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Studio Ghibli: dalle origini ad oggi

In Italia lo Studio Ghibli è spesso associato alla figura di Hayao Miyazaki ed è stato anche grazie a questo importante artista che la casa d’animazione giapponese è ormai conosciuta dal pubblico italico. Attraverso questo articolo si cerca di fornire una panoramica dettagliata dello Studio Ghibli dalla nascita fino ai giorni nostri.

 

Studio Ghibli logo

 

Miyazaki e la scelta del nome

Partiamo dal nome alquanto singolare scelto da Miyazaki: “Ghibli” è un termine d’origine arabo-libica e sta a indicare il vento caldo che soffia nel deserto del Sahara. Durante la Seconda Guerra Mondiale il nome fu utilizzato da un aereo militare italiano da ricognizione, il Caproni Ca 309 Ghibli, e Miyazaki, appassionato di aeroplani, decise di intitolare a esso lo studio.

In alcune interviste – in particolare nel docufilm del 2013 sullo Studio Ghibli e i suoi capolavori di animazione Il regno dei sogni e della follia di Mami Sunada – a confermarlo è lo stesso Miyazaki, aggiungendo che la scelta del nome corrispondeva anche all’intenzione di portare aria nuova e “suscitare scalpore nell’industria dell’animazione giapponese”.

 

Il giovane duo Takahata-Miyazaki agli albori dello Studio Ghibli

 

Un inizio non facile

Lo Studio Ghibli è fondato nel Giugno 1985 come società per azioni dai registi Hayao Miyazaki e Isao Takahata e dal montatore e produttore (nonché appassionato lettore di libri e manga, e vicedirettore della rivista Animage) Toshio Suzuki. Nel progetto investe la casa editrice Tokuma Shoten, dopo la produzione del lungometraggio d’animazione Nausicaä della Valle del Vento (1984), basato sul manga omonimo che Miyazaki aveva iniziato a disegnare due anni prima.

Il film affronta tematiche non semplici nello scenario di un futuro post-atomico in cui la natura ricostruisce la Terra mentre l’uomo continua ostinatamente a fare del male, ma non riscuote il successo sperato, nonostante Miyazaki fosse già conosciuto nel mondo degli anime (si citano Conan il ragazzo del futuro del 1978 e l’esordio alla regia con Lupin III – Il castello di Cagliostro del 1979).

 

Il successo popolare

La compagnia non demorde e negli anni a seguire nascono i primi due lungometraggi, Laputa – Castello nel cielo (1986) e Il mio vicino Totoro (1988). Quest’ultimo nonostante lo scarso incasso al botteghino segna una svolta nello studio di animazione, tanto da far diventare il personaggio Totoro (uno spirito della foresta) il suo logo.

Il nome Studio Ghibli inizia a circolare tra la massa, il personaggio buffo e peloso di Totoro diventa non solo molto amato tra le persone ma lo stesso film riscuote ampio favore di critica a livello nazionale, entrando nella top 10 del Kinema Junpo, storico magazine sul cinema in Giappone, nello stesso anno della sua uscita.

 

 

Satsuki, Mei e Totoro dal film “Il mio vicino Totoro”

Nonostante le reazioni positive della critica gli investitori, spaventati dai magri profitti, sono riluttanti a versare un proprio contributo. A salvare le sorti dello Studio Ghibli è proprio Toshio Suzuki che, forte dell’esperienza in Animage, riesce a capire come pubblicizzare i film di Miyazaki attraverso i media.

 

L’uso strategico del marketing che porta al riconoscimento dello Studio

Sotto le strategie di marketing di Suzuki numerosi film vengono alla luce sbancando il boxoffice: da Kiki consegne a domicilio (1989) a La Principessa Mononoke (1997), fino al clamoroso trionfo su scala globale de La Città Incantata (2001).

Hayao Miyazaki e lo Studio Ghibli cominciano a essere conosciuti in Occidente, a partire dal premio Oscar per il miglior film d’animazione, ricevuto proprio per La Città Incantata. In questa pellicola campi larghi e treni che arrivano viaggiando a pelo d’acqua fanno da sfondo alle avventure di Chihiro, una ragazzina che si ritrova in un mondo magico di cui non conosce le regole, per salvare i genitori imprigionati in corpi di maiali.

