Théoden è il tipico personaggio dei romanzi che compare a narrazione inoltrata, ma che si imprime sotto la pelle dei lettori per la carica emotiva che lo pervade. E se un regista scrittura un attore come Bernard Hill per interpretarlo, la passione che lo anima sui campi di Pelennor vi farà rabbrividire sempre. Non importa quante volte rivediate quella scena, vi emozionerete ogni volta. Ora ancora di più, dal momento che è venuto a mancare in un giorno di manzoniana memoria.
L’articolo si propone di ricostruire la storia del re di Rohan sfogliando le pagine del libro, indagare le fonti da cui Tolkien ha attinto per dargli vita e confrontare la versione cartacea con quella cinematografica di Peter Jackson, passando anche per le trasposizioni animate realizzate. Inoltre, conosceremo un po’ più da vicino l’attore che ha reso iconico il personaggio di Théoden e che si è distinto per ruoli altrettanto importanti in altre pellicole.
Indice
ToggleGenesi del romanzo
Il Signore degli Anelli è un romanzo di John Ronald Reuel Tolkien scritto fra il 1937 e il 1949, concepito come un unicum di circa mille pagine diviso in sei parti. La casa editrice Allen & Unwin si rifiuta di pubblicare un’opera di quelle dimensioni a causa della crisi dell’industria cartiera dovuta alla Seconda Guerra Mondiale. L’autore, dunque, si vedrà costretto a editarlo in tre momenti differenti.
Tolkien ammetterà di aver cominciato a scrivere ed essersi lasciato andare fino alla creazione di un mostro che, ormai, non era più né il seguito de Lo Hobbit come l’editore aveva richiesto visto il successo del romanzo, né un libro per bambini. Piuttosto era il completamento del manuale di mitopoiesi postumo Il Silmarillion (1977) dove si affrontava la creazione dell’Anello, riprendendo vicende narrate ne Lo Hobbit (1937).
Tolkien aveva così dato vita alle storie e alle lingue che affastellavano la sua mente e chiuso il cerchio di quello che oggi chiamiamo legendarium tolkieniano, quindi La Compagnia dell’Anello uscirà il 29 Luglio del 1954, Le Due Torri l’11 Novembre dello stesso anno e Il Ritorno del Re il 20 Ottobre del 1955.
Tradotto in trentotto lingue è, ad oggi, uno degli high fantasy più epici, divenuto caposaldo di un genere e spunto per diverse saghe letterarie e cinematografiche, come ad esempio Game of Thrones (G. Martin), Le Cronache di Narnia dell’amico e collega C. S. Lewis ed Harry Potter (J. K. Rowling).
L’antefatto
Nel secondo romanzo della saga fa il suo ingresso in scena Théoden, precisamente nel Libro III al Capitolo VI intitolato Il re del palazzo d’oro.
Frodo e Sam sono scappati alla volta di Mordor, mentre Merry e Pipino sono stati catturati dagli orchi e dagli uruk – hai di Saruman il Bianco. A questo punto, la compagnia si divide perché Frodo e Sam si incamminano soli alla volta del Monte Fato e Aragorn decide di non abbandonare gli altri due hobbit. Si metterà sulle loro tracce assieme a Gimli e Legolas. Dopo quattro giorni di inseguimento senza sosta, vengono fermati da imponenti uomini a cavallo guidati dal terzo maresciallo del Mark Éomer di ritorno da una battaglia contro gli orchi. Il giovane dice loro di non aver lasciato alcun sopravvissuto e, soprattutto, che con loro non c’era alcun hobbit.
Nonostante l’incontro sia stato carico di diffidenza, Éomer dà loro appuntamento a Edoras, capitale di Rohan, su cui svetta Meduseld, il palazzo d’oro della dinastia dei Rohirrim.
“Disse Aragorn «Sono trascorse molte lunghe vite d’Uomo da quando fu costruito il Palazzo d’Oro». «Da allora le foglie rosse della mia dimora nel Bosco Atro sono cadute cinquecento volte», disse Legolas; «a noi sembra un tempo molto breve». «Ma per i Cavalieri del Mark è così lungo», ribatté Aragorn, «che la costruzione di questa dimora è ricordata solo dalle canzoni, e gli anni precedenti si perdono nella nebbia dei tempi“.
Meduseld
In rohirric, la lingua un tempo parlata a Rohan, Meduseld significa “gran salone delle feste” e la sua edificazione fu iniziata sotto Brego, figlio di Eorl il Giovane nonché primo re di Rohan, e terminata un anno prima della sua morte, nel 2569 della Terza Era.
