fiona – che ha la possibilità di tornare ad essere bella con Shrek – decide liberamente di rimanere un orchessa, e vivere al fianco dell’orco che ha deciso di sposare.

 

L’eredità di Shrek

Shrek, Ciuchino e il Gatto con gli stivali

 

Purtroppo il terzo e il quarto capitolo della saga non poterono contare sullo stesso team dei primi due, e prima che i film potessero tornare all’antico splendore la DreamWorks fallì. Tuttavia Shrek, riuscì dove nessun altro film d’animazione era riuscito e ancora oggi nessuno riesce a eguagliarlo in termini di completezza; fu creato un Oscar apposito per poter premiare Shrek: l’Oscar al miglior film d’animazione, introdotto proprio nel 2002.

Dopo l’uscita del film e del primo sequel, sempre più lungometraggi animati cominciarono a incorporare riferimenti alla cultura di massa, e a inserire numeri musicali conclusivi al termine della pellicola. Shrek è stato il primo film d’animazione a raccogliere le fiabe più conosciute al mondo per parodiarne personaggi e dinamiche ricorrenti, reinventandole in chiave più matura.

Ancora oggi, nel 2020, i film Disney – come qualunque altro film di qualunque altra produzione – non riescono a essere maturi, irriverenti e divertenti come lo fu Shrek nel 2001. Non è quindi un caso se l’orco verde pieno di difetti è entrato nel cuore di noi tutti, a poco più di 18 anni dal suo debutto.

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