 

 

Chihiro e Haku dal film “La Città Incantata”

 

Seguendo l’onda del successo, esce nel 2004 Il castello errante di Howl per il quale Suzuki applica una strategia di marketing opposta alle precedenti. Non pubblicizza in alcun modo il film, alimenta l’attenzione del pubblico senza dargli assolutamente alcun tipo d’informazione. Stessa tecnica utilizzata per il recentissimo film Il ragazzo e l’airone, che è stato un altro successo al botteghino.

 

Lo Studio Ghibli diventa indipendente

Nel 2005 lo studio d’animazione Ghibli diviene indipendente dalla casa editrice Tokuma Shoten, casa di produzione della rivista Animage, diventando a tutti gli effetti Studio Ghibli, con Toshio Suzuki come presidente e direttore rappresentativo. Esce nelle sale cinematografiche I racconti di Terramare, e come altri film dello studio anche questo è tratto da una serie di libri ed in particolare dai primi quattro romanzi del ciclo di Ursula K. Le Guin Il Ciclo di Earthsea. Alla regia vi è il figlio di Miyazaki, Goro.

 

La bellezza della semplicità

Ciò che ha reso iconici i film dello Studio Ghibli e che li rende ancora dei capolavori visivi sono proprio lo stile dell’animazione e i temi che esso tratta.

 

 

Fotogramma tratto dal film “Una tomba per le lucciole” di Isao Takahata

 

I bellissimi dettagli visivi che appaiono frame per frame sullo schermo sono tutti realizzati a mano. Anche con l’avvento della CGI (acronimo di computer-generated imagery, ossia immagini generate al computer, un’applicazione nel campo della computer grafica 3D per la resa degli effetti speciali digitali nei film) lo Studio Ghibli e i suoi artisti si erano schierati apertamente contro il suo utilizzo per realizzare film d’animazione.

Nonostante l’iniziale ritrosia di Miyazaki nel voler usare la CGI, questa è stata utilizzata in alcuni film come La Principessa Mononoke, La Città Incantata e Il Castello errante di Howl. I giovani illustratori dello studio convinsero il titubante Maestro attraverso il loro entusiasmo per questa nuova tecnica 3D. La tecnologia venne così applicata ai lungometraggi citati in precedenza rendendo più fluida e omogenea l’animazione 2D.

Miyazaki concede l’uso della computer grafica ma con parsimonia, per impedire che questa prenda il sopravvento sulla semplicità e la naturalezza del disegno tradizionale. Un’eccezione è rappresentata dal film Earwig e la strega che vede alla regia nuovamente Goro Miyazaki, il quale sembra quasi aver sfidato la tradizione girando un intero film in computer grafica.

 

Scena tratta da “Earwig e la strega”

 

Una chicca interessante è che nel documentario-intervista diretto da Kaku Arakawa, Never Ending Man, il manager e produttore Ghibli Toshio Suzuki parla del film al tempo ancora inedito Il ragazzo e l’airone, la cui produzione è iniziata per l’appunto nel 2016. Hayao Miyazaki aveva impiegato circa 12 mesi per realizzare solo 12 minuti del film e sperava di finirlo entro il 2023 e così è stato in definitiva, proprio perché ogni singolo fotogramma è realizzato interamente a mano, provocando sensazioni suggestive in chi osserva.

 

 

Scena da “Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento”

 

Oltre allo stile dell’animazione, a rendere unico lo Studio Ghibli è il realismo bilanciato alla fantasia. Amore per l’ambiente, ammirazione per il carattere forte delle donne, per il volo, per una società capace di mantenere saldi i valori dell’essere umano di fronte al progresso senza freni. Questi sono alcuni dei temi cari allo Studio che ovviamente si arricchiscono nei diversi film di nuovi elementi come la paura infantile, la ricerca/sviluppo dell’indipendenza emotiva ed economica, la fantasia le cui immagini sono spesso precluse agli adulti.

Lo Studio Ghibli con i suoi film suscita qualcosa di profondo nella nostra anima, crea delle vere e proprie relazioni personali con lo spettatore attraverso l’esperienza visiva, quindi non occorre altro per cercare te stesso quando si entra nel magico mondo Ghibli.

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