Troviamo diverse descrizioni del sontuoso palazzo. Legolas lo descrive come ricoperto d’oro tanto da brillare su tutta la contrada, mentre all’interno alte colonne sorreggevano il tetto e «il pavimento era ricoperto di pietre dai molti colori; rune ramificate e strani disegni s’intrecciavano […] le colonne erano riccamente scolpite, ed emettevano un tenue barlume ove l’oro si confondeva con altre vaghe tonalità. Molti arazzi erano appesi alle pareti, e sulle loro ampie superfici incedevano figure d’antiche leggende, alcune offuscate dagli anni, altre oscurate dalle ombre».
A occuparsi delle illustrazioni per Il Signore degli Anelli è stato il pittore inglese Alan Lee che, per primo, ha dato forma a quello che Tolkien aveva descritto e ha collaborato con Peter Jackson alla scenografia della trasposizione cinematografica, compresa quella de Lo Hobbit.
Lee ha immaginato Meduseld come Heorot, la Reggia del Cervo Sacro del re dei Geati Hroðgar, le cui gesta sono cantate nel Beowulf. L’ipotesi troverebbe fondamento nell’ammirazione che Tolkien nutriva nei confronti del poema anglosassone, tradotto per recuperarlo nella sua essenza poetica e oggetto di molte sue lezioni di letteratura all’Università di Oxford. Inoltre, l’autore descrive il palazzo come high house riprendendo esattamente il verso 116 del poema dove si definisce Heorot hean huses, l’alta casa sopraelevata rispetto alle altre abitazioni.
Per l’illustratore, il palazzo doveva rappresentare nei dettagli il legame tra i Rohirrim e i loro cavalli che è fondamentale nella loro cultura. Gli schizzi preparatori, infatti, presentano Edoras maestosa e regale in cima a un colle, con la struttura portante in legno, decorata in oro e rinforzata in ferro. La ruralità incontra il vigore e la forza, elementi che rimandano alla popolazione di Rohan dove anche le donne hanno imparato a cavalcare e destreggiarsi nell’arte della guerra.
Théoden, figlio di Thengel
Vediamo più da vicino che è il re di Rohan. Nato nel 2963 della Terza Era, Théoden era figlio di Thengel il Tre Volte Rinomato e Morwen Acciaiolucente del Lossarnach. Dati i cattivi rapporti che intercorrevano tra Thengel e suo padre Fingel della Casa di Eorl, il ragazzo visse a Gondor con la sua sposa e, solo dopo la morte del re, si trasferì a Edoras. Thengel divenne sedicesimo re di Rohan e i due ebbero cinque figli, ma sopravvissero solo due, Théodwyn e Théoden per l’appunto.
Il Principe ereditario di Rohan fu educato secondo i costumi del regno quindi imparò a cavalcare e combattere, approfittando delle sortite degli Uomini Selvaggi del Dunland (o Landumbria) che spesso sconfinavano cercando di riconquistare terre che consideravano di loro proprietà. Dopo aver sposato Elfhid della stirpe dei Rohirrim, Théoden ebbe da lei un figlio di nome Théodred che divenne Primo Maresciallo di Rohan e dell’Ovestfalda.
Il Signore dei cavalli
Quando nel 2980 della Terza Era Thengel morì, Théoden poté indossare la corona di re e diventare il diciassettesimo Signore dei cavalli di Rohan. I Rohirrim, infatti, sono da sempre allevatori di una particolare razza, i Mearas, provenienti dalle terre dell’Anduin e discendenti di Nahar, destriero del Vala Oromë. I più celebri furono Feralóf, cavallo di Eorl il Giovane, Ombromanto (o Mantombroso) appartenuto a Gandalf e Nevecrino (o Crindineve), il cavallo di Théoden al suo fianco fino alla fine.
Erano cavalli imponenti e longevi, di una gradazione che andava dal bianco al grigio, in grado di galoppare per ore senza accusare la stanchezza e, soprattutto, capaci di intendere il linguaggio degli uomini, tanto da essere appagati dalla loro presenza e guadagnarsi il soprannome di Signori di tutti i cavalli.
Théoden accolse a corte i figli della sorella, Éomer ed Éowyn, rimasti orfani a pochi mesi di distanza perché il padre Éomund Signore di Aldburg cadde vittima di un’imboscata degli orchi sui monti Emyn Muil e la madre morì poco dopo per il troppo dolore. Per i ragazzi, Théoden fu come un padre, nonostante visse un lungo periodo di buio. Per molti anni, infatti, fu soggiogato da Grima Vermilinguo (o Rettilingua), primo consigliere e spia di Saruman che piegò il re con il potere della magia tanto da allontanarlo da amici e alleati, tra cui Gandalf.
Le grandi battaglie
Dopo essere stato liberato dall’incantesimo per mano di Gandalf il Bianco, Théoden decide di marciare con i suoi cavalieri alla volta del Fosso di Helm, protetto da Erkebrand dell’Ovestfalda, ora in pericolo perché gli orchi di Saruman, dopo aver preso i guadi dell’Isen e ucciso il primogenito del re Théodred, stanno marciando verso la fortezza. La battaglia imperversa, ma il re, suo nipote e Aragorn riescono a contenere l’assedio fino all’arrivo di Gandalf e di rinforzi di diversa natura: da una parte gli uomini di Erkebrand, dall’altra gli Ucorni della foresta di Fangorn guidati dagli Ent.
Nonostante Isengard sia caduta, Sauron organizza l’assedio su Gondor e la città bianca di Minas Tirith, retta dal sovraintendente (o castaldo) Denethor che invia emissari dal re per chiedere aiuto e, mentre Aragorn percorrerà il sentiero dei Morti per rinforzare l’esercito, Théoden racconterà a Merry, divenuto nel frattempo suo scudiero, la storia di questi uomini divenuti ombra dopo esser stati maledetti da Isildur per la loro vigliaccheria.
Giunti davanti al Rammas Echor, il muro difensivo costruito da Echtelion II per difendere i Campi di Pelennor, Théoden fa schierare i suoi uomini, pronti alla cavalcata più bella della storia della letteratura che merita di essere letta per intero.
“Avanti, avanti, Cavalieri di Théoden! […] Cavalcate, cavalcate! Cavalcate verso Gondor!”. E detto questo afferrò il grande corno di Guthláf, il suo vessillifero, e vi soffiò con tale violenza da frantumarlo. E immediatamente risuonarono tutti i corni dell’esercito, e la loro musica era pari a tempesta sulla pianura e tuono sulle montagne. “Cavalcate! Cavalcate! Cavalcate verso Gondor!”. Ad un tratto il re gridò qualcosa a Nevecrino, e il cavallo balzò avanti. Alle sue spalle sventolava il vessillo: un cavallo bianco in campo verde; ma egli lo distanziò. Dietro di lui galoppavano come fulmini i cavalieri della sua scorta, senza però riuscire a raggiungerlo.”
La morte del re
Durante la battaglia, Thèoden uccise il Serpente Nero re dei Sudroni, ma fu colto di sorpresa da una guarnigione di Haradrim alleati di Sauron; il suo destriero, colpito da una freccia avvelenata, disarcionò il cavaliere che cadde rovinosamente ferendosi in modo grave.
«Addio Messere Holbytla!», disse. «Il mio corpo è a pezzi. Torno dai miei padri. Ma anche in loro compagnia non avrò da vergognarmi. Ho abbattuto il serpente nero. Un mattino spietato, un giorno felice, un tramonto dorato! [···] Dov’è Éomer? I miei occhi si oscurano, ma vorrei vederlo prima di andarmene. Egli deve essere re dopo di me. E vorrei dargli un messaggio per Éowyn. Lei, lei non voleva che io la lasciassi, ed ora non rivedrò mai più colei che mi è più cara di una figlia.»
Una volta che gli eserciti di Mordor furono sconfitti, il corpo del re fu posto sul carro di Rohan per far ritorno nella terra dei suoi avi e mai re del Mark ebbe un seguito così numeroso: i suoi Rohirrim, Merry a guardia delle sue armi, Aragorn, Gimli e Legolas, Gandalf, Arwen, Galadriel e Celeborn. Tutti marciarono per onorare le sue esequie, uomini ed elfi insieme.
Dopo quindici giorni di viaggio, giunsero a Edoras e al terzo giorno (il 10 Agosto del 3019) il re fu deposto in una casa di pietra circondata da bianchi Simbelmynë, i Ricordasempre che erano soliti crescere sulle tombe dei re di Rohan. Allora fu intonato un canto mentre il popolo del Mark rivide Eorl combattere sui campi di Celebrant contro orchi ed Esterlings, il corno di Helm Mandimartello suonò ancora e Théoden si avviò verso l’ombra mentre sorgeva il sole.
Ottavio Fatica recupera il Re?
Come qualcuno saprà, sono cresciuta con Il Signore degli Anelli tradotto da Vittoria Alliata di Villafranca a cui va riconosciuto un grande merito perché tradurre Tolkien a diciassette anni non è da tutti. Il Signore degli Anelli, poi, è un romanzo complesso, scritto in una lingua moderna ricca di arcaismi, allitterazioni, assonanze e frasi in metrica. Tolkien è certamente noto come grande romanziere, ma era anche un poeta e i giochi metrici all’interno della prosa sono tanti e difficili da rendere, soprattutto in una lingua neolatina come l’italiano.
Nel 2019 Ottavio Fatica scrive per la Bompiani la sua versione del romanzo ed è subito polemica. Lungi da me voler affrontare la questione e mettere a confronto i due lavori perché, come direbbe il buon vecchio Aragorn, non è questo il giorno. Ammetto di aver provato a leggere la nuova traduzione non senza difficoltà, ma dei meriti anche a questa vanno riconosciuti.
Fatica recupera, permettetemi l’espressione, il Tolkien originale nella musicalità delle parole e nelle intenzioni linguistiche, soprattutto per quanto riguarda la figura di Théoden. Nell’originale inglese, prima della cavalcata dei Rohirrim ai campi di Pelennor, l’autore presenta Théoden in un modo molto particolare.
“[···] Fey he seemed, or the battle-fury of his fathers ran like new fire in his veins [···]”
Il termine fey risale all’old english e non era mai stato tradotto, infatti nella versione di Alliata viene omesso, mentre Fatica lo rende con l’espressione invasato di morte che dà al re una sfumatura peculiare che affonda le radici nella tipica esaltazione di guerra della cultura nordica, propria del “berserkr”. La soluzione adottata dal traduttore recupera, così, la celebrazione di una cultura punto di riferimento delle opere tolkieniane, inoltre si collega direttamente alla morte di Théoden.
Tuttavia, lo spirito nordico così apprezzato dall’autore viene allo stesso tempo costantemente vagliato e dissertato alla luce delle sue contraddizioni. La prodezza è sempre, in un certo senso, contaminata dalla tracotanza e dalla ricerca della gloria, in un’esaltazione della “bella morte” figlia di quella stessa hybris che già Eschilo accusava all’antico eroe greco. Quindi Theoden, re dall’indubbio carattere germanico e guida del suo popolo, combatte e resiste, mantenendo conformità all’ideale eroico e, paragonato ad un dio pagano, cavalca accecato dalla furia, eccedendo in quella superbia che di lì a poche pagine, ne determinerà la morte. Il modo in cui muore non è casuale: il re, “invasato di morte”, viene schiacciato dal suo cavallo, elemento centrale per i Rohirrim e che ne rappresenta il valore. La hybris è punita, ma il sacrificio preserva la sua gloria: Theoden è infatti ispirato dal credo guerriero, ma anche dal desiderio di fornire a Frodo il tempo per compiere la sua missione e dalla volontà di realizzare il bene. Il tutto in una sintesi dialettica tra eroismo nordico e valori cristiani che impernia tutta l’opera.
Da Tolkien a Jackson, passando per Bakshi
Peter Jackson ha avuto il grande merito di far conoscere l’opera di Tolkien al grande pubblico e spingere tanta gente e leggere la saga e, molto spesso, approfondire la bibliografia del Prof. Come ci è riuscito? Con una trilogia rispettabilissima che non tradisce la natura del romanzo ed è abbastanza fedele nella ricostruzione delle ambientazioni. Per realizzare Meduseld, è stato realizzato il set sul Mount Sunday in Nuova Zelanda dove Dan e Chris Hannah dell’art direction hanno lavorato incessantemente con il romanzo tra le mani per rendere al meglio il palazzo.
Ci sono voluti otto mesi di lavorazione (per una settimana di riprese) per edificare la scenografia di Edoras nella sua interezza, mentre le altre della trilogia sono state riprodotte in parte o sotto forma di miniature, approfittando della vastità della zona scelta, una località che distava un’ora dalla città più vicina e dove i venti arrivavano a soffiare a 180 km/h.
Se Edoras rispecchia l’originale cartaceo, Théoden, invece, appare insicuro, titubante e pieno di incertezze, restio a scendere in campo contro le schiere nemiche. Troverà il suo riscatto nella carica della battaglia finale quando lance e scudi saranno frantumati in un giorno rosso di spade prima che sorga il sole, incitando i suoi a cavalcare per la rovina di Sauron e per la fine del mondo.
Prima di Jackson, Ralph Bakshi, nel 1978, aveva trasposto in versione animata Il Signore degli Anelli contattando personalmente la United Artist che, nel frattempo, aveva licenziato John Boorman per aver scritto una rivisitazione troppo spinta dell’opera di Tolkien. Sì, Frodo avrebbe dovuto avere un rapporto sessuale con Galadriel per guardare nel suo specchio e Gimli sarebbe stato picchiato dai membri della compagnia per ricordare la parola d’ordine di ingresso a Moria.
Bakshi, nonostante alcune importanti assenze (Tom Bombadil), ha cercato di essere fedele al testo di partenza (concedendosi qualche libertà nella caratterizzazione degli ambienti) e ha reso Théoden come un re fiero e orgoglioso. Il film animato, però, si interrompe alla battaglia del Fosso di Helm a causa del mancato investimento nell’opera.
Nel 1980 Jules Bass e Arthur Rankin Jr. sceneggiano il film TV d’animazione Il Ritorno del Re, dopo che lo stesso team aveva lavorato a Lo Hobbit nel 1977. In questa pellicola, erroneamente scambiata per il sequel del lavoro di Bakshi, Théoden appare poco e della sua morte ne parlerà Gandalf.
Un attore da Oscar
Bernard Hill, scomparso il 5 Maggio scorso, oltre che vestire i panni di Théoden negli ultimi due capitoli della trilogia di Peter Jackson, ha interpretato anche il Capitano del RMS Titanic Edward Smith nella pellicola di James Cameron del 1997. Sia Titanic che Il Ritorno del Re (2003) hanno ottenuto undici premi Oscar, tra cui la statuetta come Miglior film.
Partecipare alla trasposizione cinematografica del fantasy di Tolkien, per l’attore è stato particolarmente emozionante perché nella figura del re Théoden ha visto un legame con la sua discendenza irlandese: infatti ha tratto ispirazione dalle antiche leggende celtiche per dare un certo carattere al suo personaggio che è un comandante che guida i suoi uomini e combatte al loro fianco fino alla morte, piuttosto che ergersi come un generale che impartisce ordini ai sottoposti.
Durante alcune interviste, Hill ha ammesso di essere stato maggiormente coinvolto dagli eventi dell’ultimo capitolo della trilogia perché, rispetto a Le Due Torri (dove appare per la prima volta), la narrazione era più corposa ed è stata diretta magistralmente dal regista che aveva già alle spalle i due kolossal precedenti. Inoltre Hill, che aveva una solida base da attore teatrale, pare essersi ispirato al personaggio di Enrico IV per la sua fermezza e solidità.
Estremamente legato alla prima trilogia, non si è risparmiato sui successivi lavori, Lo Hobbit e la serie di Prime Video Gli Anelli del Potere, considerati da lui operazioni commerciali lontane da quella che considerava la “vera cosa“. Particolarmente critico nei confronti della trilogia de Lo Hobbit girata dallo stesso Jackson, la riteneva un’opera buona, ma tirata troppo per le lunghe per essere basata su un romanzo da poco più di quattrocento pagine.
Vi consiglio un libro…
Come ho già suggerito altrove tra i migliori cinque romanzi di Tolkien lontani dalla Terra di Mezzo, se avete trovato emozionante la figura di re Théoden trasposta da Jackson nelle sue debolezze e nel suo valore in battaglia e, ancora di più tra le pagine del capolavoro tolkieniano, vi rimando a un’altra sua opera, Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm (disponibile su Amazon).
Leggendo i versi del poema mutilo sulla Battaglia di Maldon tra anglosassoni e vichinghi tradotto dal Prof. per svecchiarlo dalle versioni precedenti, non ho potuto fare a meno di rivivere le stesse emozioni provate durante le cariche dei Rohirrim a cavallo.
“[···] Il clamore si levò fino al cielo. I corvi volavano in cerchio,
l’aquila avida di preda. Grida di guerra risuonavano sulla terra.
Allora lasciarono volar via dalle mani lance dure come selce,
giavellotti crudelmente affilati.
Gli archi erano tesi, gli scudi pararono i dardi.
Feroce fu lo scontro di guerra: gli uomini cadevano
da ambo i lati, i guerrieri giacquero morti [···]”
Quando Beorhtnoth incita i suoi uomini alla battaglia finale da combattere fino alla morte, ho sentito le stesse vibrazioni provate durante il discorso di Théoden al Pelennor. E allo stesso modo di Beorhtnoth che difende fino alla fine il suo orgoglio pur di non piegarsi al nemico, il Signore dei Cavalli muore con onore e può raggiungere i suoi padri senza vergogna.